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Il vino? Si fa in vigna. A Bajola… naturalmente

La “sostenibile” leggerezza dell’essere passa da qui, dal vigneto di Bajola, tra viti, palmenti e parracine,un fazzoletto di terra che è il biglietto da visita di un’Isola votata da tempo immemore alla viticoltura. Un palcoscenico naturale, dove praticare una viticoltura sana e sostenibile non solo è possibile ma è anche storia da recuperare, cultura da diffondere. Un concetto, quello di identità naturale dell’ambiente vitato, che parte dai Greci e rivive nella diversità varietale dei settemila metri quadri della famiglia Iacono, raccontando di piccoli vignaioli e di vino in vigna. E così, passeggiare tra i filari di Vermentino e Viognier piuttosto che Malvasia e Sauvignon Blanc, significa entrare in un romanzo da sfogliare, un mix di storie di uomini e di luoghi concentrato in un vino che ha chiesto solo di crescere in un vecchio palmento. Naturalmente. Bajola non è un’azienda come tante altre, anche se Ischia ci ha abituato alle sue storie sempre differenti, ognuna con una propria identità culturale ben precisa. Bajola è anzitutto una storia di famiglia che parte dal nord Italia, dal cuore della Franciacorta e arriva a Forio con una lunga tradizione biologica e un fil rouge d’eccezione: l’ambiente e il vino. Quello che viaggia sui binari della produzione biodinamica e soprattutto simbiotica, dove c’è un grande enologo e ricercatore che ci mette la faccia e che ti dice che il vino si fa in vigna e si fa in modo assolutamente naturale. Ma Bajola è anche consumo consapevole e territorio, viticoltura paesaggistica, è l’idea di un vino che non è solo un’etichetta o un nome ma l’eredità culturale dell’Isola che nasce in vigna e attraversa il lavoro dell’uomo. Il vino senza solforosa aggiunta, senza chiarifiche e senza filtrazione, arricchito com’è solo di tecniche simbiotiche. Francesco Iacono poi è una di quelle persone che staresti ad ascoltare per ore, un totem da non interrompere mai nei suoi racconti di vigna dove trovano rifugio quelle varietà tornate “a casa” dopo 150 anni e il cui adattamento ai territori è ben conosciuto da un ricercatore come lui. Una terra antica, di geografia ampelografica e non solo: “Le varietà si sono sempre mosse attraverso territori ed epoche” racconta “e il vignaiolo ha cambiato o mantenuto certe varietà, in situazioni che sono rimaste immutate negli anni o nei secoli e in altre che hanno vissuto invece la discontinuità. Per esempio, al contrario del Piemonte dove il Nebbiolo è lì da 400 anni, l’isola d’Ischia è in discontinuità storica con le sue varietà. Perché qui il vignaiolo si è approcciato alla viticoltura in maniera un po’ più dinamica, adattandosi alle situazioni mutevoli nel corso del tempo, magari anche sbagliando ma questo fa sì che l’isola rischi per fortuna di essere più pronta ad un cambiamento rispetto ad altre zone”.

E il risultato “è di grande soddisfazione” per Francesco e sua figlia Alice Iacono, giovane attrice di teatro, che al fianco di suo padre è arrivata da pochissimo alla guida dell’azienda. Stessa filosofia di vita e obiettivi comuni, lavorare sulla vera identità del vino e il rispetto dell’ambiente, concetto fondamentale per ritrovare nel calice ciò che le radici delle viti hanno potuto raccogliere e trasformare, ricavandone un vino il più naturale possibile, il più possibile sano. Qualità senza compromessi quindi per il Bajola, profusa nei rituali della viticoltura secondo il ritmo delle stagioni, come una religione naturale. E i risultati si vedono, soprattutto in una stagione non semplice come questa. Una vendemmia iniziata il 21 agosto, coincisa purtroppo con il terremoto di Casamicciola, una stagione che dalle parole di Francesco Iacono darà sicuramente qualità, infatti gli andamenti siccitosi che hanno caratterizzato l’estate 2017 hanno garantito un’uva molto sana. Soprattutto per chi come lui ha lavorato bene in vigna: “Avendo vendemmiato così presto ho già un’idea più precisa di come sarà il vino: dall’ultimo rimontaggio, il vino è secco ed è già quasi pulito, ormai tutto il cappello delle vinacce è sceso. Dal punto di vista quantitativo pensavo peggio, quest’anno ho fatto addirittura più dello scorso anno. Mi aspettavo un 2017 molto arso da subito e invece non è così. Almeno per il momento”. Valle a capire le viti e il loro adattarsi alle circostanze climatiche, come è naturale che sia spiega Francesco o perché meno cariche per un’abile lavoro in vigna: hanno comunque resistito alla siccità donando un Bajola la cui gradazione sembra essere già sostenuta con aromi più fruttati e che quest’anno rimarrà in macerazione fino alla fine dell’anno, osando ancora di più di quei 20 o 40 giorni ai quali Francesco ci ha abituati. Bajola nei suoi pochi anni di vita ci ha raccontato una lunga storia, la varietà ampelografica dell’Isola e soprattutto una crescita di qualità altissima, abituandoci ogni anno ad una storia sempre diversa. È il mondo affascinante dei vini naturali dove non ci si stupisce che un vino non sia mai lo stesso, anno dopo anno, al contrario si scopre attraverso il vino la variabilità climatica che c’è stata, perché quella è la sua vera identità: “Anzi, il consumatore è contento quando percepisce delle differenze, è un mondo diverso” aggiunge Francesco Iacono “Questa è la bellezza di chi affronta i vini naturali, quella di non avere l’ansia di dover confermare anno dopo anno delle caratteristiche del vino. Il nostro Bajola è proprio questo”. Un’annata “desertica” e arida, paradossalmente più fresca del 2015 ma non leggera come il 2016, anche questo è il bello di Bajola, carattere e discontinuità, naturalità e tradizione.

E laddove non aiuta la Natura è l’uomo che interviene con la sua ricerca: “Io credo che la nostra funzione sia anche quella di essere giudici relativi, non assoluti, confrontandosi con situazioni che da soli non è possibile fronteggiare” il pensiero di Francesco Iacono è chiaro e preciso“Se non piove per lunghi mesi, ad esempio, da agronomo e da vignaiolo vorrei lavorare su quello che il buon dio ci sta dando. Ma dev’essere l’università, devono essere i ricercatori a dire ai vignaioli che in periodi come questo, dove si va incontro all’abbassamento di acidità è meglio lavorare con vitigni come il Greco o usare determinati portainnesti con la siccità. La vera ricerca è quella che permette al vignaiolo di fare viticoltura, anche se le condizioni climatiche e ambientali sono cambiate”.E mentre a casa Iacono si ipotizzano nuovi scenari, una rivisitazione del Bajola o un probabile affinamento in terracotta, è ancora da vedere, il Bajola 2017 riposa coccolato nel suo palmento. Non vedrà la luce se non a dicembre e racconterà, meglio che mai, di ambiente e di rispetto per la terra. Con buona pace di chi pensa che il vino si faccia in cantina e non solo in vigna.

Malinda Sassu

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