Per Michele Regine, presidente del civico consesso foriano la Corte dei Conti ha sbagliato totalmente bersaglio, andando a cercare le responsabilità presso coloro che avevano ereditato la disastrosa gestione della Pegaso.
In cosa hanno errato secondo Lei i giudici?
«La Corte ha gettato in un unico calderone la vecchia società, la Pegaso, che soffriva di un’enorme massa debitoria, e la Torre Saracena, costituita successivamente e i cui organi societari erano composti da persone differenti. Fra l’altro, io sono stato presidente del consiglio di amministrazione per meno di tre mesi»
Ci spieghi nel dettaglio:
«Non è assolutamente vero, come afferma la Corte, che i componenti dei vari organi fossero gli stessi della precedente società. Un’affermazione che non regge a una semplice verifica documentale, dalla quale si evince con assoluta certezza che tra coloro che oggi vengono “invitati a inviare controdeduzioni”, nessuno è mai stato componente della vecchia società: non c’è alcun rapporto tra il consiglio d’amministrazione della Torre Saracena e quello della vecchia Pegaso. Un errore che poi si riverbera in altre errate deduzioni»
Quali?
«Avendo erroneamente ritenuto che gli amministratori sarebbero stati gli stessi, e non è vero, la Corte afferma poi che la responsabilità da parte degli amministratori della neonata Torre Saracena sussisterebbe perché questi amministratori avrebbero sostanzialmente “dovuto sapere” che il Comune era un “cattivo pagatore”, configurando così un vero e proprio processo alle intenzioni»
Per la Corte, sarete voi della Torre Saracena i primi a dover rispondere del grosso danno erariale:
«È una situazione paradossale. In pratica, i componenti della Torre Saracena vengono chiamati a rispondere per un operato precedente alla loro entrata in carica, di una diversa e precedente società, della quale i nuovi componenti nulla sapevano. Una conclusione, quella della Corte dei Conti, fortemente contraddittoria e inconferente con la ricostruzione che l’alta magistratura contabile aveva precedentemente delineato in modo corretto e piuttosto preciso».
Ma allora secondo Lei i magistrati con chi dovevano “prendersela”?
«L’invito che la Corte dei Conti rivolge ai componenti, succedutisi nel tempo, avrebbe invece dovuto essere diretto a chi, all’epoca, aveva il compito di svolgere il cosiddetto “controllo analogo”, cioè il Comune, e per esso il sindaco, legale rappresentante dell’ente quale socio unico della Torre Saracena. Non si capisce cosa avrebbero dovuto fare i componenti del consiglio d’amministrazione, oltre a quello che abbiamo effettivamente fatto, cioè cercare di recuperare i crediti (come è giusto che sia) vantati dalla società nei confronti del Comune e informare costantemente il Comune stesso dell’assoluta inadeguatezza del piano finanziario, che andava rivisto. Dagli atti emerge come noi abbiamo sempre sollecitato, con note e delibere, il Comune a rivedere il piano finanziario per assicurare un servizio efficiente»
E i bilanci?
«Le assicuro che tutti i bilanci della Torre Saracena, sono perfettamente limpidi, senza alcuna opacità. Quelli della Pegaso non so. E nei bilanci della Torre Saracena viene sempre richiamata la prima delibera d’assemblea (che la procura della corte dovrebbe avere agli atti) nella quale lo stesso socio unico (il Comune) dichiarava che questo piano finanziario era fortemente sottostimato rispetto alle reali esigenze della società, che nasceva pesantemente “monca”, rimanendo tale in seguito, proprio a causa dell’inadeguatezza di tale piano oltre che del debito iniziale»
La Corte parla anche della stipula di un contratto capestro tra l’Ente e la società, per la gestione del servizio
«Guardi, personalmente non credo che fosse un contratto-capestro, ma, anche se fosse, riguarda pur sempre coloro che materialmente lohanno concluso, non certo gli amministratori che sono stati chiamati successivamente a far parte degli organi societari»
