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Pensieri in libertà

DI GAETANO FERRANDINO

Ci sono dei fenomeni che, specialmente quando si reiterano, confermano pregi e difetti, vizi e virtù, peculiarità radicate di un territorio. Nello specifico, sulla nostra isola, quello relativo al calcio ed all’Ischia Isolaverde – la prima squadra dell’isola (almeno fino a ieri l’altro), quella che dovrebbe portare in giro il nome della nostra terra, che è anche un brand – ne è un simbolo eloquente. In molti penseranno che potrebbe apparire un azzardo riservare i pensieri in libertà della domenica volendo elevare il pallone – e quanto gli ruota attorno – ai massimi sistemi di casa nostra, ma in realtà proveremo a spiegare che non è così. Non è affatto un mistero, e la storia lo insegna in maniera inequivocabile, che la gestione della società sportiva, negli ultimi tempi, è stata sempre demandata a personaggi più o meno di spicco provenienti dalla terraferma. L’unico isolano in tempi più o meno recenti a dare lustro ai colori gialloblu in due riprese è stato Bruno Basentini, imprenditore e presidente capace e lungimirante, che in ogni caso è comunque isolano acquisito e non certo un autoctono.

Col pallone, se ci pensate bene, siamo riusciti a fare la cosa che in fondo ci riesce meglio, vale a dire svenderci alla terraferma. Non è un caso che abbiamo dovuto far ricorso ad un nome di prestigio come quello di Lello Carlino, patron della Carpisa, il quale salutò la barca a gambe levate dopo aver compreso che l’area dello stadio Mazzella in gestione e soprattutto il progetto del (vero o presunto) centro commerciale era stata soltanto una promessa di Giosi Ferrandino, al quale in quel momento serviva qualcuno che riuscisse a mandare avanti la società. Una irrealizzabile utopia, che Carlino comprese con un pò di ritardo. Prima di lui, senza volerci rinfrescare la memoria più di tanto ci furono Roberto Fiore, Lucio Varriale. Gli anni della gloria furono affidati a Gigetto Cantone, presidente mecenate al pari di Catello Buono i cui titoli di coda sono stati evidentemente devastanti.

Quello che abbiamo vissuto nella stagione appena conclusa, e per giunta nella maniera peggiore (con la retrocessione tra i dilettanti prima e la “scomparsa” dal calcio dilettantistico poi) è un qualcosa di francamente disarmante, che conferma ed è un pò la nemesi di come sotto certi aspetti abbiamo perso il senso della dignità. Va bene che il calcio può interessare relativamente a gran parte di una comunità, e su questo nessuno ha voglia di sindacare, ma vedersi scippare letteralmente la squadra del cuore, trasferita di fatto armi e bagagli a Napoli o meglio ai Camaldoli, è un qualcosa che onestamente dovrebbe farci arrossire non poco. E’ accaduto nella più totale indifferenza (eccezion fatta per quel manipolo di affezionati che per l’Ischia hanno perso anche il sonno…), al pari di quanto succede in tanti altri settori della realtà isolana. E allora ecco il succo: non meravigli quello che è accaduto con i colori gialloblu, è la storia di un film già visto e che continueremo a vedere. Quando pigieremo il tasto stop?

 

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