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ASPETTANDO I BARBARI

L’esito delle elezioni politiche costituisce solo il terminale di un progressivo deterioramento e imbarbarimento della società italiana. L’avevo già scritto a gennaio, riprendendo un’acuta analisi del Censis, secondo cui il popolo italiano appare attraversato da un profondo sentimento di rancore. Un malanimo che affonda le radici nel disagio sociale ed economico ma che, incapace di individuare un reale colpevole, si scaglia contro due bersagli: il diverso, lo straniero e le élites, siano esse politiche, economiche, intellettuali. In nome del cittadino “qualunque”. Abbasso gli establishement, i tecnici, gli intellettuali, perfino gli scienziati, a cui si contrappongono teorie alternative di dubbia origine. C’è poi da esaminare a parte il voto dei giovani. Lo ha fatto l’Istituto Toniolo, coordinato da Alessandro Rosina, professore di demografia e statistica alla Cattolica di Milano. I giovani hanno votato innanzi tutto M5S, ma – in piccola parte – anche i partiti minori (Più Europa, Leu, Potere al Popolo), tutto tranne chi (PD, Forza Italia) ha governato negli ultimi anni. Un voto “contro”, prima di essere “a favore” di qualcuno. Sono periodi di oscurantismo che si ripetono nella storia. Solo i grandi poeti, i drammaturghi, i romanzieri hanno saputo leggere e interpretare questi appannamenti dell’anima.

Trovo, ad esempio, molto attuale la poesia di Costantino Kavafis “Aspettando i barbari” di cui riporto, a fianco, alcuni versi. La situazione, poeticamente descritta dal greco Kavafis (nato però ad Alessandria d’Egitto), di un’attesa dei barbari, come forza dirompente e rivoluzionaria che avrebbe dovuto dare la spallata definitiva al decadentismo dell’impero greco-romano, assomiglia maledettamente alla situazione attuale. Anche qui, il popolo ha atteso l’arrivo di barbari che affossassero una politica marcescente. Solo che nella poesia di Kavafis, l’arrivo dei barbari è illusorio, è un’attesa vana. Nell’Italia attuale, i barbari sono arrivati, spaccando lo stivale tra un nord, a trazione leghista e un Sud, egemonizzato dai 5 Stelle. Riusciranno i barbari a innovare, rinvigorire la Repubblica? Se non dovessero riuscire (come purtroppo propendo a credere) la beffa sarebbe ancora più forte del mancato arrivo dello “straniero”, invocato da Kavafis.

Di Maio parla già di Terza repubblica. Corre troppo il giovane di Pomigliano, anche quando, inusitatamente, invia la lista dei ministri al Presidente della Repubblica. Se tanta vigoria, vivacità dialettica di Salvini e Di Maio non troveranno  uno sbocco governativo o, se lo troveranno, ma non si dimostreranno capaci di esaudire le aspettative dei milioni di italiani che li hanno votati, allora i barbari avranno fatto un buco nell’acqua. Saranno arrivati, ma non pervenuti. Allo stesso modo di Kavafis, scrisse un romanzo, con lo stesso titolo di “Aspettando i barbari” (Waiting for the Barbarians) lo scrittore sudafricano, immigrato in Australia, J. M. Coetze, Premio Nobel 2003 per la letteratura. E non dimentichiamo, parlando di dramma dell’attesa vana, “Aspettando Godot” (En attendant Godot) di Samule Backett, in cui i due personaggi di Vladimiro ed Estragone,nell’attesa di un ipotetico signor Godot, hanno un dialogo dell’assurdo, con una sfilza di parole senza  senso. E hanno forse senso le parole, le promesse fatte in campagna elettorale? Non sono forse i Salvini e i Di Maio i novelli Vladimiro ed Estragone? E la presunta Terza Repubblica non è forse paragonabile a Godot? Che cosa succederà domani e dopodomani ce lo dice una poesia di Evtusenko: “Monologo dell’uomo di dopodomani”  che  riportiamo nella pagina. Ed infine, sempre il poeta russo Evgenij Evtusenko, nella prefazione alla “Poesia degli anni novanta” descrive il dramma della fine delle ideologie e del fallimento del comunismo ma anche dell’anticomunismo. Sembra scritta oggi, a conferma dei corsi e ricorsi della storia.

Franco Borgogna

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