CRONACACULTURA & SOCIETA'LE OPINIONI

“A Procida non caddero bombe”: Giacomo Retaggio si racconta durante la guerra

Nell’opera l’infantile memoria dell’attesa del padre prigioniero

“Gli anni della mia infanzia sono stati connotati da avvenimenti di tale portata che difficilmente si possono dimenticare” esordisce il magnifico Scrittore Medico Giacomo Rataggio nel suo coinvolgente volume dedicato al carissimo papà catturato a Massaua (porto d’Eritrea) dagli inglesi e deportato in India a Bombay nel campo di prigionia 28 YOL. Quando fu preso era imbarcato sulla nave “Alberto Traves” della Lloyd Triestino di cui era effettivo e la Società di navigazione continuò a pagargli lo stipendio di tremila lire per tutta la durata della prigionia che la mamma col nonno andava a ritirare a Napoli: prima della guerra una bella somma, ma con la svalutazione una miseria se si pensa che un kg di zucchero costava mille lire.

Gli inglesi erano nostri nemici dacché Mussolini dal Palazzo Venezia a Roma il 10 giugno 1940 scese in guerra a fianco della Germania e Giappone (fu un errore anche a detta degli stessi Procidani) contro Stati Uniti, Inghilterra, Francia e il conflitto si spostò in Africa nelle colonie italiane passate sotto il controllo britannico. Retaggio fornisce il suo certificato di nascita l’anno XV E.F. (Era Fascista): infatti Mussolini stabilì che il 1922 anno della “marcia” su Roma fosse il primo della nuova era fascista per cui il numero latino XV era 15 e quindi l’anno 1937. Il fascio consisteva in verghe legate da una stringa di cuoio che simboleggiavano il Potere dell’antica Roma. E connesso al culto della romanità, fioriva il culto dell’italianità, espressione di un nazionalismo esasperato, di cui oggi si avverte l’esigenza in questo clima di inglesismi che dilagano oggi, risultando nuovi alla comprensione popolare. Pertanto, va sottolineato in tutte le Pubblicazioni di Giacomo Retaggio l’efficace recupero di tutto il ricco deposito della suggestiva parlata popolare dialettale che altrimenti sarebbe irrimediabilmente smarrita nell’oblìo. Grande Retaggio anche per questa esplorazione idiomatica che costituisce -secondo me- un valore e merito da sottolineare nell’anno prossimo con Procida capitale italiana della Cultura. Un recupero che non appartiene solo a Procida, ma a tutto il napoletano e mediterraneo: cacarelle, papagno (decotto di papaveri alla sua prima febbre), intostare con la fasciatura, lo sciasso divertente del carrettiere, patane, fornacelle, mazzamma (scarto del pescato), masto scarparo, Sent’ Cò (Santo Cattolico), lanzetella (barca), spacca sole (merendina), giobba (far soldi), molognane (nigrizia), quadriddo (pezzo di vetro con cornice di stoffa), shut up (zittisci), mezzaluna (falcetto), dietro le corti, mattera, criscito, grancia, vefio, soprannomi “prete del re”- “buncazzone”(albero ailanto)-pescemarino, paliatone, u’ speziale, guardare “per sotto”, scustimét, ianara, carrettini di gioco, mmére coppe, Biaso (Biagio), scafareia, schiuvazione, scem’e guerra, Mimì (Domenico), funerale dei “signori” e dei “terra terra”, modi di dire, ecc. L’Autore era nato nello stesso anno di Vittorio Emanuele IV, figlio del Re, ma, nonostante l’oroscopo del vicinato, non gli portò alcun vantaggio. C’era miseria e fame. A scuola si picchiava e ci si faceva sotto e all’asilo delle suore manesche non volle più andarci. Alle Elementari l’amico del nonno prete Fiduciario, “grosso e zoppo, con gli occhiali cerchiati d’oro, lo iscrisse con la certificazione di un anno in più, anziché cinque, per poterlo inserire. Ma a Procida non caddero bombe, nonostante le “attenzioni” per il coprifuoco, “un po’ delusi perché non eravamo importanti”. Emozionanti le foto d’epoca in bianconero tra cui quelle di Marco Puglia, cugino del mio consuocero originario di Procida: il mio nipotino si chiama come il citato nonno Marco Puglia. Sono legato a Procida anche da mio cognato Vittorio De Candia (ricordo il padre Mauro e la cara moglie Maria Ferrantino!). Le descrizioni di Retaggio sulle aule del tempo e il castigo di “S. Michele” nello stare in piedi su una sola gamba e le bacchettate, la Chiesa parrocchiale della Libera (nella foto), il Catechismo, il Venerdì Santo, Prima Comunione, il Due novembre, Natale, le testimonianze di Mario Cozzolino sui sommergibili; Pasquale Di Costanzo deportato dai nazisti in Germania (mestolo di rape bollite); Gigi Bellini finito nella Repubblica di Salò; Alfonso Sabino sui Mas. L’armistizio dell’8 settembre 1943 portò il caos: soldati italiani che dismettevano la divisa per non farsi riconoscere, l’arrivo degli Americani (nuove monete A.M.lire), il tentativo di sbarco di un motoscafo tedesco da Monte di Procida arenatosi sulle secche alla “Croce della Lingua” e catturati: San Michele ancora una volta Protettore di Procida, come una volta dai corsari islamici! E finalmente nell’estate del 1946 l’atteso padre tornò sul “San Michele”dalla lunga prigionia: Retaggio aveva nove anni e non lo ricordava più: “Quando mise il piede a terra mi abbracciò e mi baciò. Io rimasi fermo. Non provai nulla. La guerra mi aveva tolto per sempre gli anni migliori che un padre può dare a un figlio”. Capolavoro di storia e letteratura. (continua)

*Responsabile diocesano Cenacoli Mariani MSM; docente Liceo; poeta; emerito ANC-Ass Naz Carabinieri (e-mail: prof.pasqualebaldino@libero.it).

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