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Lavori sul lungomare di Citara, concluso l’esame dei testi d’accusa

Si è svolta dinanzi al giudice Capuano, una nuova udienza del processo riguardante la realizzazione dei lavori sul lungomare di via Giovanni Mazzella fino a Citara. Un processo partito nel 2013 e basato sulle indagini svolte ormai sette anni fa, quando la Procura ipotizzò diversi illeciti nella conduzione delle opere di riqualificazione del litorale foriano, che vanno dalla truffa al falso materiale e al falso ideologico per quattro persone, reati contestati ai tre imputati: l’architetto Giovanni Matarese, direttore dei lavori e responsabile del VII settore presso il Comune di Forio; Dario Amoruso, che rivestiva il ruolo di responsabile del procedimento,  e il collaudatore Giuseppe Castagliuolo. Ad essi va aggiunto  Nicola Malinconico, amministratore delegato della società “Italstrade”che si aggiudicò i lavori di riqualificazione del lungomare, la cui posizione fu inizialmente stralciata.  Nell’udienza di ieri le parti erano chiamate a dare l’assenso per l’acquisizione delle sommarie informazioni testimoniali rese nel lontano 2011 da alcuni testi, ma se per le dichiarazioni di Granillo le parti hanno acconsentito a tale acquisizione, non è così è stato per quelle rese il 23 marzo 2011 da Antonio Capuano, amministratore della ditta Tecno Beton Srl di Giugliano, specializzata nella produzione di calcestruzzo e conglomerati bituminosi. Avendo l’avvocato Raffaele Pesce rifiutato l’acquisizione, si è quindi dovuto procedere alla deposizione di Capuano. Quest’ultimo ha risposto a varie domande, incentrate sull’autenticità o meno delle firme apposte su bolle e fatture riguardanti le forniture per la Italstrade, la società che si aggiudicò l’appalto per la riqualificazione del lungomare di Citara. In particolare, Antonio Capuano ha recisamente disconosciuto la firma del nipote su alcuni documenti che gli sono stati sottoposti. Il giudice ha poi disposto l’acquisizione delle bolle e fatture esibite in aula. Con la deposizione di Capuano, si è concluso l’esame della lista dei testimoni indicati dalla pubblica accusa. D’ora in poi toccherà a quelli della difesa. Per la prossima udienza, fissata al 27 aprile, l’avvocato Pesce citerà come teste l’architetto Silvano Arcamone. Nodo centrale (ma non unico) del processo, è il destino di oltre duemila metri cubi di materiale di risulta prodotto nel corso dei lavori, che secondo l’accusa non sarebbe stato smaltito secondo le disposizioni legislative vigenti. Ma sul tavolo ci sono anche le forti discrasie, sostenute dall’accusa, tra quanto il Comune di Forio aveva corrisposto alla Italstrade per il trasporto, gli oneri di discarica e lo stesso smaltimento, pari a oltre 106mila euro, e una spesa documentata di soli 1400 euro (per meno di trenta metri cubi di rifiuti), ma anche tra i circa 130mila euro per l’acquisto di conglomerati bituminosi, mentre soltanto 60mila sono stati documentati tra le spese. Per la Procura, la differenza consisterebbe nell’«ingiusto profitto di corrispondente ammontare, con pari danno» per il comune di Forio.

Francesco Ferrandino

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