Abusi a “La Siena”, processo per cinque
Il giudice onorario Pietro Rocco, al termine dell’udienza pre dibattimentale, conferma il rinvio a giudizio per Generoso Santaroni, Pino Mattera, Franco Fermo, Gaetano Grasso e Silvano Arcamone. Il Comune vuole 1 milione, si parte a ottobre

Cinque rinvii a giudizio, un’opera sotto sequestro e una richiesta di risarcimento da un milione di euro. Si è aperto ufficialmente il processo penale sul controverso parcheggio “La Siena”, la struttura semi-interrata e incompiuta all’ingresso di Ischia Ponte, che da anni rappresenta una delle più discusse ferite urbanistiche dell’isola. Il giudice onorario Pietro Rocco, all’esito dell’udienza pre-dibattimentale celebrata nei giorni scorsi presso la sede distaccata del Tribunale di Napoli a Ischia, ha disposto il rinvio a giudizio di tutti e cinque gli imputati, accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica. Il processo inizierà il prossimo 16 ottobre. Gli imputati sono Generoso Santaroni, amministratore della società “La Turistica Villa Miramare S.p.A.”, committente dell’opera; Giuseppe Mattera, progettista e direttore dei lavori; Silvano Arcamone e Franco Fermo, all’epoca dei fatti dirigenti dell’Ufficio Tecnico del Comune di Ischia; e Gaetano Grasso, firmatario dell’autorizzazione paesaggistica ritenuta illegittima. Nel corso dell’udienza, il Comune di Ischia, rappresentato dall’avvocato Bruno Molinaro, si è formalmente costituito parte civile, avanzando una richiesta risarcitoria pari a un milione di euro, riservandosi di quantificare in separata sede il danno complessivo.
Nella memoria depositata in aula, il legale dell’ente ha ricostruito in dettaglio la vicenda, sottolineando come il parcheggio sia stato realizzato in totale difformità dai titoli edilizi e paesaggistici, con una serie di modifiche sostanziali rispetto al progetto originario, tra cui traslazioni in altezza e in pianta, aumento volumetrico, mutamenti di sagoma e uso di materiali non autorizzati. Secondo il Comune, l’opera ha causato un “grave vulnus all’assetto urbanistico e paesaggistico del territorio”, determinando anche una lesione del diritto dell’ente alla programmazione e pianificazione urbanistica, usurpata da un intervento privato che, secondo l’accusa, ha agito in spregio agli strumenti urbanistici vigenti. Il parcheggio “La Siena” fu autorizzato nel 2010 con permesso di costruire n. 38, poi integrato da una serie di SCIA e DIA presentate negli anni successivi dalla società Turistica Villa Miramare. Tuttavia, accertamenti tecnici comunali e indagini giudiziarie hanno evidenziato numerose difformità, tra cui: Innalzamento non autorizzato della quota di copertura, con conseguente impatto visivo verso il Castello Aragonese; Traslazione orizzontale della struttura di quasi due metri; Realizzazione di locali tecnici, intercapedini e muri perimetrali non previsti nei titoli abilitativi; Aumento della superficie calpestabile e sistemazione esterna difforme, laddove era previsto un giardino a verde. Le difformità, per i consulenti del PM, sono tali da rendere la struttura non più interrata ma visibilmente “semi-interrata”, aggravando il danno ambientale in una zona vincolata paesaggisticamente e a ridosso della costa.
Già sottoposto a sequestro preventivo dal marzo 2023, il cantiere è rimasto bloccato dopo che le richieste di revoca presentate dalla difesa sono state rigettate dal Tribunale del Riesame e, successivamente, anche dalla Corte di Cassazione, che ha confermato la legittimità della misura. Secondo la Procura, l’opera si configura non solo come abuso edilizio, ma anche come lottizzazione abusiva materiale, vista la trasformazione irreversibile del suolo da agricolo a edificato, l’assenza di autorizzazioni ambientali, e l’evidente finalità privatistica del complesso (parcheggio e sala polifunzionale). Il parcheggio “La Siena” è oggi una massa di cemento grigia e incompiuta, visibile dalla storica via Pontano e in contrasto con il profilo del vicino Castello Aragonese. La mancata demolizione, richiesta dal Comune con ordinanza nel marzo 2023, e il prolungato stallo giudiziario hanno alimentato il malcontento di residenti, comitati civici e imprese confinanti, che temono che la vicenda finisca nell’ennesima paralisi burocratica. Il processo potrebbe finalmente stabilire se quell’opera debba essere demolita o completata, ma per ora, come spesso accade in Italia, resta il simbolo fisico di una battaglia legale ancora tutta da combattere.