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Dissequestro per “La Scogliera”, le motivazioni del Gip

ISCHIA. La buona notizia che lo scorso 29 novembre ha raggiunto il noto Hotel “La Scogliera”, con la disposizione di dissequestro delle due piscine posto sotto sigillo nelle settimane precedenti, è conseguenza della decisione del Gip del Tribunale di Napoli, dottoressa Ferrigno. Il provvedimento era scattato per presunte irregolarità riguardanti gli scarichi, ma la difesa è riuscita a produrre un’articolata documentazione in grado di rovesciare la decisione della Procura. Il Gip ha infatti basato la propria decisione esaminando i documenti allegati all’istanza di revoca inoltrata dal legale di fiducia dell’hotel, a partire da un parere tecnico redatto due settimane fa dal Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, relativo alle contestate procedure di trattamento degli impianti di contro lavaggio, in risposta alla nota dell’Arpac del 2016 che conteneva linee guida generali sulla depurazione e controlavaggio dei filtri, oltre alla relazione di chiarimenti tecnici firmata dal geologo dottor Pianese, circa gli impianti esistenti nella struttura foriana. Il magistrato scrive che “dalla lettura complessiva del fascicolo processuale, anche alla luce delle integrazioni difensive, deve rivalutarsi il profilo del fumus commissi delicti che allo stato, e salvo eventuali sviluppi investigativi, non si ritiene sussistente”. Un’affermazione, questa, importante,per il prosieguo della  vicenda, sorta nell’ambito di un contesto che da anni vede numerose strutture ricettive isolane finire sotto la lente della Procura a causa delle non sempre chiare normative in tema di scarichi e della loro assimilabilità nelle categorie degli scarichi domestici o industriali. “In particolare – prosegue il Gip – deve rilevarsi che la inidoneità del sistema adottato dalla struttura alberghiera in questione, evidenziata nelle annotazioni di Polizia giudiziaria dell’ottobre 2018, deriva dalla considerazione dell’assenza di trattamento delle acque di controlavaggio dei filtri delle piscine, tale non potendosi ritenere il passaggio in silos della sedimentazione (rifacendo in ciò alla dizione della nota Arpac del 2016), il che determinerebbe la impossibilità di assimilare quelle acque a scarichi domestici, rimanendo invece scarichi industriali”. Infatti, “le integrazioni tecniche difensive meglio descrivono il sistema adottato dalla struttura alberghiera per il trattamento delle acque di controlavaggio articolato secondo uno degli schemi predisposti dal Dipartimento di Biologia che, comunque, prevedono sempre fondamentalmente una sedimentazione iniziale dei fanghi e sostanze sedimentabili (trattamento con filtri a cartuccia) e una declorazione finale prima dell’immissione in fogna (serbatoio di strippaggio del cloro)”. Come viene spiegato nel provvedimento, “all’interno del serbatoio di accumulo vi è una pompa che solleva i reflui che, mediante tubazione indipendente da quella dei reflui domestici della struttura, giungono al pozzetto fiscale; prima dell’immissione al pozzetto la tubatura è dotata di rubinetto di prelievo (il che ne consente comunque una verifica di qualità, prima della immissione nel pozzetto fiscale cui pure giungono i reflui domestici che con percorso separato vengono convogliati in vasca interrata che funge da de grassatore e poi convogliati in un pozzetto di raccolta e sollevamento; i reflui sollevati all’impianto di depurazione e poi immessi nel pozzetto”. Inoltre, il magistrato ribadisce che al momento sono assenti eventuali esiti negativi di analisi specifiche (l’unico sforamento dei limiti che è stato accertato riguarda il refluo domestico,  e costituisce illecito amministrativo), così come sono assenti rilievi relativi a cattiva gestione del sistema (ad esempio omissioni del cambio dei filtri, inidoneità dei serbatoi ecc.): tutte circostanze che, fatti salvi eventuali accertamenti in senso contrario, rendono impossibile ritenere le acque di controlavaggio dei filtri delle piscine non assimilabili a quelli domestici. In pratica, al momento  tali acque sono classificabili come scarichi domestici, cosa che ha reso insussistenti i presupposti per il mantenimento del provvedimento di sequestro, inducendo il Gip ad accogliere la richiesta di dissequestro.

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