LE OPINIONI

IL COMMENTO Ischia, inferno di vecchiaia

DI LUIGI DELLA MONICA

Il Sommo Poeta, che questa volta non è Dante Alighieri, ma il principe Antonio De Curtis, alias Totò, autore dell’inno della nostra isola, Ischia Paradiso di gioventù, ci diceva anche che il momento della serietà appartiene alla morte (a’ livella). Il 7 dicembre 2022 forse Ischia ha pianto più dello stesso sabato 26 novembre 2022, che si infila come un ago da materassaio nella memoria dei nostri cuori al pensiero che il 28 luglio 1883 forse è un dolce ricordo, rispetto al lancinante dolore dei 12 fiori della frana di Casamicciola. Casamicciola sinonimo di catastrofe nel gergo tragicomico napoletano: Eduardo Scarpetta nelle sue commedie adottava spesso l’invocazione “ma che è stat? Casamicciola?” per sdrammatizzare alla napoletana il senso epicureo della vita dei suoi personaggi, poveri, straccioni e sfortunati, ridendo sulle disgrazie, per poi godere di un sano ottimismo per il futuro, che si ribaltava improvvisamente in positivo.

Ma sui nostri concittadini strappati alla vita dal disastro di oltre 10 giorni fa non ci sta da voltare pagina e pensare in meglio: la serietà della morte ci gela il sangue nelle vene. Non quella morte sghignazzante nella scomposta e delirante di narcisismo vignetta di Natangelo, che su “Il Fatto Quotidiano” ha voluto farsi beffe del cordoglio di noi isolani, replicando poi agli attacchi in modo ancora più sprezzante e cinico della sua icona farsesca; non quella mi interessa. Preferisco appellarmi alla “sorella morte” di San Francesco, che anche per chi non crede trasmette messaggi universalmente validi, ma intendo riportare alla memoria la crudele realtà che recidere dodici vite in quel modo è un’opera del fato difficilmente da dimenticare e metabolizzare. Ischia si è trasformata in un inferno di vecchiaia, perché nessuna delle vittime della tragedia superava i 40 anni di età, oltre come ricordato nel mio precedente articolo, un angelo più brillante e luminoso degli altri di 22 giorni. Il sindaco Pascale ha menzionato lo zio di una vittima che si straziava del fatto che la morte avesse preso una nipote giovanissima e non lui, vecchio e più meritevole di perire. Leopardi, ospite a Villa delle Ginestre, osservando il Vesuvio ce lo definiva “sterminator”.

La natura ad Ischia è immensamente bella ed unica al Mondo, ma brutalmente mortifera se sottovalutata. Con questo non voglio assolutamente polemizzare con le frasi preconfezionate “la tragedia si poteva evitare”….se…se…soltanto Nostro Signore poteva sapere quanto dura e spietata sarebbe stata l’alluvione di due sabati fa e l’uomo inerme ed impotente alla violenza della valanga di fango ha dovuto soccombere ineluttabilmente. Ecco poi spuntare all’orizzonte la nube nera e tossica dell’aggressione mediatica agli isolani: abusivi, delinquenti, corresponsabili, vandali del territorio. Ciò ha indotto, giustamente a mio sommesso avviso, le famiglie, a cui rivolgo il mio umile, sincero e compunto cordoglio, delle vittime ad impedire i funerali di Stato, quello stesso che non ha saputo e voluto fermare la lama più affilata e tagliente della scure della morte in saio nero, quello della stampa di regime. Non sto ipotizzando teorie complottiste, me ne guarderei bene, anche perché di armageddon e di matrix ne è piena la fantascienza cinematografica, ma mi riferisco a quelle testate giornalistiche, televisive e della carta stampata che hanno immediatamente processato l’isola, senza beneficio di non colpevolezza, senza diritto di difesa, calpestando, stritolando e denigrando persino l’operato degli “angeli del fango” che hanno sudato per rimuovere la sporcizia ed i detriti, mentre i professionisti piangevano di dolore nel ritrovare le povere salme dei dispersi, che via, via assumevano il rango di vittime.

Fantastica e toccante la nostra immigrata iraniana, che ben consapevole delle conquiste della parità di genere e dei diritti umani e civili massacrati nel suo Paese di origine, si smazza di fatica, fianco a fianco con noi per aiutare i cittadini isolani che l’hanno accolta nella culla del benessere e della libertà che era Ischia fino alle 05.00 del mattino del 26 novembre 2022. Bellissimi quei cani molecolari, che ansavano per compiacere i loro padroni, esperti addestratori delle unità cinofile, cercando e scavando nei detriti per non lasciare i corpi straziati avviluppati nella furia omicida del fango. Alle 05.01 Casamicciola a 700 metri di altezza si è portata via 12 vite materiali e 68 mila anime degli isolani, il cui modo di vedere la vita non sarà più lo stesso. La ostentata ospitalità ischitana, la convivialità, l’amore per la gente e per lo stare insieme non saranno più gli stessi. Sabato 26 novembre 2022 ed il giorno del pianto fissato il 7 dicembre 2022 sono due date spartiacque per la storia isolana, che è cambiata irrimediabilmente. Il motivo non risiede tanto nella tragedia in sé, ma nel modo di come l’apparato mediatico della terraferma ha reagito all’evento.

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Non ho le competenze per suggerire cosa fare per evitare e rimediare in futuro, ma voglio confessare ai lettori che se sono colpevole di non aver spalato fango insieme ai miei cari concittadini, sono invece orgoglioso della mia funzione di scrivere, per dare voce a quei silenziosi operatori di soccorso che hanno visto con i loro occhi la macroscopia dell’evento eccezionalmente straordinario e lo strazio di non aver potuto essere presenti sul posto alle ore 04.59 del 26 novembre 2022 per poter cercare di salvare quelle persone un attimo prima di morire. È l’ora di piangere in silenzio, con compostezza e decoro, ma è anche l’ora di pretendere le scuse da chi è stato reo di sciacallaggio mediatico. Questo sarà il primo passo obbligato, per riportare spiritualmente e moralmente Casamicciola e gli altri cinque comuni alle ore 04.59 del fatidico giorno, allorquando Ischia era ancora paradiso di gioventù.

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* AVVOCATO

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