Abbassiamo i toni
Con un pezzo molto interessante pubblicato su questo giornale lo scorso 22 ottobre Sepe Visconti, richiamando le vicende processuali (CPL e Free Market) che in questi giorni tengono banco sulla nostra isola, mette in risalto la grande capacità autolesionista di noi ischitani, nel vizio congenito di isolarci sempre di più dalle problematiche generali italiane. Sindrome che sembra tipica a tutte le isole.
Non è estraneo, alla sindrome dell’isolamento, l’atteggiamento dei media che, amplificando, spesso, smisuratamente, con espressioni roboanti, piccoli fatti di cronaca, contribuiscono al processo di disintegrazione del tessuto sociale del quale poi ci si lamenta degli effetti. La conseguenza, di certe smodate amplificazioni, è che le persone perbene fuggono da ogni forma di dibattito o di coinvolgimento nella gestione della cosa pubblica a scapito degli interessi generali.
E veniamo ai due eventi citati da Sepe Visconti. Il processo CPL che vede coinvolto, tra gli altri, il sindaco di Ischia. Dopo che lo stesso con altri si son fatti più di due mesi di carcere, per ordine della magistratura napoletana, dopo che, inutilmente, i difensori avevano rilevato l’incompetenza territoriale del Tribunale di Napoli, nel corso della seconda udienza dibattimentale, l’accusa ha rilevato l’incompetenza dell’ufficio giudiziario partenopeo, a favore di quello di Modena. Non voglio, assolutamente, dire che gli imputati sono innocenti, ma desidero porre in risalto certe frettolosità decisionali che poi amplificate dai mass media (specialmente locali) distruggono in un attimo tante cose. Persone, famiglie e….. quanto di buono ruota attorno ad essi, trattandosi di eventi a conclamarsi e non già conclamati.
Dal mese di marzo di quest’anno Ischia invece di essere posta in risalto per la sua bellezza, per le sue acque e fanghi curativi o per i suoi luoghi storici e culturali, lo è per il fatto che il sindaco è stato arrestato, per corruzione, da un giudice che, sua sponte, si dichiara, poi, incompetente. La cosa pone tanti interrogativi e sconcerta non poco.
Poi è venuto “free market”, dove, per come ho scritto la scorsa settimana, per un ritardo dello Stato, viene scaraventato sulla collettività un evento di piccola considerazione penale, per quanto avviene nel resto d’Italia, perché da una conversazione telefonica emergerebbe che un politico, mentre faceva l’avvocato, avrebbe partecipato o dato credito ad un documento falso che poteva favorire un suo cliente. Di fatto, stando alle cronache giornalistiche, non l’ha favorito in quanto il cliente è stato soccombente, né, sembra, avergli procurato vantaggi di sorta. Sempre stando a quanto pubblicato dai giornali, la contestazione mossa all’avv. Maria Di Scala è quella di aver concorso – con un pubblico ufficiale – nei delitti di falso materiale (art. 476 c.p.) e di falso ideologico (art. 479 c.p.). Concorso che apparirebbe (sempre dalle informazioni giornalistiche) posto in essere più di due anni fa. Orbene, rispolverando lo studio, mai sufficiente, del codice penale e della giurisprudenza sul “concorso nel reato”, se ne deduce che le sfaccettature di tale ipotesi criminosa sono tantissime e richiedono un pacato vaglio istruttorio e dibattimentale. Di fatto sul codice, in calce all’art. 476 c.p. che è titolato “falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale”, si legge: “arresto: facoltativo”, “fermo non consentito per il primo comma, consentito per il secondo comma”, “custodia cautelare in carcere: consentita”, “altre misure cautelari personali: consentite”. Del concorso nel reato, il codice fa un elenco lunghissimo che non stiamo quì ad elencare. Tutto ciò per dire, restando alla parte del caso che sensibilizza e scuote la collettività isolana (il coinvolgimento del politico in una indagine penale) che il fatto, se avvenuto, due o più anni fa, del quale andrà provato il concorso con il pubblico ufficiale da parte di chi pubblico ufficiale non è, e che non ha procurato vantaggi a chi lo anelava, captato nel corso di una indagine per altre vicende, viene ritenuto meritevole di una misura cautelare personale. Sembra quasi comprendere che un avvocato, per non incorrere in pericoli, quando un cliente si presenta nel suo studio e gli racconta un fatto o gli consegna dei documenti, deve assoggettarlo alla macchina della verità e ad una verifica genetica degli atti che gli consegna. Io fatico molto a ritenere (anche se ciò non significa nulla) che l’avv. Di Scala di concerto con Stanziola (o altri non saprei), fosse lì a confezionare un documento falso al fine di poter far vincere la causa al suo cliente. Se fosse vero ciò, più che da galera sarebbe da manicomio. Falsi materiali e falsi ideologici. Negli anni (13) in cui sono stato consigliere comunale a Serrara Fontana (ed anche dopo), non ricordo più quanti falsi materiali e/o ideologici o abusi di ufficio ho sollecitato a verificare, sia direttamente che attraverso questo giornale, e, per come ho scritto sabato scorso, mai che fosse scattato un provvedimento cautelare di sorta o che fossi sentito da qualcuno. Non mi va più nemmeno di fare l’elenco. Detto ciò e rispettando il lavoro della magistratura, possiamo ritenere giusto che i media siano il megafono delle attività della procura e non siano, invece, strumenti di denunzia, di notizia e di commento finale ad un evento? A me sembra che il principio costituzionale della presunzione di innocenza (in Italia) è andato a farsi friggere in uno con quello della sensibilità delle persone inquisite, del loro ruolo sociale, della loro reputazione e dei patimenti delle famiglie per la colpevole approssimazione con cui vengono elaborate certe notizie.
Io non sto qui a difendere né Giosi Ferrandino né Maria Di Scala. Stigmatizzo certi comportamenti che danneggiando un contesto sociale danneggiano anche me stesso.
Non ho ritenuto utile (e nemmeno opportune) certe esternazioni minacciose a mezzo stampa rese per stigmatizzare il taglio di una informazione di questo giornale né ho ritenuto utile o proporzionata la replica, con l’intera prima pagina di mercoledì impegnata ad enfatizzare una richiesta del pubblico ministero. Enfasi eccessiva e roboante che danneggia lo stesso sistema informativo locale che, per questo, come ho scritto, viene scarsamente considerato. Molte stupidaggini, non verificate, confezionate con terminologie volgari e approssimazione grammaticale, trovando spazio nella divulgazione creano un clima arroventato, pesante e mistificato per il quale le persone perbene si allontanano sempre di più dalla cosa pubblica con il risultato di cui ci si lamenta tutti i giorni. Per cui dandoci una mossa, abbassiamo i toni e non continuiamo a farci del male da soli. Troviamo, a partire dall’informazione, il sistema perché l’isola d’Ischia risalga la china della considerazione positiva affinché quel 25% di gettito tributario regionale, che dall’isola va, ritorni con gli interessi.