LE OPINIONI

IL COMMENTO La scelta (coraggiosa) di Luciano

DI RINO ROMANO

Premetto che – al pari dell’associazione “P.A.S.” di Ischia – sono apolitico. Porto identica stima e rispetto, sia per il sindaco uscente, Enzo Ferrandino, che per gli altri candidati, i quali – il 12 giugno prossimo – si contenderanno i seggi per il rinnovo del Consiglio Comunale locale. Posso affermare, senza tema di smentite, di aver seguito tutta la carriera politica dell’avv. Luciano Venia. Mi onoro di annoverare l’attuale esponente di “Fratelli d’Italia” – lo conosco fin dal 1985, anno in cui, giovanissimo, fu eletto la prima volta nel Civico Consesso, nelle file del M.S.I. – tra gli amici d’infanzia, alla stregua dei fratelli Benedetto ed Elio Valentino. All’epoca in cui, l’ex consigliere, decise di cambiare facoltà universitaria, presso l’Ateneo “Federico II” di Napoli ed iscriversi a Giurisprudenza, gli fornii alcuni modesti consigli – per i quali, tuttora, mi manifesta gratitudine – sul “piano di studi” da seguire. Motivi di lavoro ci impediscono di vederci spessissimo. Ma ci teniamo comunque in contatto, tramite internet. Non di rado, nei weekend, mi fermo con lui a parlare fuori al negozio dei genitori, nei pressi dell’ex cartoleria Di Meglio.

Quando ho letto che il professionista forense aveva sposato, come motto della propria nuova campagna elettorale, una frase – “eretica, controcorrente” – di Pier Paolo Pasolini, nel centenario della nascita dell’autore neorealista (“Difendi. Conserva. Ama”) si sono affastellati, nella mia mente, “cattivi pensieri”. Ho temuto – similmente a quanto avvenuto, il 6 aprile scorso, per l’iniziativa (provocatoria) della “Pan Assoverdi”, volta a revocare il “Premio Ischia 2011” al giornalista “Mediaset” Toni Capuozzo, secondo il quale la strage di Bucha sarebbe “una fiction” – che l’opzione potesse essere fraintesa dalla maggioranza degli isolani. Ciononostante, ho apprezzato ed ammirato Luciano ancor di più, per il coraggio mostrato in una scelta così “scomoda”. So bene che, molti abitanti del Regno di Tifeo non brillano per “mentalità aperta”, per intuito e le cose bisogna imboccarle “col cucchiaino”. Mi sono chiesto: ma l’elettore medio dell’ex attivista del FUAN comprenderà il richiamo all’ideologia di un noto intellettuale della sinistra, “controverso, discusso, divisivo”, assassinato, nel 1975, a soli 53 anni? Mi sono vieppiù domandato, se gli elettori confessionali dello storico esponente della Destra d’Avanguardia, accetteranno i richiami ad un personaggio così discusso, da vivo e da morto, come il primogenito di Susanna Colussi, che, salvo poche eccezioni, la stampa cattolica detestava/detesta. Non tanto per gli orientamenti “marxisti, omosessuali, atei, anticlericali, sadomasochisti”. Bensì in quanto il regista bolognese, trapiantato in Friuli (discendente dai nobili “Pasolini dall’Onda”) si espresse, varie volte, contro l’insegnamento dell’ora di religione a scuola.

Ho ipotizzato come i supporters del leader del “comitato promotore per l’inserimento di Ischia Ponte tra i beni protetti dall’UNESCO” avrebbero giudicato i traumi a cui, sin dall’infanzia, fu sottoposto lo sceneggiatore del “Vangelo secondo Matteo”: l’arresto del padre (1928) per debiti di gioco, la morte (1949) del fratello diciannovenne, Guido, ucciso dai partigiani vetero-progressisti. Ho pensato alla reazione degli “ultra moderati”, qualora scoprissero che, nel 1952, a Pasolini fu ritirata la tessera del PCI “per indegnità morale e politica”. In seguito alla condanna (indultata) a 3 mesi di reclusione, riportata a Santa Sabina Ramuscello (PN) – ove si era trasferito con la famiglia – per “atti osceni in luogo pubblico”, col coinvolgimento di tre minorenni. Mi sono, inoltre, chiesto quale opinione serberanno, dopo tanti anni, gli “ischitani perbenisti” su “Ragazzi di vita” (il romanzo trattava, in un periodo di gretto fanatismo religioso, del delicato problema dei “viados”) il primo libro del demiurgo – accusato di blasfemia – pubblicato da Garzanti, nel 1955. Ancora, mi ossessionava il pensiero che i potenziali elettori (più anziani) del 58enne avvocato di via Roma rammentassero cosa avvenne, il 23-11-1961, al Cinema Bernini della capitale. Alla prima del film “Accattone” (titolo originario “Pappone” – storia di un disoccupato mantenuto da una prostituta) interpretato da Franco Citti e Adriana Asti, un gruppo di neofascisti interruppe la proiezione della pellicola, aggredì gli spettatori, vandalizzò la sala. Vieppiù, mi sono interrogato su quali ricordi possano conservare gli “isolani bigotti” in merito al sequestro del capolavoro pasoliniano “La Ricotta” – episodio di ROCOPAG – per il quale il “genio della macchina da presa” riportò (1963) la condanna a 4 mesi di reclusione. L’accusa: “vilipendio alla religione di Stato”. Prima di vincere il “nastro d’argento 1967” col dissacrante “Uccellacci e Uccellini”, interpretato dal giovanissimo Ninetto Davoli, additato come il fidanzato segreto del poeta gay. Ed anche, se qualcuno avesse memoria dell’intervista, per conto della RAI, a Venezia, nel 1968 (ricomparsa, di recente, nelle teche di Radioplay, dopo decenni di censura) al filosofo italo/americano Ezra Weston Loomis Pound – ritenuto l’ideologo di “Casa Pound” – arrestato dagli antifascisti nel 1945 ed internato, per dodici anni, in un manicomio criminale, per via delle posizioni filo-Mussolini.

Mi sono, infine, domandato quale idea abbiano maturato gli uomini di cultura, sostenitori dell’ex vicesindaco di Ischia – ancorchè intrigati dalle aspirazioni più nobili, in direzione di un’auspicata “capitale morale dei diritti umani” – sul fatto che i veri autori dell’eccidio di Pasolini, rimasero impuniti. Della condanna “in concorso con ignoti” a 9 anni e 7 mesi, irrogata, nel 1979, al 17enne Pino Pelosi (1958-2017) il balordo – ben consapevole della clemenza della giustizia italiana verso i minorenni – scontò circa tre anni effettivi. Nel 1982, ottenne la semi-libertà. Nel 1983, la libertà condizionata. Con 36 primavere di ritardo, l’assassino-rapinatore – che continuò a delinquere, in pratica, fino alla morte, avvenuta, a 59 anni, nel 2017, per tumore ai polmoni – confessò di aver avuto una relazione sentimentale col “realisateur”. Questi, gli elargiva soldi ed altre regalie. Le pluri-ritrattazioni del pregiudicato romano (tra cui quella del marzo 2005, durante la trasmissione TV di Raitre “ombre sul giallo”, condotta da Franca Leosini) sono tutt’oggi al centro di accese discussioni.

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Per la stampa specializzata nella cronaca nera, i veri autori dell’omicidio Pasolini, a sfondo omofobo – come indirettamente confermato, in un’autobiografia, del Pelosi, nel 2011 – sarebbero (pare con la complicità di un presunto “quarto uomo”, mai identificato) i fratelli catanesi Franco e Giuseppe Borsellino, schedati come spacciatori di droga, militanti nell’estrema destra, detti “braciola”, “bracioletta”, deceduti per AIDS negli anni 90.

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La bravura del mar. Renzo Sansone – supportata dai sospetti dei difensori di parte civile, Nino Marazzita, Guido Calvi – aveva portato al fermo dei pushers etnei, fin dal 1975, poi rilasciati per insufficienza di prove.

Ad inchiodare i germani Borsellino, risulterebbero le ammissioni, incrociate, dei correi/testimoni (tra cui lo stesso ex compagno-carnefice – deceduto nel 2017 – del regista) i quali, riferirono agli inquirenti, di aver visto due energumeni colpire la vittima, gridando “garrusu”, equivalente siciliano di “pervertito”

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