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La scelta tra Borgo di Celsa e Borgo di Cesso

Fa rabbia assistere inermi alla decadenza e al degrado in cui versa il lungomare di Ischia Ponte intitolato al Re Alfonso D’Aragona il Magnanimo. Richiesto di un  parere sul Borgo di Celsa di Ischia di Ponte, e segnatamente del lungomare Aragonese, per amore m’imbarco in questo giudizio personale. Voglio parlarvi del lungomare aragonese, così come lo vedo e lo vivo da 18 anni a questa parte. Da quando mi innamorai di questa striscia di 200 metri di strada che costeggia il mare cristallino in cui si specchia il Castello Aragonese, simbolo dell’isola. A me pare la strada sia oramai ridotta ad un cesso. Sì, ho scritto cesso. Se qualcuno s’è offeso, mi dispiace. Ma è un cesso. Se trovate un  termine  più gentile per definire una calle così bella usata come retrobottega, parcheggio per auto, tavolini sfusi in ordine sparso per bruschette e fritturine, deposito di monnezza, orinatoio notturno, parco dell’amor proibito o parco giochi per giostrai nelle feste di piazza, sono pronto ad usarlo e a scusarmi ancora con i deboli di stomaco. A me verrebbe facile con le parole trasformare il Borgo di Celsa in Borgo di Cesso, ma farei torto alle persone perbene che vivono in un luogo bellissimo che merita rispetto e va difeso. Lo scrivo e lo dico da anni, inutilmente. Che cosa fa il comune di Ischia per provare ad arginare questo degrado imperante lungo il lungomare Aragonese? Consente di sistemare una piattaforma sugli scogli ad un ristoratore. In pratica  la linea di costa che affaccia sulla baia che guarda il Castello, è stata interrotta dalla visione di tubolari, putrelle di ferro ficcate negli scogli, tavolati abbelliti immagino con qualche drappo colorato un po’ bizzarro per nascondere il peggio. Che cosa ne ricaviamo? Per l’imprenditore-ristoratore qualche coperto in più, qualche piccolo introito in più, ma niente che possa cambiargli la vita. Sarà sempre un ristoratore che avrà impiantato la sua attività in un luogo che è un cesso. E lo dico con rispetto. Rispetto per il ristoratore, non per chi gli ha concesso di fare quello scempio inutile nel deserto. Perché se noi vogliamo mettere a reddito una strada così bella, farla diventare appetibile, luogo in cui ci viene gente a spendere o a spandersi al sole, occorrerebbe che il comune chiudesse al traffico la strada, la liberasse dalle vetture, la facesse spazzare ogni giorno, la attrezzasse e abbellisse con fiori e piante e pretendesse infine di uniformare dal punto di vista estetico l’arredo esterno di tutte le attività della zona. A me la piattaforma sugli scogli continuerebbe a non piacere, anzi mi farebbe comunque un po’ schifo perché stona con la visione di tanta bellezza rappresentata dal Castello Aragonese, però potrei contrastare o contestare una visione, un progetto, un modo di vedere il futuro anche economico di Ischia Ponte. E invece no, questa classe politica isolana vorrebbe sempre costringerti a ragionare sulle loro piccole miserie umane. Io ti concedo un tuo diritto, tu pensi che sia un mio favore, dunque ti sentirai in obbligo di pagarmi a tempo debito col tuo consenso elettorale. Siamo a questo, ovvero allo scambio di voto contro favore.   Ed è un voto a perdere. Perdono gli imprenditori che non possono lavorare e creare ricchezza in un quadro di regole e in un luogo meraviglioso. Perdono gli ischitani, che continueranno a lamentarsi del fatto che vivono tra tanta bellezza che non sono capaci di sfruttare. Perdono gli ospiti di Ischia, che avrebbero diritto a ben altre visioni quando arrivano a Ischia Ponte. Ecco, io immagino, senza offesa per nessuno: un lungomare pulito, arredato e senza auto con attività  di ristorazione e artigianato locale. Immagino visite guidate a pagamento alla baia di Cartaromana con gli scavi archeologici e i tesori che stanno venendo alla luce. Immagino cose normali, banali. La mia lamentazione non è riferita al caso di specie, al ristoratore che immagino voglia rendere migliore, pulito e decente il luogo in cui ha impiantato una attività. La mia è una espressione di disistima verso chi da sempre non ha alcuna attenzione per uno dei posti più belli e ricchi dell’isola. La ricchezza in questo caso è la storia, la gente, il paesaggio, la memoria, il ricordo. Non si può trasformare il Borgo di Celsa in Borgo di Cesso. Vorrei ricordare a chi ha orecchie per sentire, occhi per vedere e cuore per amare la propria terra che Vittoria Colonna osava nei suoi sonetti affrescare il paesaggio ischitano non con visioni oniriche ma con immagini reali di albe e tramonti mozzafiato, mare azzurro, scogli lavati perennemente dalle onde che si infrangono e fiori colorati di cui la poetessa amava circondarsi. Lei guardava il Borgo di Celsa dalla torre del Castello Aragonese, dove scrisse le “Rime Amorose”:

Oh che tranquillo mar, che placide onde
solcavo un tempo in ben spalmata barca !
Di bei presidi e d’util merce carca
l’aer sereno avea, l’aure seconde.

Possibile che nessuno si accorga di quello che accade sul lungomare Aragonese? La Soprintendenza che ruolo ha recitato o recita? C’è mai stata una conferenza dei servizi per parlare con tutti di bellezza e ricchezza di Ischia Ponte?

 

* GIORNALISTA SKY TG 24

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