CRONACA

Accesso agli atti negato, condannati Comune di Procida e Soprintendenza

I due enti sono stati condannati in solido anche al pagamento delle spese di giudizio

I giudici della sesta sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, hanno condannato il Comune di Procida all’esibizione della documentazione richiesta da privati cittadini. Nel contempo, condanna anche in solido il comune di Procida e il ministero dei beni e delle attività culturali al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro millecinquecento, oltre accessori di legge. La condanna arriva dopo che il Comune di Procida lo scorso non ha consentito l’accesso agli atti richiesti a tre privati cittadini proprietari di appartamenti sull’isola. I tre venuti a conoscenza della possibilità che un locale attualmente adibito a deposito posto nelle vicinanze delle loro abitazioni fosse trasformato in esercizio di somministrazione, presentavano il 22 gennaio scorso al comune di Procida e alla soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Napoli una istanza di accesso in base alla legge 7 agosto 1990, n. 241 con cui chiedevano di conoscere: “se sono pendenti procedimenti amministrativi di qualunque tipologia e natura, finalizzati al cambio destinazione d’uso e all’apertura di un nuovo locale ricreativo/esercizio commerciale destinato al pubblico in locale attualmente destinato a deposito e, in caso affermativo, di conoscerne gli estremi, con indicazione del nominativo degli eventuali Responsabili dei procedimenti de quo. In ogni caso, di conoscere, prendere visione ed estrarre copia: di eventuali titoli autorizzativi, atti e/o provvedimenti, anche istruttori e/o endoprocedimentali, di qualunque tipologia e natura rilasciati dal Comune di Procida e/o dalla competente Sovrintendenza in riferimento a quanto sopra esposto, nonché delle relative istanze e richieste”.

A fondamento della istanza era posto l’interesse al mantenimento dello stato dei luoghi (in sostanza nella istanza i ricorrenti sostenevano che la eventuale trasformazione del deposito in esercizio di somministrazione avrebbe pregiudicato – a causa dell’afflusso degli avventori – la vivibilità dell’area e che esso si sarebbe posto in contrato con le “più elementari regole vigenti in materia di sicurezza, igiene pubblica e immissioni” oltre che con la normativa “urbanistico-edilizia e paesaggistica vigente”). Alla richiesta dei tre la soprintendenza è rimasta completamente silente mentre il comune di Procida, dopo un primo riscontro (il 26 gennaio 2021) con il quale chiedeva di meglio precisare il contenuto dell’istanza, si limitava a inviare il 17 febbraio 2021 una opposizione all’accesso presentata – a mezzo del proprio legale – da parte della società locataria del deposito e presentatrice di una s.c.i.a. avente a oggetto lavori da eseguirsi nel deposito in contestazione. In pratica la società in questione contestava genericità dell’istanza e mancanza di situazione legittimante all’accesso. Nel frattempo si formava il silenzio e quindi era proposto il ricorso all’esame con il quale i ricorrenti chiedono che sia ordinata l’esibizione della documentazione da essi richiesta (a partire dalla s.c.i.a. menzionata con tutti i relativi allegati). Il Comune di Procida non si è costituito in giudizio, mentre il ministero dei beni e delle attività culturali si è costituita resistendo al ricorso. Per i giudici amministrativi «L’istanza di accesso presentata dai ricorrenti appare infatti sufficientemente specifica dato che evidenzia chiaramente le informazioni richieste e l’oggetto al quale esse si riferiscono; è ovvio che non può certo pretendersi un maggior grado di specificazione dato che l’accesso è esercitato per definizione da chi non conosce allo scopo di conoscere». I giudici hanno anche sottolineato che «l’interesse dei ricorrenti è chiaramente specificato nella istanza; essi sono proprietari di unità immobiliari poste nelle immediate prossimità del deposito in contestazione e quindi hanno un qualificato interesse a conoscere le iniziative che tale deposito si propongano di modificare o trasformare in esercizio di somministrazione; in questo quadro è abbastanza evidente che – benchè l’istanza non menzionasse esplicitamente il diritto alla difesa della propria proprietà immobiliare – il diritto dominicale fosse la situazione legittimante l’accesso e che quest’ultimo fosse quindi preordinato a conoscere l’esistenza o meno di procedimenti relativi alla trasformazione del deposito al fine di verificarne la legittimità in funzione di difesa della proprietà». Per questo secondo il Tar «i ricorrenti hanno titolo a ottenere i documenti che hanno richiesto ovviamente nei limiti in cui esistano (e almeno una s.c.i.a. presentata dalla società e avente a oggetto lavori da eseguirsi presso il deposito esiste e quindi va consegnata in copia)». Per tale motivo i giudici della sesta sezione del Tribunale Amministrativo regionale della Campania hanno ordinato al Comune di Procida ed alla Soprintendenza di «di esibire la documentazione richiesta; con riferimento alla soprintendenza va puntualizzato che l’obbligo di esibizione sussiste nei limiti in cui siano stati attivati procedimenti di sua competenza; ove ciò di fatto non sia avvenuto l’amministrazione rilascerà attestazione della circostanza ai ricorrenti». Nel contempo Comune e Soprintendenza sono stati condannati al pagamento delle spese legali quantificate in mille e 500euro.

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