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Ricostruzione, no alla delocalizzazione a priori

DI ANTONIO LONGOBARDI *

E così il 21 agosto 2018 è arrivato, ed è anche volato via. E’ passato un anno, dodici mesi, trecentosessantacinque giorni. Da quel 21 agosto 2017, quando quella violenta scossa di terremoto colpì e ferì mortalmente la parte alta di Casamicciola e Lacco Ameno, oggi mi resta una sola sensazione.: Chiara, marcata, netta: che si sia perso un anno, buttato letteralmente via per quanto concerne la ricostruzione. Si è pensato solo all’emergenza , tralasciando del tutto l’avvio della fase progettuale relativa alla ripartenza, ovviamente stilando tutte le regole del caso con l’augurio di una figura o uno staff qualificato. Questo lo ripeterò fino alla noia,:aspettare la fine dell’emergenza per poi mettere mano alla ricostruzione ha rappresentato un’incredibile follia, senza dubbio l’errore esiziale nella gestione di questo terremoto. Bisognava partire subito, anche se è innegabile che ci sono tantissimi problemi da affrontare non di poco conto.

Da poco è stato ufficializzato il commissario per la ricostruzione, nella persona del Prefetto Carlo Schilardi. Il quale tra l’altro si è insediato proprio il 22 agosto dopo essere stato nominato non più tardi di due settimane orsono. Questo iter andava portato a compimento qualche settimana dopo il drammatico sisma, non certo con questo ritardo: io avrei proceduto con immediatezza alla sua investitura, adesso ci troviamo in una condizione a dir poco surreale, è come se il calendario si fosse fermato al 22 agosto 2017. e invece non è così, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili per cittadini e imprese. Stiamo cominciando appena in questi giorni a fare discorsi che dovevano avere inizio, e mi scuso se sono ripetitivo, molto prima.

Tutti abbiamo voglia di ritornare presso le nostre case e in quelli che sono sempre stati i nostri abituali luoghi lavorativi, però dobbiamo farlo in modo sicuro e stabile. Ma su una cosa devo essere chiaro: l’obiettivo è tornare nei luoghi colpiti dal sisma, assolutamente. Guai a parlare di delocalizzazione, questo lo sottolineo a gran voce, significherebbe sradicare centinaia di persone (in particolare gli anziani, che ne soffrirebbero non poco) che sono nati, vissuti e cresciuti in quei posti. E’ chiaro che oggettivamente dove questo non sarà possibile bisognerà studiare soluzioni alternative, ma non esiste parlare di delocalizzazione a priori e a prescindere. Nelle aree colpite dal sisma ci sono la nostra storia, le nostre tradizioni, i nostri ricordi e bisogna fare in modo che questo “tesoro” non venga disperso.

Cosa mi aspetto da oggi? Troppo facile rispondere, un’accelerazione netta e decisa, Abbiamo il dovere di crederci, la speranza deve essere il sentimento prevalente. Se ci penso, è stato un anno in cui davvero tutto ha girato storto, credo che in queste lungaggini – ad esempio – abbiano avuto un ruolo determinante anche le elezioni politiche di quest’anno e l’incredibile arco di tempo occorso per la formazione del nuovo governo. E’ stata una concatenazione di eventi davvero disgraziata, ma adesso auspico che il peggio sia alle spalle. Ma un anno dopo mi resta soprattutto un’amara riflessione: alle volte facciamo programmi per il futuro, di svariata natura, e poi bastano cinque secondi a infrangere sogni, progetti e aspirazioni. E’ la caducità delle vita e delle cose umane, ma adesso è l’ora di rialzarsi. In fondo, non può piovere per sempre…

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