LE OPINIONI

IL COMMENTO L’isola che è fuori dal coro

Il coro è un gruppo di persone che utilizzano la voce per creare sinfonie, vocalizzi, canti unendo le diverse tonalità della voce. Vi sono differenti modi di cantare per un coro. Possono unire le forze cantando all’unisono o suddividendo il canto in diverse parti ottenendo un effetto più complesso, ma si canta insieme cercando di condividere lo stesso pensiero. I primi esempi di esecuzioni corali si fanno risalire agli antichi greci che utilizzavano il coro durante le tragedie che si svolgevano rappresenta un gruppo omogeneo di personaggi, che agisce collettivamente sulla scena insieme agli attori. Esso è presente in tutti e tre i generi teatrali dell’antica Grecia: tragedia, commedia e dramma satiresco. I membri del coro, detti corêuti, camminano o danzano all’unisono, commentano con canti ciò che avviene sulla scena e talvolta intervengono direttamente nell’azione. Spulciando qua e là ho cercato di dare una descrizione di quello che può rappresentare un coro. Ebbene Ischia non ce l’ha. Possono cantare in chiesa, possono mettere in scena le varie promesse nelle campagne elettorali ma poi di fatto un coro che possa dialogare in maniera omogenea ad Ischia non esiste. Ci sono sei comuni, sei sindaci con altrettante giunte comunali, senza essere legate fra di loro. Ognuno va per conto suo. Come se quello che accade in un paese che non è di loro pertinenza, non è importante, come sta in un altro lato del mondo. Sicuramente ci sono delle esigenza che differenzia i vari comuni, ma un filo conduttore che possano almeno guardare in una direzione comune, lo dovrebbero trovare. Se si parla così male della nostra isola è perché non siamo capaci di difenderla abbastanza e continuiamo a farci trattare da serie b. 

Cosa è successo a Novembre? Una tragedia che è costata la vita a dodici persone, tutti giovani strappati nel cuore della notte, il dolore dei familiari è stato talmente forte da non volere rappresentanti del Governo nemmeno ai funerali. Ma i giorni della rabbia piano piano lasciano il posto comunque a quel dolore che diventa più silenzioso ma diventa come un vestito da indossare tutti i giorni e fa parte del Governo, non si è ancora visto nessuno ad abbracciare una madre, ad accarezzare la guancia ad un padre, a cercare di far sentire la presenza di uno Stato che non è stato vigile abbastanza e dopo che è successa la tragedia, ha permesso di ammazzarci due volte, con le ingiurie, le solite etichettature, permettetemi di dire che non hanno usato contro l’Emilia Romagna nostra sorella per sventura, le Marche oppure il nubifragio di ieri a Bardonecchia. I motivi sono gli stessi, l’incuria del territorio ma mentre noi veniamo accusati di essere complici delle nostre sciagure, in altre località i politici vanno a spalare il fango, da noi nonostante le dodici vittime, il fango ce lo hanno spalmato addosso. Cosa c’entra una riflessione come questa in piena estate? Un proverbio dice che agosto annunzia l’inverno, quella stagione in cui tutto si addormenta per un po’, quella stagione in cui dovremmo diventare un solo coro, per avere la forza di un’isola intera che dimostra di non meritare nessun tipo di appellativi e soprattutto di non farci trattare da serie B. Per adesso, siamo fuori dal coro.

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