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Ai sindaci non piace la stampa locale, che è “spia sociale”

Di Franco Borgogna

 

Due interventi di questo giornale, dell’avvocato Acunto il primo, di Mizar il secondo, hanno aperto un filone fecondo che è bene ripercorrere e arricchire di altri elementi ed altre considerazioni. L’avvocato Acunto ha giustamente rilevato come risultino vani tanti tentativi di denuncia giornalistica di fatti penalmente rilevanti ed illeciti amministrativi. Le segnalazioni restano quasi sempre lettera morta. Ciò, in alcuni casi, può spingere il cittadino a passare alla denunzia formale alla Procura della Repubblica o ad altri organi competenti. Ma è giusto mettere il cittadino in condizione di apparire come il castigamatti della situazione, anche in casi in cui non sia direttamente leso un suo legittimo e personale interesse? Quanto alla rubrica Sotto Tiro, Mizar si è posto il dilemma se ,nello scontro ormai costante tra Sindaci dell’isola e stampa locale, vi siano colpe specifiche degli uni o dell’altra e se si può, in qualche maniera, ristabilire un corretto rapporto tra potere amministrativo e cosiddetto “quinto potere”, quello dell’informazione. Ciò premesso, partiamo da lontano e facciamo alcune considerazioni di carattere generale. Il cattivo o superficiale rapporto degli amministratori pubblici e delle Forze dell’ordine con la stampa affondano le radici in un più generale decadimento e affievolimento del rapporto tra lettori e stampa. La possibilità di leggere online notizie non solo da giornali, ma anche da fonti dirette (come albi pretori, siti ufficiali di enti, associazioni, fondazioni ecc.) ha fatto diminuire notevolmente l’acquisto e la lettura di carta stampata. I tam tam dei social network, con l’illusione di essere sempre aggiornati all’interno di una vasta comunità, e di poter personalmente compartecipare al commento della notizia (senza alcun filtro) ha notevolmente acuito tale situazione. All’inizio della crisi, sembrava che la stampa  potesse avere un ruolo alternativo, rispetto alla notizia immediata della rete, con una valutazione e riflessione a 24 ore dell’avvenimento, più meditata e più approfondita. Senonché due fattori hanno sconvolto questa possibilità: l’avvento in TV dei Talk show che ha inflazionato il confronto dialettico (non per niente oggi sono in crisi) trasformandoli ben presto in pollaio mediatico e l’assuefazione – nel frattempo – del pubblico al linguaggio scarno e telegrafico dei social media. Risultato: la gente non riesce più a leggere con attenzione un’analisi approfondita dei fatti. Si cerca di rimediare a questo, sempre più con espedienti grafico-editoriali ( uso attento di titoli e sommari per rendere allettante la notizia, enfatizzazione della notizia stessa per catturare l’attenzione del lettore, uso di box e schemi riepilogativi per sintetizzare notizie e commenti). In parole povere, la stampa scritta “ insegue” gli altri strumenti e su questo terreno è ovvio che arranchi. Il potere amministrativo si è accorto di questo stato di cose (si dice che qualche Sindaco dell’isola d’Ischia abbia commissionato sondaggi per accertare l’incidenza della stampa locale sulle scelte elettorali dei cittadini ) e, rilevatane l’esigua portata, snobbano, anzi (nel caso degli amministratori pubblici) maledicono la stampa locale. Se si constata che la platea dei lettori isolani di carta stampata, da anni, non supera la soglia delle 1.500 unità, che di queste la metà si ferma ai titoli, sommari e foto, ne discende che i Sindaci e gli amministratori non temono alcun attacco all’inesistenza di trasparenza, alla frequente incoerenza e superficialità dei loro atti. Per quanto attiene le forze dell’ordine e anche la magistratura e, per certi versi, l’avvocatura, i giornali vengono considerati meri strumenti per propagandare le loro azioni svolte. Insomma i giornali sono ritenuti la grancassa delle loro azioni e quasi mai considerati ex ante come strumento di spia sociale,cui attingere per avere un quadro più preciso del contesto sociale in cui operano. La stampa locale interessa, a questi soggetti