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L’ACUII inizi ad essere parte attiva del tessuto sociale

di Gerardo Calise*

Dopo questa ennesima “rinascita” dell’ACUII, con un nuovo direttivo e relativo presidente, da quello che leggo, costato che si continua sulla vecchia strada, che tra nascite, letarghi e rinascite varie, non ha portato a nessun risultato sperato. Continuiamo a stare dietro un altro inutile referendum, con quorum o senza, tanto comunque sempre consultivo era e resterà. Mi chiedevo, già da qualche tempo, perché l’Associazione non incominci ad essere parte attiva del tessuto sociale, diventando un soggetto propositivo, progettuale, inserendosi nel tessuto sociale attraverso i canonici canali. Comunque nel frattempo si arrivi al risultato sperato e che il CU vada a regime occorreranno, se tutto va bene, almeno una ventina di lunghi anni. Nel frattempo, per i tanti indecisi, si potrebbe fare un’opera concreta di convinzione scendendo nel pratico. Porto un esempio: come mai, anelando ad una unicità isolana, nessuno si chiede il perché il cosiddetto Comune capoluogo sia stato il primo ad istituire le strisce blu differenziate, facendo pagare ai “residenti” un prezzo e ai non residenti, che poi sono quelli provenienti dagli altri Comuni, un’altra tariffa? Perché non ci si è mai chiesti come mai i taxi provenienti dagli “altri” Comuni non hanno ancora i pass per accedere ai varchi telecontrollati? Perché lo stesso taxi proveniente dagli altri Comuni non può sostare sul Porto di Ischia, intesa come isola e tornare indietro vuoto?

Ecco, la rediviva ACUII incominci a far entrare nella mente dei contrari al CU, o ancora meglio degli indecisi, qualche concetto pratico, oltre a quello ormai arcaico, di unificare gli enti e stop. Si incominci un’opera di indottrinamento, nel pratico ad agire unico, altrimenti, viste le “quote” politiche che fanno la loro comparsa nel nuovo direttivo, noi continueremo ad essere non contrari, ma peggio ancora scettici, pensando, alla luce degli scarsissimi risultati finora raggiunti dalla supponente ACUII, che la “fusione” non sia altro che un’alchimia contabile che vada ad azzerare una montagna di debiti creandone altre in altri canali, come avviene quando la new company si dimostri più malata della defunta bad company. Potere che si sostituisce con altro potere, lasciando ancora perdere i veri obiettivi di un’isola alla deriva, che più che un ente o una nuova associazione, ha bisogno impellente di capitani d’impresa con tanto di attributi. Fa male leggere che dobbiamo “ripartire”, ma quando mai siamo “partiti”? Se non era per i soliti capitani di impresa, appunto, tipo Rizzoli, Marzotto, Kuttner, Sielewitz, Walde e qualche altro, tutti “forestieri” come si legge, ma dove saremmo andati? Perché più che unire sei bancomat produttrici di debiti, non ci inventiamo qualche concetto virtuoso che trasformi le nostre enormi potenzialità in grandi bancomat produttrici di ricchezza?

*fotografo e storico locale

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