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Accusato di guidare sotto l’effetto di cannabis, assolto: l’esame non è “vangelo”

ISCHIA. A prima vista potrebbe trattarsi di una semplice assoluzione, come le tante che vengono decretate  quotidianamente nelle aule di Tribunale. Eppure la decisione del giudice penale della sezione di Ischia del Tribunale, in una vicenda relativa a un sinistro stradale, potrebbe essere foriera di conseguenze importanti in quanto può costituire un rilevante precedente dal punto di vista giurisprudenziale.

Circa quattro anni fa, nell’aprile del 2015, un incidente stradale si verificò a Forio, sulla via Provinciale Lacco-Forio in corrispondenza del distributore Agip, tra un’autovettura e una motocicletta.  Della ricostruzione della dinamica se ne occuparono i Carabinieri: dai rilievi effettuati, secondo i militari, la motocicletta condotta da P.V., nel percorrere la via Provinciale in direzione del centro di Forio, nel notare l’automobile proveniente dal senso opposto immettersi all’interno del distributore di carburanti, a causa della velocità piuttosto sostenuta frenò bruscamente, rovinando subito dopo sull’asfalto. Il motociclo, senza più controllo, andò a urtare la fiancata della vettura.  Sul manto stradale, i Carabinieri infatti rilevarono lunghe tracce di frenata, di oltre sei metri,  seguite poi da tracce di scarrocciamento per varie decine di metri. Il conducente della macchina, una Fiat Seicento, venne contravvenzionato perché aveva cercato di accedere all’area del distributore imboccando il senso vietato, nonostante l’apposita segnalazione del cartello.

Tuttavia, e questo è il cuore della vicenda, anche nei confronti del conducente della motocicletta, venne elevata contravvenzione, non soltanto per la “velocità non commisurata alle situazioni ambientali”, ma anche per “guida sotto l’influenza di stupefacenti”. Quest’ultima circostanza venne accertata mediante una serie di esami sulla persona, richiesti al Laboratorio Analisi dell’Ospedale “Anna Rizzoli” di Lacco Ameno: da essi emerse che P.V. risultava positivo ai cannabinoidi. Il giovane comunque riportò una serie di lesioni e fratture nell’impatto col suolo al punto da rendere necessario il ricovero presso un nosocomio della terraferma, dove venne elitrasportato in “codice rosso”.

Parallelamente, arrivò il rinvio a giudizio, in virtù del quale P.V. venne “imputato del reato previsto e punito dall’articolo 187 comma 1, 1 bis e 1 quater del Codice della Strada, perché in condizioni di alterazione correlata all’uso di sostanze stupefacenti, in particolare Cannabinoidi, si poneva alla guida del motociclo Mv Agusta modello “Brutale”, rimanendo coinvolto in un incidente stradale con un’autovettura Fiat Seicento”.

Per la difesa del giovane, sostenuta dall’avvocato Michelangelo Morgera, il punto focale della questione si giocava sul riuscire a dimostrare che al momento dell’incidente l’imputato non fosse ancora in stato di alterazione causata dall’assunzione di cannabinoidi. Innanzitutto, venne prodotto il referto del Pronto Soccorso nel quale si attestava che il giovane era “lucido orientato nel tempo e nello spazio”, e la scheda clinica sullo stato psicofisico compilata presso l’Ospedale Rizzoli, che confermava l’integrità dello stato della coscienza, e negava qualsiasi stato di alterazione psico-fisica.

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Tuttavia, non sarebbe stato facile disinnescare la “pistola fumante”, costituita dagli esami e dalle analisi che accertarono l’assunzione di cannabinoidi da parte dell’imputato. La strategia difensiva si è dunque focalizzata sull’affidabilità della tipologia di esami condotti nell’immediatezza dei fatti. Durante il dibattimento l’avvocato Morgera chiamò a testimoniare un consulente il quale spiegò che il test delle urine, come quello praticato all’imputato, poteva sì accertare l’assunzione della sostanza, ma che tale assunzione poteva risalire anche a diversi giorni o settimane precedenti al momento dell’esame, quando ormai da tempo il principio attivo della sostanza non ha alcuna influenza sulla guida o sullo stato psicofisico del soggetto. Molto più affidabili in tal senso, secondo il consulente, sarebbero stati gli esami ematici, in quanto dall’analisi del sangue sarebbe stato possibile comprendere se la sostanza avesse potuto esplicare ancora i suoi effetti al momento dell’incidente. La tesi difensiva andava quindi a rovesciare la prassi sinora seguita, nella quale gli esiti delle analisi delle urine venivano considerati perfettamente indicativi per risalire allo stato psicofisico del soggetto esaminato e dunque all’influenza della sostanza, convinzione peraltro largamente accettata con costanza come testimoniato dalle pronunce giudiziarie. Sarebbe potuto apparire quindi un azzardo contestare tale tendenza, ma il giudice ha invece sostanzialmente accolto la tesi dell’avvocato Morgera, mandando assolto il suo assistito ai sensi dell’articolo 530 comma 2 perché “il fatto non sussiste”. Dunque, come accennavamo in apertura, tale verdetto potrebbe modificare l’orientamento giurisprudenziale nei tanti casi analoghi in cui viene contestato lo stato di alterazione rilevando tramite l’esame delle urine l’assunzione di cannabinoidi.

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Francesco Ferrandino

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