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“L’utensile parola”: Il Golfo incontra Erri De Luca

Gianluca CastagnaIschia – «La parola è responsabile di quello che dici. Finché le parole sono nella tua bocca, sei il loro padrone . Quando escono, diventi il loro servo. Sei tenuto a mantenerle, a rispettarle. A loro resti vincolato». Le parole, dunque, inchiodano. Un’assunzione di responsabilità, quella di Erri De Luca, che innerva tutto l’incontro che lo scrittore napoletano ha tenuto con il pubblico del Festival Internazionale di Filosofia, nella serata conclusiva alla Chiesa dell’Immacolata sul Castello Aragonese di Ischia. Un incontro affollatissimo, forse anche per il clamore mediatico che lo vede protagonista in queste settimane. La forza della parola, la sua potenza liberatrice, la libertà d’espressione, quel linguaggio tutto muscoli e nervi ridotto ai minimi termini per lasciare alle parole tutto il loro peso. Come chiodi piantati su una parete. E’ questo il filo rosso che lega la serata di domenica al processo contro Erri De Luca, denunciato dalla società Lyon Turin Ferroviaire (incaricata della costruzione della Tav in Val di Susa) e accusato dalla procura torinese di istigazione a delinquere. In un’intervista di due anni fa, lo scrittore aveva dichiarato che “la Tav Torino-Lione va sabotata” perché solo così si fa comprendere che è “un’opera nociva e inutile”. Un esercizio di coerenza raro, che pone certo interrogativi sulla libertà di espressione, sui limiti e le responsabilità che ne derivano, ma che nel caso di De Luca e della sua irriducibilità ideologica, appare più come un pretesto. Il prezzo da pagare per aver svelato ciò che i movimenti sociali sostengono da sempre: la legalità sembra posta a difesa degli interessi di quelle lobby che le leggi le scrivono.
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