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Inchiesta rifiuti, stop ai domiciliari per Rumolo e Ciummo

ISCHIA. Nell’attesa degli sviluppi di natura giudiziaria, si è conclusa la detenzione agli arresti domiciliari per il funzionario del Comune di Lacco Ameno, Oscar Rumolo, e per il legale rappresentante della Ego Eco Vittorio Ciummo. Il gip ha infatti revocato le misure cautelari a carico di entrambi gli indagati nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti dei rifiuti a Forio, Lacco Ameno e Monte di Procida, essendo scaduti i termini di custodia cautelari. I due restano in ogni caso sottoposti alla restrizione dell’obbligo di dimora: per Rumolo all’interno del Comune di Ischia, e per Ciummo in quel di Cassino. Le difese hanno fatto istanza per la revoca dopo che gli stessi sostituti procuratori Arlomede e Sepe avevano richiesto al giudice Gallo di revocare la misura degli arresti. La caduta dei gravi indizi di colpevolezza per l’accusa di associazione per delinquere, ritenuti insussistenti per il Tribunale del Riesame  in occasione dei ricorsi del senatore De Siano e di Salvatore Antifono, di fatto faceva venir meno tale accusa anche per Rumolo e Ciummo. Tuttavia, la difesa del dirigente lacchese aveva ritenuto opportuno non procedere a una formale richiesta in tal senso, propendendo per l’istanza inoltrata martedì scorso tesa alla liberazione di ogni misura dopo la scadenza dei termini. Una richiesta non completamente accolta dal Gup, visto che, come detto, permane l’obbligo di dimora. Resta da vedere se il prossimo 10 maggio, giorno dell’udienza preliminare, il giudice Gallo deciderà il rinvio a giudizio anche per il capo d’accusa dell’associazione a delinquere, oppure se, confermando l’orientamento del Riesame (e in una certa misura anche il proprio) lascerà in piedi soltanto le accuse di corruzione e di turbata libertà degli incanti, ma senza il vincolo associativo. Uno scenario, quest’ultimo, fortemente avversato dalla Procura, che nella richiesta di rinvio a giudizio aveva ribadito letteralmente tutte le accuse contenute nell’ordinanza del Gip Claudia Picciotti che il 15 gennaio scorso rese di dominio pubblico l’inchiesta.

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