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Cisi-Evi, prove tecniche di fusione: ma c’è l’incubo delle sentenze sulla depurazione

Chiamarla resa dei conti sarebbe inopportuno, ma dire che si è trattato di un passaggio cruciale – ad essere onesti – lo è decisamente molto meno. L’ultima assemblea del Cisi, naturalmente in ordine cronologico, che si è svolta nella mattinata di mercoledì, aveva un punto all’ordine del giorno di quelli che rappresentano una svolta sotto certi aspetti epocale. La discussione verteva infatti sul futuro del consorzio che i primi cittadini della nostra isola, con l’avallo del liquidatore Pierluca Ghirelli, hanno già bene in mente: Cisi ed Evi diventerebbero un’unica società per azione frutto della fusione. L’obiettivo, naturalmente, è soprattutto di efficienza dal punto di vista economico, per tutta una serie di motivi. In primo luogo, due società costano sicuramente più di una e poi nel caso di specie c’è un altro aspetto da tenere in debita considerazione: Il Cisi diventerebbe società per azioni finendo con l’ incorporare l’Evi. La cui passività, a questo punto, sarebbe assorbita dal patrimonio immobiliare in dotazione al consorzio. Un escamotage nemmeno così complicato, in fondo, che consentirebbe alla macchina di ripartire con le “gomme nuove” e soprattutto senza il fardello di una massa debitoria che negli ultimi anni ha notevolmente limitato il raggio d’azione.

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