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«Affidiamo gli appalti ai magistrati»

Non conosco naturalmente gli atti dell’inchiesta che ha portato agli arresti – tra gli altri –di professori noti e stimati di più facoltà dell’ateneo federiciano, amministratori pubblici, professionisti, imprenditori, mediatori, ma anche esponenti di imprese riconducibili alla criminalità organizzata di Napoli e provincia. Penso sempre che un giudice terzo abbia vagliato quelle accuse e abbia valutato gli indizi raccolti gravi, precisi e concordanti, almeno per l’applicazione di una misura cautelare. Così mi è stato insegnato dall’eccezionale professor Giuseppe Riccio e così spero sia accaduto. Spero. Ma resto sempre assai turbato quando si associano le posizioni di stimati professionisti che – intendiamoci – come tutti possono compiere errori in una complicata procedura di gara per superficialità, fiducia negli altri commissari o in chi li ha nominati, distrazione o semplicemente inconsapevolezza d’essere finiti di un sistema ben più grande, alle posizioni di imprese dai nomi assai pericolosi.

Mi turba molto per almeno due motivi. Perché a tanti docenti universitari – non a tutti – magari si può contestare un certo familismo, la voglia di cooptare come avviene da qualche secolo i futuri professori, le cordate per le cattedre, ma non di fare affari con la camorra, pilotare gare, truccare appalti, favorire imprese. Anche se mi rendo sempre più conto che operare nel sistema degli appalti pubblici in ambiti territoriali ad alta densità di infiltrazione criminale presenta – per ciò solo – un elevatissimo rischio professionale.

Da modesto operatore del diritto amministrativo, di quelli che devono da anni sedare l’ansia con i farmaci, per convivere col rischio professionale che oramai caratterizza l’attività amministrativa in Italia e negli enti locali, mi chiedo se esistano rimedi a questo stato di cose. La nonna diceva sempre “Male non fare, paura non avere”. Ma sono molti anni che non credo basti più. Il legislatore ha cercato dei rimedi. Ci ha provato prima con la Consip e le Centrali Uniche di Committenza per evitare che ogni amministrazione di quattro gatti e qualche volpe, fosse alle prese con le gare, ma di rinvio in rinvio, le centrali non sono ancora decollate. E poi le recenti inchieste hanno disvelato grandi rischi di inquinamento delle procedure di gara anche a livello centrale. La Consip ha fatto scuola.

Visto che in Italia la separazione dei poteri è oramai un residuato, si potrebbe provare ad affidare tutte le gare per appalti ad una Centrale Unica di Committenza istituita per legge dove lavorino solo magistrati. Qualunque Comune, Provincia o Regione italiana che deve appaltare dei lavori presenta il progetto alla Centrale Unica che nel giro di un mese gli dà il nome della ditta sorteggiandolo con un bussolotto da un elenco per categoria di lavori più o meno importanti. Finirebbe per sempre non solo il criterio del massimo ribasso cui già s’è posto fine, ma anche il criterio assai fumoso dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Lavoro a prezzo pieno. Il progetto sempre pubblico. Nessun rapporto tra Ente territoriale e impresa. Tutti i saldi attraverso la Centrale unica che darebbe lavoro a centinaia di migliaia di magistrati che risponderebbero direttamente delle operazioni.

Così i Sindaci potrebbero pensare a rilasciare carte d’identità, celebrare matrimoni, conferire cittadinanze onorarie, occuparsi degli archivi comunali, organizzare scuolabus, amministrare insomma, che è cosa diversa dall’avere rapporti con le imprese, i cittadini per i lavori male eseguiti potrebbero prendersela con i magistrati che non hanno vigilato e gli anomali andamenti dei lavori potrebbe pagarseli lo Stato anziché i comuni che finiscono in dissesto. In caso di corruzione i magistrati potrebbero arrestare altri magistrati e la Corte dei Conti convenire in giudizio i magistrati responsabili. I professori universitari resterebbero solo a far lezione in facoltà e nei comuni, alla provincia e alla regione andrebbero a fare degli stage gratuiti per funzionari che devono imparare a rilasciare carte d’identità elettroniche e compilare i divorzi brevi per i separati consenzienti. All’autonomia locale si sostituirebbe un nuovo centralismo. Giudiziario. Per tutti i professori varrebbe il tempo pieno con divieto di esercitare qualunque professione. Magari anche di marito o moglie e genitore. Perché l’insegnamento è una missione e assorbe assai. Si potrebbe provare.

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