LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Di osservatori – disperati – e dibattiti pubblici»

Si può ancora discutere in pubblico, su quest’isola, di questioni sociali senza preoccupazioni meramente elettoralistiche? Come si potrebbe fare? Si potrebbe immaginare uno spazio più strutturato e dunque civicamente più responsabile? Sarebbe interessante che ci fossero delle occasioni pubbliche per dialogare, per ragionare su quel che sta succedendo a Ischia nella sua interezza e in ogni aspetto (economico, sociale, umano). Perché di cose qui, a dire il vero, ne sono successe anche negli scorsi mesi e in questi ultimi giorni. Per esempio l’aggressione da parte di quattro giovani al ragazzo che si è “permesso” di denunciare la presenza di una piazza di spaccio a Monterone proprio nel comune di Forio, non dovrebbe essere una cosa da prendere sottogamba.

Si può ancora discutere in pubblico, su quest’isola, di questioni sociali senza preoccupazioni meramente elettoralistiche? Come si potrebbe fare? Si potrebbe immaginare uno spazio più strutturato e dunque civicamente più responsabile? Sarebbe interessante che ci fossero delle occasioni pubbliche per dialogare, per ragionare su quel che sta succedendo a Ischia nella sua interezza e in ogni aspetto (economico, sociale, umano)

Al contrario si tratta di un segnale che qualcosa si è frantumato, è mancato alla base, pure se le difficoltà nel non volerne prendere atto sono molte o gli uomini della Polizia diretti dal vice Questore Ciro Re – insieme alla presenza costante di Carabinieri e Guardia di Finanza – hanno mostrato che le Forze dell’Ordine e lo Stato ci sono. Il punto però è un altro. Come mai un quartiere come Monterone si è ridotto in questo stato? Chi avrebbe dovuto vigilare e non abbandonarlo a se stesso, amministrazioni comprese, e si è scordato di farlo? Infine, siamo sicuri che l’accaduto nel quartiere popolare di Forio riguardi soltanto quel Comune e non invece il resto dell’isola? Si tratta della stessa domanda che si potrebbe porre per Casamicciola e a chi oggi pensa solo a elezioni e strategie da applicare il prossimo maggio per tentare di vincere – allo stato attuale non si sa che cosa – con maggioranze aritmetiche facendo ballare i numeri su un cadavere sociale.

Per tornare alla domanda iniziale, anche per cercare una possibile risposta, un modo per affrontare questioni pubbliche che interessano cioè tutti, sarebbe fare dei pubblici dibattiti come quello organizzato presso l’albergo Royal Sunset, a Forio il prossimo 6 febbraio, che vedrà la partecipazione del magistrato antimafia Catello Maresca. Si potrebbe “uscire” perciò dalla piazza virtuale dei social, scollare le natiche dal divano e dalla tastiera che non consentono il confronto vero e proprio, e ricostruire la discussione tra chi ha il dovere di amministrare (o ha in mente di farlo), proprio perché se n’è assunto uno volontariamente e chi, in questo caso i singoli cittadini, ha il diritto di fare domande, chiedere conto di quanto ancora c’è da fare e come si vuole raggiungere questo scopo come delle ragioni che rallentano o hanno frenato questo “fare”. Per esempio si potrebbe chiedere a quelli che hanno creduto alla politica delle “promesse” (poi non mantenute), come hanno fatto a crederci e a chi le ha gettate alla folla come si è permesso di fabbricare e imbrogliare la credulità popolare?

L’aggressione da parte di quattro giovani al ragazzo che si è “permesso” di denunciare la presenza di una piazza di spaccio a Monterone proprio nel comune di Forio, non dovrebbe essere una cosa da prendere sottogamba. Al contrario si tratta di un segnale che qualcosa si è frantumato, è mancato alla base, pure se le difficoltà nel non volerne prendere atto sono molte o gli uomini della Polizia diretti dal vice Questore Ciro Re – insieme alla presenza costante di Carabinieri e Guardia di Finanza – hanno mostrato che le Forze dell’Ordine e lo Stato ci sono

