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Morte di Renata, inizia il processo

Ieri mattina davanti alla Corte d’Assise di Napoli è partito il dibattimento che dovrà accertare le eventuali responsabilità di Raffaele Napolitano nella tragedia avvenuta a Serrara lo scorso gennaio

Si è aperto ieri mattina presso la Corte d’Assise di Napoli il dibattimento nel processo per la morte di Renata Czesniak. Come si ricorderà, il suo compagno Raffaele Napolitano è accusato di maltrattamenti in famiglia, aggravati dalla morte.  La tragedia avvenne lo scorso 12 gennaio, alla fine di una giornata in cui Napolitano e la 43enne di origine polacca avevano avuto diverse occasioni di attrito, esacerbate dal consumo di alcolici.

Prima che venisse dato spazio alle richieste istruttorie delle parti, la difesa di Napolitano, sostenuta dagli avvocati Francesco Pero e Daniele Trofa, ha illustrato una serie di articolate eccezioni che, sebbene siano state rigettate dalla Corte, costituiscono ficcanti argomentazioni circa la stessa legittimità della scelta di giudizio immediato (concesso dal Gip su richiesta del p.m.), e dunque della competenza per materia della Corte.

Perno principale di tali eccezioni è il fatto che il Gip abbia concesso il decreto che dispone il giudizio immediato, in assenza del titolo custodiale per la contestata aggravante della morte (come previsto dal terzo comma dell’articolo 572 del codice penale). In sostanza, la difesa ha contestato la modifica del capo d’imputazione da parte della pubblica accusa, in quanto è vero che la misura cautelare dei domiciliari fu confermata in sede di Riesame, ma solo in relazione al comma 1 dell’articolo 572 (maltrattamenti contro familiari e conviventi): il pubblico ministero invece ha chiesto e ottenuto che venisse contemplato anche il comma 3, quello relativo alla morte del convivente.

La principale eccezione avanzata è infatti proprio quella che invoca la nullità del decreto che dispone il giudizio, per violazione degli articoli 453 comma 1 bis  e 455 c.p.p. in relazione agli articoli 178 lettere b e c e articoli 179 codice di procedura, in quanto l’accusa aveva richiesto (e il Gip poi concesso) il decreto che dispone il giudizio immediato, in carenza del titolo custodiale in relazione alla contestata aggravante della morte di cui all’art 572 comma 3 c.p., con derivata violazione dell’art 21 c.p.p. vista l’ incompetenza per materia della Corte d’Assise, in quanto secondo la difesa sarebbe competente a decidere il Tribunale in funzione monocratica per l’ipotesi prevista dall’articolo 572 comma 1. Su questo punto l’avvocato Pero ha citato un’importantissima e recente pronuncia della Corte di Cassazione (per inciso, la sez. V n. 18756 dell’8 ottobre 2014, depositata nel 2015).

Un’altra eccezione di rilievo è quella che contesta la nullità ma anche l’abnormità funzionale del decreto di rinvio a giudizio perché il pubblico ministero, nonostante le nuove indagini svolte dopo l’interrogatorio in cui non fu convalidato l’arresto, omise di svolgere un nuovo interrogatorio nei confronti dell’indagato dopo la formazione del titolo di custodia per il solo reato previsto dal primo comma dell’articolo 572. Proprio in questa eccezione viene contestata come illegittima la modifica unilaterale del capo d’imputazione ( con l’aggravante della morte derivata dai maltrattamenti di cui al comma 3 dell’art 572 c.p.), e la difesa ha rimarcato il contrasto con la espressa dichiarazione di mancanza dell’evidenza della prova da parte del Gip nel decreto di giudizio immediato che, se non concesso, avrebbe determinato il Giudice dell’udienza preliminare all’immediata assoluzione dell’imputato sulla contestata aggravante ad effetto speciale.

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La difesa non si è fermata qui, contestando anche la circostanza per cui il pubblico ministero, in assenza del deposito della relazione autoptica (che, per inciso, è stata depositata proprio ieri mattina), aveva stralciato l’imputazione di omicidio preterintenzionale laddove invece la riunione dei procedimenti risultava indispensabile per l’adeguata difesa dell’imputato, in quanto il capo d’imputazione riguardo lo stesso arco temporale e lo stesso fatto contestato, ma in esso non viene indicato il nesso causale tra i maltrattamenti e la morte della donna, nonostante venisse contestata l’aggravante dell’articolo 572 comma tre. In tal modo si sarebbe creato un pesantissimo vulnus al diritto di difesa, conferendo un indebito vantaggio all’accusa, che potrebbe correggere il tiro dopo l’esposizione della strategia difensiva, violando principi fondamentali come la parità tra le parti, l’immediatezza delle accuse da cui difendersi e il principio del ne bis in idem.

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 Sempre a svantaggio della difesa, hanno argomentato i legali di fiducia dell’imputato, va il fatto che il pm abbia omesso di depositare innanzi al Gip i files delle intercettazioni telefoniche disposte sulle utenze in uso ai testimoni Felice Iaccarino e Gabriele Napolitano  e i brogliacci integrali delle intercettazioni , di cui il pubblico ministero ha depositato solo due conversazioni, tenendo nascoste il resto delle conversazioni, ritenute dalla polizia giudiziaria irrilevanti ai fini delle indagini, ma anche il fatto che il pm non abbia depositato i decreti di autorizzazione all’intercettazione e alla proroga delle stesse.  Queste e altre “bordate” verso l’instaurazione del giudizio presso la Corte d’Assise sono state esaminate in camera di consiglio dai giudici, che dopo circa mezz’ora hanno ritenuto di respingere le eccezioni. In ogni caso, la difesa confida di riuscire a smontare completamente le accuse nel merito: e comunque le eccezioni sollevate ieri potrebbero anche in futuro efficacemente minare alle fondamenta la solidità del processo stesso, in sede di vaglio di legittimità. La prossima udienza si svolgerà a fine maggio, quando dovrebbero essere ascoltati i primi testi indicati dal pubblico ministero.

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