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La Provincia bussa a denari,  Casamicciola non ci sta

L’amministrazione di Palazzo Bellavista non ci sta e ricorre in appello. L’ex Provincia di Napoli pretende infatti ben 835mila euro dal Comune di Casamicciola per presunti arretrati non pagati del “Tefa”, il tributo per l’esercizio delle funzioni ambientali, pari al 5% sugli incassi ottenuti tramite la  tassa sulla spazzatura, variamente denominata negli anni come Tares, Tia, Tarsu e Tari. L’esorbitante cifra venne richiesta nel 2014, ma il Comune di Casamicciola diede mandato al proprio legale di opporsi al decreto ingiuntivo. Tuttavia il mese scorso la decima sezione civile del Tribunale di Napoli aveva emesso la sentenza che dichiarava inammissibile l’opposizione condannando il comune anche alle spese di giudizio. Dalla sentenza si evince che il rigetto era basato su una presunta tardività dell’opposizione, ma secondo il parere dei legali ci sarebbero ragioni più che fondate per proporre appello, “laddove non venga attribuita valenza giuridica alla protocollazione ai fini di stabilire  la data certa della consegna di un atto (nel nostro caso il decreto ingiuntivo) alla Pubblica Amministrazione”, e quindi ciò sarebbe decisivo per calcolare correttamente i termini per l’opposizione.

Il Comune dunque impugnerà la decisione, anche perché la quiescenza convaliderebbe il decreto ingiuntivo per un importo complessivo di quasi un milione di euro, con esiti pesantissimi sulle finanze dell’ente, ancora sulla via del difficile risanamento dalle secche del predissesto. Fra l’altro, la situazione si fa ancora più complessa ove si pensi che anche l’Amca, la società partecipata del Comune è coinvolta nello stesso giudizio per la stessa motivazione, e l’udienza per la precisazione delle conclusioni è fissata dal 25 gennaio 2018. Si potrebbe dunque arrivare a un paradossale diverso accertamento debitorio  da una parte per l’Amca, vista la causa in corso, e dall’altra per il comune, nel caso in cui la sentenza emessa il mese scorso non venisse impugnata. In ogni caso, anche se esiste il rischio che l’impugnazione venga considerata come meramente “temeraria” visto che la Corte d’Appello dovrebbe limitarsi a valutare la formale tempestività dell’opposizione al decreto tramite il semplice esame delle relate di notifica, il Comune è intenzionato a percorrere la via dell’appello, dando mandato all’avvocato Marciano per evitare di rendere definitiva la sentenza e dunque di trovarsi a pagare 850mila euro (comprese le spese di giudizio).

Inoltre, se le ragioni dell’Amca venissero riconosciute nel merito, il contrasto sarebbe ancor più stridente, visto che nel caso del Comune l’opposizione è stata rigettata per meri motivi procedurali. Palazzo Bellavista comunque punterà verosimilmente sulla pretestuosità della pretesa avanzata dalla Provincia: il “tributo per l’esercizio delle funzioni ambientali”, che come detto è pari al 5% della tassa sui rifiuti, secondo la Città Metropolitana andrebbe calcolato sul totale teorico accertato dovuto dai cittadini, senza distinguere se tale importo sia stato o no incassato. Invece, secondo il Comune, la percentuale va calcolata esclusivamente sulle cifre effettivamente incassate dall’ente. Sarà dunque questo il principale motivo d’appello per evitare il cristallizzarsi di una sentenza che metterebbe in crisi il percorso di risanamento compiuto da Palazzo Bellavista negli ultimi anni. Intanto, l’amministrazione su proposta del responsabile del servizio contenzioso legale ha deciso di opporsi anche al recente decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Napoli su ricorso dell’ingegner Antonio Ciarleglio per il pagamento di presunte somme vantante nei confronti del Comune per circa 7mila euro.

Ciarleglio, ex dipendente  dell’ente a tempo determinato, riferisce infatti di non aver mai percepito l’indennità “ad personam”, cui si riferirebbe la cifra pretesa. Visto il parere del responsabile del Servizio personale, secondo cui esistono fondati motivi per proporre opposizione al decreto ingiuntivo entro quaranta giorni dalla notifica (cioè dal 22 maggio scorso), l’ente sembra dunque sul punto di affidare l’incarico a un proprio legale per evitare l’esecutorietà del decreto stesso. Per Palazzo Bellavista, dunque, non è più tempo di arrendersi a ogni notifica che giunge all’ufficio del protocollo, senza aver prima provato a lottare nelle sedi deputate.

Francesco Ferrandino

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