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Sarebbe lecito domandare perché nelle dichiarazioni degli amministratori che si alternano sui quotidiani, non si fa mai cenno dei problemi che sono costretti ad affrontare i malati oncologici o, ancora, che tipo di azioni vuole percorrere la politica locale quando si parla di questioni che interessano i lavoratori stagionali, spesso costretti a lavorare a condizioni disumane oltre l’orario di lavoro con straordinari non retribuiti e permessi pagati solo “sulla carta”? Oppure, per concludere, per quale motivo finora per la vita privata e lavorativa di tutti, per studiare la società isolana non si è pensato di raccogliere dati sugli usi e sulle attività sociali ed economiche componenti della stessa leggendo in anticipo le eventuali scelte da compiere (che spettano, perciò, soprattutto alla politica)? Magari ciò potrebbe avvenire anche al cospetto di “osservatori privilegiati” che lontani dal “comportamento dettato dalla speranza” e perciò più vicini all’azione, il filosofo e sociologo tedesco Jurgen Habermas colloca nella “sfera pubblica”. Proprio a questi osservatori andrebbe attribuita – e riconosciuta – in ogni caso una specifica responsabilità nell’opinare collettivo, nella richiesta e nell’obbligo di essere come i casellanti in autostrada, pronti a chiedere conto – attraverso il pagamento – del passaggio al casello. David Foster Wallace, scrittore e saggista americano morto suicida nel 2008, per la cerimonia delle lauree al Kenyon College in Ohio il 21 maggio 2005, si presentò con una storiella. «Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”». La storiella ha diversi significati e da ogni livello può trarsi una lezione che ognuno per sé e sempre se non gli comporta difficoltà, potrebbe imparare a interiorizzare per scoprire dopo, per quanto gli è possibile, di guardare punti di vista differenti. Forse potrebbe trattarsi di fantastiche prospettive che fino a quel momento (gli) sono state precluse, tanto a causa della forza stagnante dell’oscurantismo mentale, quanto da quella delle certezze acquisite. Chi legge non deve prenderlo come un insulto ma solo come la naturale osservazione secondo la quale c’è chi può arrivare a certi livelli di comprensione seguendo i suoi tempi, e chi, all’opposto, non ci arriva perché non gli interessa (e non è detto che debba interessargli per forza). La storiella dei pesci insomma è significativa. La metafora può adattarsi al quotidiano di ognuno come ai grandi fatti che spesso ci coinvolgono. La prima cosa che potrebbe apparire evidente, è il ruolo. C’è un pesce più grande e due più piccoli. Fuor di metafora si tratta dell’esperienza o del ruolo sociale. In genere, con riferimento a quest’ultimo, più è elevato più vi dovrebbero corrispondere pari saggezze ma non sempre è così. Anzi forse non è mai così, salvo rare eccezioni. Comunque, questa roba dell’esperienza deve essere meravigliosa. Non si capisce per quale motivo una stessa esperienza – appunto – possa avere un significato diverso. Diventa un problema quando si perde di vista l’obiettività e si ragiona, invece, per partito preso sbagliando indirizzo e comportamento (come a Casamicciola).

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Si potrebbe chiedere a quelli che hanno creduto alla politica delle “promesse” (poi non mantenute), come hanno fatto a crederci e a chi le ha gettate alla folla come si è permesso di fabbricare e imbrogliare la credulità popolare? Domandare perché nelle dichiarazioni degli amministratori che si alternano sui quotidiani, non si fa mai cenno dei problemi che sono costretti ad affrontare i malati oncologici o che tipo di azioni vuole percorrere la politica locale quando si parla di questioni che interessano i lavoratori stagionali, spesso costretti a lavorare a condizioni disumane oltre l’orario di lavoro con straordinari non retribuiti e permessi pagati solo “sulla carta”?

Senza alcuna occasione di costruire, a questo punto, un dialogo su cui fondare un confronto e nella tendenza di non voler raggiungere un’intesa si resta prigionieri di una mentalità chiusa, una trionfale cornice di cui l’isola offre degne diapositive che contribuiscono a comporre il ruolo sociale di ogni individuo (o a fargli credere di averne uno). Una bolla. Di chi crede che le proprie convinzioni debbano diventare di tutti e quelli che non le seguiranno saranno perciò oggetto d’ira e resistenza da parte dei primi. Il modo più semplice che percorrono in tanti, oltre che stupido, è creare una scissione tra squadre perché il pensiero dominante che si attiva in funzione preordinata e quasi automatica, è che siamo noi il centro attraverso cui passa il mondo e perciò non servirà a niente un dibattito pubblico in cui “sfidarsi” e affidarsi al peso delle argomentazioni che proprio Habermas individua tra gli elementi necessari per la costruzione di un agire comunicativo. Infine, David Foster Wallace nel discorso, sempre rivolto agli studenti del Kenyon college, diceva pure che una cosa difficile, da grandi, è scegliere quello che pensi, perché «imparare a pensare (e ad argomentare, aggiungo), vuol dire, in effetti, imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi e significa pure essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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