CRONACAPRIMO PIANO

Aggressione al poliziotto,ecco perché D’Abundo è stato assolto

Pubblicate le motivazioni della sentenza che, accogliendo le argomentazioni dell’avvocato Gianluca Maria Migliaccio, aveva ribaltato il verdetto di primo grado

La Corte d’Appello di Napoli ha puntualmente depositato le motivazioni della sentenza con cui la scorsa primavera aveva decretato l’assoluzione per Antonello D’Abundo. Come alcuni ricorderanno, l’imprenditore ischitano era rimasto coinvolto in un episodio verificatosi nel dicembre dell’ormai lontano 2014, per il quale in primo grado era stato condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni fisiche. Tuttavia in appello la Corte ha accolto le argomentazioni portate dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio ribaltando il verdetto, e mandando assolto D’Abundo “perché il fatto non costituisce reato” in relazione alla contestata resistenza, mentre per l’accusa di lesioni era stato dichiarato il difetto di querela, previa esclusione dell’aggravante dell’aver agito contro un pubblico ufficiale. L’esito è stato proprio quello auspicato dalla difesa. Per i fatti di quell’11 dicembre 2014,D’Abundo fu rinviatoa giudizio appunto per due capi d’accusa: il primo per il reato previsto dall’articolo 337, in quanto “usava violenza e minaccia nei confronti dell’assistente capo della Polizia di Stato Maurizio Bianculli per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio o del servizio. Nella fattispecie non ottemperava all’invito, che l’Assistente gli aveva rivolto, di esibire i documenti di circolazione ed assicurativi dell’autovettura Mercedes cl.B tg EN776SB su cui si era posto alla guida e innestata la marcia tentava dapprima di investirlo e poi, al tentativo dell’Assistente di Polizia di fermarlo, reagiva bloccandogli la mano destra nel finestrino della portiera lato guida e trascinandolo per alcune centinaia di metri”. Il secondo capo d’imputazione era relativo al reato previsto “dall’articolo 81 cpv, 582, 585 in relazione all’articolo 576 c.5 bis del codice penale, perché al fine di commettere il reato di resistenza a pubblico ufficiale e in esecuzione del medesimo disegno criminoso, provocava a Maurizio Bianculli lesioni personali giudicate guaribili in sette giorni”.I fatti ebbero un prologo poche ore prima, quando l’auto di Bianculli secondo quest’ultimo fu urtata dalla vettura condotta da D’Abundo. I due conducenti non riuscirono a trovare un accordo sulla responsabilità del sinistro, e quello stesso pomeriggio si ritrovarono in un’officina, dove avvenne il vero e proprio “scontro” tra i due, come descritto nel capo d’imputazione prima citato.

Secondo la Prima Sezione Penale della Corte, l’appello articolato dall’avvocato Migliaccio è fondato e andava accolto. I giudici hanno ritenuto infatti che debba essere accolta l’istanza difensiva sia per il primo capo d’accusa sia per il secondo, in termini di non procedibilità, nel presupposto del mancato raggiungimento della prova della conoscenza e conoscibilità della qualifica di pubblico ufficiale della persona offesa in relazione a entrambi gli illeciti. Ferma restando la ricostruzione delineatasi nel processo di primo grado, la Corte d’Appello ritiene che le risultanze dibattimentali non consentano di ritenere provata “al di là di ogni ragionevole dubbio la consapevolezza da parte dell’imputato della qualifica di pubblico ufficiale”, richiesta ai fini della contestazione del reato previsto dall’articolo 337 e dell’aggravante prevista dall’articolo 576 del codice penale.

Sebbene non ci siano dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni del pubblico ufficiale Bianculli, del resto adeguatamente riscontrate, a giudizio della Corte non risulta invece raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio dell’elemento soggettivo relativo alla sua qualifica di pubblico ufficiale, visto che appare del tutto estemporanea e di difficile percezione da parte di qualunque soggetto l’esternazione della qualifica di pubblico ufficiale rivestita dalla vittima proprio a causa della dinamica dei fatti da lui stesso riferita. Su questo punto, i giudici evidenziano come nessuna menzione sulla qualità di p.u. ricoperta dal Bianculli sia stata fatta dalla persona offesa all’imputato, né al momento dell’incidente, né al momento dell’incontro in officina. In tale contesto, il tentativo del Bianculli di fermare D’Abundo sulla pubblica via, sia pure per verificare la copertura assicurativa e dopo essersi qualificato, ma in abiti civili, senza esibire la paletta d’ordinanza e ponendosi davanti alla vettura del D’Abundo mentre quest’ultimo si stava allontanando dall’officina alla guida della propria auto, può essere logicamente percepito come una limitazione del tutto arbitraria, o addirittura un’aggressione ingiustificata da cui sottrarsi, con una reazione che, per quanto dannosa, secondo la Corte non appare avere i connotati certi dell’opposizione al compimento di un atto di un pubblico ufficiale.

La Corte d’Appello ha ritenuto che le risultanze dibattimentali non consentano di ritenere provata “al di là di ogni ragionevole dubbio la consapevolezza da parte dell’imputato della qualifica di pubblico ufficiale” della parte offesa, vista la dinamica dei fatti

In sintesi, se la situazione soggettiva di colui che agisce costituisce un elemento della fattispecie, essa si deve riflettere anche nel momento conoscitivo del dolo. Se manca oggettivamente la possibilità di conoscenza della qualità di pubblico ufficiale, non può esserci consapevolezza dell’offesa. E nel caso in questione secondo la Corte non esiste la prova oltre ogni ragionevole dubbio. Queste argomentazioni valgono anche per la circostanza aggravante prevista dall’articolo 576 comma 5, che va esclusa perché non può qualificare in termini peggiorativi il fatto, visto che non è attribuibile consapevolmente all’imputato, che è stato quindi assolto.

Ads
Ads

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex