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Aggredì l’ex moglie con una spranga: condannato

Condannato a dieci mesi di reclusione, al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese processuali. È questo il dispositivo della sentenza emesso dal giudice Capuano giovedì scorso nei confronti di V.P., 53enne ischitano accusato di ingiurie, minacce, lesioni personali e violenza privata nei confronti dell’ex moglie, la 49enne S.P. I fatti risalgono a oltre sei anni fa quando, come si legge nel decreto di citazione a giudizio “all’interno di un’area adibita a parco giochi, gestito dalla società di cui erano entrambi soci”, l’imputato “dopo aver apostrofato la ex moglie con parole offensive [..] ed aver minacciato di ucciderla, cercava di colpirla con una spranga di ferro, non riuscendo nell’intento per la reazione pronta della donna che schivava il colpo; quindi, chiudeva a chiavi il cancello della predetta area, in cui si trovava la ex moglie con altre persone e si allontanava fino all’arrivo dei Carabinieri sollecitati dalla donna”. Teatro della vicenda fu una sala giochi di Forio, dove la signora insieme a altre tre persone si era recata per procedere alla sostituzione e all’installazione di alcuni giochi.

Mentre erano intenti a effettuare tali operazioni, sopraggiunse improvvisamente l’imputato che cominciò a rivolgersi in modo minaccioso ai presenti, urlando: “Uscite subito fuori! Questa è la mia proprietà, andatevene!”. Ma l’obiettivo principale di tale irruenza era naturalmente l’ex coniuge, verso cui vennero scaricate diverse espressioni ingiuriose: “Morta di fame, pezzente, stronza, puttana!” fino alle minacce vere e proprie: “Ti devo uccidere, te l’ho detto e prima o poi lo faccio, ti ammazzo!”. La sequenza di espressioni ostili continuò fino a che il Patalano afferrò appunto una spranga di ferro con cui provò a colpire la donna, che grazie a un gesto fortuito riuscì a eludere il colpo. Anche un altro dei presenti fu oggetto delle “attenzioni” dell’imputato, che tentò di afferrarlo per un braccio, fallendo grazie alla prontezza dell’altro. Dopo la sfuriata, il Patalano si portò all’estremità del parco giochi, chiudendo repentinamente a chiave il cancello d’ingresso, di fatto “segregando” all’interno la donna e i suoi collaboratori. Soltanto l’arrivo dei militari indusse l’imputato a riaprire il cancello.

La signora, assistita dall’avvocato Michelangelo Morgera, ha visto sostanzialmente accolte tutte le proprie richieste, a partire dal riconoscimento delle lesioni personali. Il professionista ha infatti dimostrato che il reato di lesioni personali volontarie costituisce quello che in gergo giuridico viene definito un delitto d’evento a forma libera, che quindi può essere commesso con qualunque mezzo idoneo, anche con una condotta priva di violenza fisica (che invece è necessaria per configurare il reato di percosse). Quindi, pur se l’aggressione è stata “soltanto” verbale, le sue conseguenze a livello psichico e anche fisico (nella forma di stress, palpitazioni e stato ansioso) sono ritenute  dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione penale come rientranti nella nozione di lesione. Diversi sono stati gli elementi portati nel processo a supporto della ricostruzione dell’avvocato Morgera: oltre alle informazioni raccolte dai presenti, sono state allegate diverse fotografie che ritraevano il Patalano nell’atto di chiudere il cancello impedendo l’uscita dal parco giochi alle quattro persone, e ovviamente il certificato di visita con la copia del referto medico rilasciata dall’ospedale Rizzoli dove l’ex moglie dell’imputato si era recata dopo l’aggressione.

L’unica accusa da cui quest’ultimo è stato scagionato è quella di ingiurie, ma per il resto il giudice Capuano ha accolto integralmente la ricostruzione del difensore della parte offesa: in particolare, è stato accolto il vincolo della continuazione tra le restanti fattispecie (lesioni personali, violenza privata e minaccia), condannando l’imputato, oltre ai dieci mesi di reclusione e al risarcimento dei danni da liquidarsi, anche al pagamento delle spese processuali per la parte offesa quantificate in € 1.500,00. La pena è sospesa. Le motivazioni della decisione saranno depositate più avanti.

Francesco Ferrandino

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