Abbattimenti: tre domande in attesa di risposta

di Severino Nappi
Chiudete gli occhi e immaginate la Campania attraversata da una catena montuosa che, per dimensioni, non avrebbe niente da invidiare alle Alpi, davanti alla quale persino il “palazzo del potere” annunciato dal “faraone” Vincenzo De Luca si trasformerebbe in un puntino impercettibile a ridosso dell’area orientale di Napoli. No, non sto pensando agli effetti catastrofici dell’azione della natura terrestre né, tantomeno, alle conseguenze dell’impatto di un asteroide. Niente di tutto questo. Le Alpi campane si formerebbero se si volesse (e potesse) dar seguito a quello che ambientalisti da salotto, giustizialisti a giorni alterni e certa magistratura pantofolaia (colpire i “poveri cristi” è più comodo che stanare i camorristi) pontificano: no alla pace edilizia. Infatti, le nuove Alpi sorgerebbero quale immediata e ineludibile conseguenza dell’accumulo delle centinaia di milioni di tonnellate di materiale di risulta derivanti dall’abbattimento degli edifici che burocrazia esasperante e cieca, giustizia ingiusta e politica locale, ipocrita, cinica e indifferente al problema, dichiarano di voler demolire, indiscriminatamente, nella nostra regione. Per chi non le conoscesse, ecco le cifre reali del fenomeno: centinaia di migliaia in Campania le costruzioni abusive, nella stragrande maggioranza prima e unica casa degli occupanti; decine i miliardi di euro che occorrerebbero per le demolizioni, il trasporto del materiale di risulta, l’organizzazione e la manutenzione di enormi (e inesistenti) siti in cui sversarlo; mezzo milione i campani cui trovare un nuovo alloggio. Chi sa come fornire una risposta seria a queste domande si faccia avanti senza nascondersi dietro le insegne della legalità e dell’ecologismo à la carte. Nel frattempo, l’emergenza monta sempre di più, logorando l’esistenza di tantissimi cittadini campani incolpevoli, accelerando l’esplosione di una vera e propria bomba sociale a tempo. Perché questa è la regione in cui si nega anche il diritto alla casa. È la regione in cui, tra l’indifferenza dell’attuale Amministrazione e del Pd, si consuma la tragedia di chi dopo anni di sacrifici personali ed economici per mettersi in regola, dopo aver ricevuto dalle Istituzioni rassicurazioni pre elettorali, rischia di trovarsi, spesso 30-40 anni dopo, senza un tetto sulla testa per sé e per i propri figli. E non stiamo parlando di speculatori del mattone, di gente avvezza all’illegalità (come pure tende a dipingerla certa magistratura e certa stampa), di chi ha costruito o ha comprato case in zone a rischio o in aree tutelate da vincoli paesaggistici o di chi vive in case pericolanti.
Parliamo invece di tantissime famiglie perbene, le sole a pagare le conseguenze delle storture di un sistema che ha innescato questa dolorosa vicenda. Troppi dimenticano che, per decenni, i Comuni a cui queste persone si sono rivolte chiedendo indicazioni, sono stati incapaci di aggiornare i loro piani regolatori e non hanno rilasciato licenze edilizie. Troppi – compresi tecnici, forze dell’ordine e magistrati – si sono girati dall’altra parte mentre, negli anni ’70, ’80, ’90, sorgevano palazzoni multipiano, strade e quartieri interi in un’edilizia a regia camorristica. Ora, dopo che gli incolpevoli acquirenti di quelle case le hanno comprate, contraendo un mutuo e credendo che il condono rilasciato dalle stesse Amministrazioni comunali fosse un titolo legittimante il proprio acquisto, si sentono rispondere che è soltanto carta straccia, pagata a carissimo prezzo. E sì, perché nel nome della giustizia che non fa sconti e per questo si sente giusta, sono quasi soltanto costoro a finire sotto la lente di questa o quella Procura, che riapre fascicoli lasciati per decenni a dormire negli armadi per analizzare tecnicamente licenze e condoni, alla caccia di irregolarità più o meno gravi, il tutto per la gioia di tecnici e imprese di demolizione, lautamente retribuiti per queste insperate attività. Forti coi deboli e deboli coi forti, verrebbe da dire. Ed è contro questo stato di cose che la Lega, da sempre impegnata per la difesa del diritto alla casa, sta continuando a lavorare senza sosta, mettendoci la faccia e il massimo impegno. Lo stiamo facendo anche in Consiglio regionale, dove il nostro gruppo ha già presentato due disegni di legge – che la maggioranza non ha voluto votare – e in Parlamento, dove sono stati depositati, sia alla Camera che al Senato, altri due ddl. L’obiettivo di questa battaglia di civiltà e di buon senso è di mettere fine a un meccanismo perverso che, in particolar modo, nel Nostro Posto, insieme alle case, sta demolendo anche l’esistenza di tantissimi campani. Tutto ciò nell’immobilismo complice dell’Amministrazione regionale, simbolo della politica sorda anche di fronte a queste drammatiche questioni. Piuttosto che affrontare l’emergenza abitativa, per giunta acuita dal crescente numero di sfollati a causa del bradisismo che sta interessando la zona flegrea, la fallimentare stagione deluchiana si chiude senza che si sia neppure pensato di avviare un piano di edilizia pubblica residenziale, ma anzi con la decisione scellerata di aumentare i fitti delle case popolari, da gennaio schizzati alle stelle. Noi abbiamo le idee chiare e, soprattutto, la volontà di realizzarle. L’unica strada da percorrere è quella di restituire dignità, speranza e futuro a chi sta vivendo una situazione drammatica, per dare risposte a chi chiede attenzione ed aiuto. Lo faremo quando, tra pochi mesi, saremo alla guida della Regione.



* CONSIGLIERE REGIONALE CAMPANIA