LE OPINIONI

IL COMMENTO La donna in salsa sanremese

DI ARIANNA ORLANDO

Oggi parliamo di un individuo speciale e fortemente raro: la donna sanremese. La donna sanremese è quel tipo di essere umano che necessariamente deve avere qualcosa da dire e mostrare al di là della meccanica bellezza e deve, per forza di cose, dimostrarsi all’altezza dell’abito che porta, nuotare agilmente per non annegare tra il mantra del “ma perché le donne non dicono niente?”. Il problema di una donna quando, ad esempio, indossa un abito dal nome importante è il rischio che quel vestito e il suo marchio la sommergano. Non basta indossare uno Schiaparelli, un Versace, un Yves Saint Laurent o un Max Mara, non basta mai. Bisogna avere un certo carattere, una certa caratura e un certo proprio splendore, una certa personalità, una certa propensione al non essere ricca in maniera vistosa o all’essere ricca silenziosamente, all’essere ricca in un modo che non ha nulla a che fare con i soldi o all’essere essenzialmente di classe, per non sopperire, per non essere un manichino ridicolo che interpreta malamente un nome che non gli appartiene.

È necessario essere una creatura capace di apparire nuda, completamente nuda, e non sembrare nemmeno in quel caso volgare (che non è sinonimo di sensuale), è necessario essere implicitamente qualcuno capace di donare sole e splendore persino al più umile dei “cencini”, è necessario già essere “sè” per essere “sè in abito Dior” altrimenti il risultato che si ottiene è una smarginatura: un abito che dilaga, si allarga, sovrasta, sommerge, ricopre totalmente la persona che lo porta. La persona dov’è? Chi è? La moda non è quella cosa che puoi portare al braccio come se fosse niente, la moda è una cosa preziosa, è un’espressione di arte, è un modo di dipingere o di scolpirsi, è una comunicazione non verbale molto molto eloquente. E io ho visto in questo Sanremo qualcuno, qualche donna, smarrirsi negli abiti che portava. Ed è stato triste constatare che il capitalismo ancora e più che mai sacrifica la carne umana per divinità panciute e sempre più opulente: io me le immagino come grandi statue di Buddha in oro queste divinità, che mangiano aragoste strappandole con i denti e che, senza posate, si servono direttamente dai banchetti lauti. E queste divinità sono affamate, queste divinità sono gli spettri dietro ai media, dietro alle masse messi in-colte, dietro al kitsch.

Il fatto stesso di determinare la presenza di una donna a Sanremo in vista di “saprà dimostrare di essere bella e non solo brava” e di “saprà dimostrare di essere brava e non solo bella” è già una implicita richiesta di smentire una specie di sottintesa inferiorità. Sul palco di Sanremo la vera donna anti-Sanremese, poiché appunto Sanremo ha questa tendenza di assolvere la bellezza con le presunte “qualità più alte”, è stata Chiara Francini. Chiara Francini è stata un animale indomabile che ha usato Sanremo senza che se ne lasciasse usare. Ha dominato la sua professione, ha dominato il palco, ha tenuto il corpo bellissimo chiuso in abiti bellissimi senza che il messaggio la prevaricasse. Chi è Chiara Francini? Una conduttrice? Un’attrice? Dove l’ho già vista? È proprio brava! E anche se si “è esibita” all’una di notte di un qualsiasi venerdì sanremese, quell’esibizione è stata grandiosa.

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