istituzionali e professionali, soltanto ex post. Da cui la richiesta di pubblicazione di foto e notizie che possano rimarcare un loro successo ( una causa vinta per gli avvocati, una retata per le forze di polizia, una condanna al politico famoso per i magistrati) E’ ovvio che stiamo parlando di fenomeni generali, a cui fanno eccezione singoli rappresentanti di magistratura, forze di polizia, avvocatura. In questo senso non condivido quanto scritto, giovedì, su questo giornale, dall’amico Riccardo Sepe Visconti; e non mi riferisco alla tesi centrale relativa all’esistenza di gravi pregiudizi della terraferma rispetto a quanto accade nell’isola (tesi condivisibile).. Mi riferisco ai rapporti tra magistrati e stampa. Scrive Sepe Visconti: “ .. A differenza dei tempi di Tangentopoli, quando la magistratura si serviva della stampa per dare maggiore enfasi alle proprie inchieste, oggi, nell’Era Renzi, è la stampa a servirsi della magistratura” Non tutti i giornali hanno la ricaduta politico-mediatica dell’Espresso o del Fatto Quotidiano: Esistono, anche nella carta stampa locale, centinaia di segnalazioni serissime, sistematicamente ignorate dai magistrati e dalle forze dell’ordine.. C’è da aggiungere che ,in assenza totale di comunicati ufficiali o conferenze stampa, il giornalista locale di cronaca nera o giudiziaria deve giocoforza ricorrere alle soffiate amichevoli dell’avvocato, del rappresentante delle forze dell’ordine o del magistrato di turno. Ma questo instaura spesso un rapporto di “sudditanza psicologica” nei confronti dei soggetti che rilasciano indiscrezioni e distorce un corretto rapporto tra istituzione e giornali. Ma il giornalismo di “ velina” non giova a nessuno. Il giornale (da quello locale a quello nazionale) deve poter essere indipendente da tutti e deve essere da stimolo per tutti (dal comportamento civile del singolo cittadino all’amministratore pubblico, ai rappresentanti dell’ordine e del potere giudiziario. Mentre il potere amministrativo, che trova la sua legittimazione nel consenso elettorale, può permettersi il lusso di inseguire la “ pancia” del paese, rinunciando – a volte – ad imporre una propria illuminata visione di come il paese debba evolvere, al contrario il giornale locale deve sì registrare fedelmente i comportamenti del corpo sociale ed economico, ma – al contempo – non può rinunciare ad un’azione di indirizzo ed orientamento, di educazione civica, di progresso a 360 gradi. Se il giornale ( locale o nazionale) riesce a contemperare queste due funzioni (informazione + formazione) continuerà ad avere un proprio spazio e una propria ragion d’essere. Altrimenti è destinato a sparire. Il potere amministrativo può limitarsi ad essere lo specchio e l’interprete della società, la stampa scritta no. Non può limitarsi ad inseguire la “pancia” del paese, a volte deve temperarne le pulsioni irrazionali e favorire il ragionamento e il dialogo, deve andare molto al di là, deve essere la spina nel fianco di ogni potere, in nome del popolo (o perlomeno in nome dei propri lettori). In definitiva, hanno ragione i Sindaci a lamentarsi di una stampa aggressiva e denigratoria? O hanno ragione i giornali a smascherare la totale mancanza di trasparenza e rendicontazione al pubblico, con la conseguenza che il giornalismo d’inchiesta, impossibilitato alla verifica delle proprie fonti informative, commetta qualche svarione? E’ possibile un incontro a mezza strada per riequilibrare e recuperare un rapporto? La mia risposta è: no! Ognuna delle due parti in causa deve fare coscienziosamente e per bene il proprio mestiere. La stampa non può e non deve essere “amica” del potere, ma una strenua e incessante stimolazione e fustigazione. Tocca agli amministratori scendere dal trono della presunzione e combattere il giornalismo approssimativo con il massimo di trasparenza e di informazione istituzionale. Solo il giorno in cui il “potere” dovesse diventare una “ casa di vetro” , allora sì che i giornali sarebbero inutili, in quanto i cittadini potrebbero direttamente leggere attraverso quel “vetro”.

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