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“L’isola dei morti” di Visone rivive a teatro

di Isabella Puca

foto Antonio Di Meglio

Ischia – Un fine settimana in compagnia degli Uomini di Mondo e dell’isola secondo Visone quella andata in scena venerdì, sabato e domenica scorsa. Un lavoro ricercato, profondo, che ha colpito il pubblico per le suggestioni rilasciate, diverse in ognuno, a seconda del proprio rapporto con l’isola. Minimal la scenografia e numeroso il cast di attori, alcuni prestati da altre compagnie o associazioni come la Actus Tragicus di Forio e la Banda Città di Forio. Visone, l’autore del testo, lasciatosi ispirare da un testo di Friedrich Durrenmatt, ha messo in scena un’isola senza tempo calata in una dimensione distopica; l’insieme di suggestioni ridistribuite  nei tre atti conferma il lavoro di ricerca del giovane autore che non smette mai di sorprendere il pubblico che da sempre, e con ammirazione, segue i lavori del gruppo.12087079_10204936667796737_5033562297764052732_o

Ad aprire la scena tre sorelle, Fede, Speranza e Carità impersonate da due storiche della compagnia Alessandra Criscuolo e Sara Migliaccio accompagnate da una new entry,  seppur bravissima, Valentina Lucilla Di Genio. Sono state loro a reggere le sorti del popolo, burattinaie di un’isola immersa in una grave crisi economica. A irrompere sulla scena è Clara Sforza Pignatelli, un personaggio ben costruito ma soprattutto ben interpretato da Marilla Palumbo che ritorna sul palco dopo un periodo di stop senza perdere carisma e bravura. Accolta  da  figure essenziali all’interno di una qualsiasi cittadina, come il sindaco, interpretato da Francesco Curci, il medico i cui panni sono stati vestiti da Teresa Sasso, la preside impersonata da Evanna Oliva, il carabiniere di Saverio Casciello e ancora il parroco interpretato da Francesco Verde,   sembra essere l’unica a poter sanare la crisi isolana. 12138388_10204936665756686_5038211298487509659_oLa donna, accompagnata in scena dal nono marito, un inedito Luca Patalano che ha ben saputo mantenere il livello accanto alla veterana Palumbo, portata in spalla su di un trono, offre all’isola un miliardo e più a patto di poter riparare l’ingiustizia subita in passato  dal protagonista, Alfredo Trani. Quest’ultimo, interpretato proprio da Visone, in un passato di un’isola felice aveva intrattenuto un rapporto con la donna ma non riconobbe mai il frutto del loro amore. L’accaduto, avvenuto prima del matrimonio, in un’isola chiusa e bigotta, aveva fatto della donna una poco di buono, appellativo che, con sofferenza, la Pignatelli ha accettato, intrattenendo numerosi matrimoni con uomini facoltosi.  D’un tratto, ciò che sembrava impossibile, vendere la vita di un uomo per salvare un’isola in declino, diventa probabile. Il popolo inizia così a mostrare la sua vera identità, falsa, ipocrita e senza pietà, aspetto che compare in scena rafforzato dall’apparizione di scarpe gialle che compaiono ai piedi di tutti i personaggi. Affiatata in scena la coppia Palumbo – Visone che ha emozionato con i suoi dialoghi ricchi di immagini fortemente suggestive tutto il pubblico e il resto degli attori in scena. É Clara Sforza Pignatelli a cambiare le sorti del racconto. Intanto Trani percorre un ultimo giro per la sua isola che sembra, tutt’a un tratto, diversa; tutto ciò che prima era sommario, e tutto ciò che oggi, nella realtà lo è ancora, diventa perfetto. I traghetti non fanno più ritardo, i monumenti rovinati ritrovano il bell’aspetto e l’isola torna ad essere una località da cartolina. Mantenuta la promessa, la Pignatelli lascia l’isola dei morti sul suo trono portando con sé una bara; nel frattempo, sul palco si ripete una litania quasi come fosse una preghiera che accompagna la chiusura del sipario insieme con gli applausi del pubblico che ha lasciato la sala del Polifunzionale portando a casa  un interrogativo in più su se stesso e sulla propria isola.

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