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Costruire un futuro solido tornando ad essere comunità

DI GIOVAN BATTISTA CASTAGNA *

E’ passato un anno, ma questa volta non ci sarà tempo che scorre a lenire le ferite. Le 20.57 del 21 agosto, per tutti noi che abbiamo vissuto quei drammatici momenti, non saranno mai un’ora e un giorno come tutti gli altri. Sono destinati a rimanerci scolpiti dentro, al pari di una ferita che non potrà mai essere rimarginata. E’ stato un anno difficile, faticoso, vissuto in maniera intensa e sentendo addosso più che mai il peso delle responsabilità. Perché, come ho avuto modo di ripetere in questi dodici mesi (e credetemi, mai l’ho fatto per retorica o per utilizzare una frase fatta) quando un sindaco si insedia al timone di un’amministrazione può mettere in preventivo di dover affrontare una serie di problematiche lungo il suo percorso, ma non certo di trovarsi alle prese con un terremoto. Con una comunità che, nello spazio di soli sei secondi, si ritrova a piangere due vite umane ma anche a fare i conti con migliaia di sfollati, la zona alta di un paese completamente distrutta e una serie infinita di case, attività commerciali e ricettive, scuole e luoghi di culto che diventano inagibili. Sei secondi che cambiano la vita, le prospettive, il domani. Davanti a te c’è una montagna da scalare, con la vetta che in alcuni momenti ti sembra irraggiungibile. E la mente che si pone un inquietante interrogativo: nulla sarà più come prima, ma come sarà?

Oggi non credo sia il giorno di parlare di quello che è stato fatto, di quello che sarà fatto e anche di quello che poteva essere fatto. L’argomento è stato trattato e sarà oggetto di analisi e discussione in altre sedi d momenti, ma questa triste ricorrenza non potrà fare altro che riaprire una ferita che, come detto, non si è mai cicatrizzata. E, forse, non ci cicatrizzerà mai. E’ il momento di stringersi una volta di più ed in maniera ancora più forte e sentita alla mia comunità, alla mia gente, promettendo una volta di più il massimo impegno perché quello – mi sia consentito – non è mai mancato. Non ricordo una sola giornata, di questo lungo e triste anno, in cui il pensiero e le azioni poste in essere non abbiano riguardato il terremoto del 21 agosto 2017. Ho speso ogni goccia di energia per cercare di alleviare le sofferenze dei miei concittadini, ho posto in essere tutte le iniziative che ritenevo utili alla collettività, ho portato le istanze della mia, della nostra Casamicciola, presso tutte le istituzioni competenti credo ottenendo anche risultati considerevoli. E’ stato un anno duro, dicevo, nel quale si è finiti anche per essere un “bersaglio”. Comprensibile quando si finisce nel mirino di chi soffre, un po’ meno quando su una tragedia del genere c’è chi ha anche inteso speculare e provare a creare ulteriori divisioni, liti e frammentazioni cavalcando l’onda lunga di una immane tragedia. Questo andava evitato, non è successo. Sarei un’ipocrita se nascondessi il sentimento di amarezza che certi atteggiamenti mi hanno provocato, ma tutto questo non mi ha mai distolto dal proseguire per la mia strada e continuare a perseguire l’interesse comune. Volgendo uno sguardo verso il futuro, verso quel “domani” cui facevo riferimento poc’anzi.

Si racconta che una volta un califfo, giunto in punto di morte, rivolse a Dio un’ultima preghiera: ti porto, o solo sovrano, unico essere senza limiti, l’unica cosa che non possiedi nella tua immensità; i difetti, i rimpianti, il male e l’ignoranza ma poi riuscì ancora ad aggiungere la speranza. Che deve essere l’arma per poter guardare al futuro ed alle sue prospettive, senza le quali il presente resta ancora terribile ed il passato non potrà mai tornare ad essere un triste ricordo, per quanto indelebile. Speranza ed ottimismo, dunque. Le mie certezze sono che le case torneranno ad essere case, i campanili proietteranno nuovamente l’ombra sulle piazze, le splendide creazioni di terracotta saranno di nuovo parte integrante di un paese e di un’area devastata dal sisma. C’è da ricostruire, certo, e la nomina del commissario Carlo Schilardi (a cui formulo il benvenuto ed auguro buon lavoro) segna l’inizio di una nuova fase. Ma non soltanto le mura. Bisogna fare altrettanto con quel senso di comunità che in parte forse abbiamo smarrito, tornando ad essere un corpo unico, un fronte unito e compatto, mettendo al bando divisioni sciocche e che certo non giovano a nessuno. Riaccendere il fuoco, infine, perché il fuoco illumina, riscalda e permette di scorgere nell’oscurità il volto dell’altro. Stasera alle 20.57 ci fermeremo, e che quello sia un momento di riflessione per tutti noi. E di memoria, perché una comunità che ne è sprovvista non potrà mai andare lontano. E ricominciare, sia pure faticosamente, a risalire la china. Che una preghiera ci accomuni. Tutti.

* SINDACO DI CASAMICCIOLA TERME

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