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Agricoltura di qualità: un ritorno alle origini che offre prospettive

Di Isabella Puca

Foto Tommaso Monti

Lacco Ameno  – Ultimamente si parla tanto del ritorno alla terra come possibilità per l’isola d’Ischia per superare la tanto chiacchierata crisi economica, ebbene, c’è qualcuno che, seppur giovane, ha pensato di metterlo in atto e creare un’azienda agricola mettendo in gioco tutto se stesso. Loro sono i fratelli Manna, Gennaro e Anna, che hanno messo su un’ azienda agricola chiamata “gli orti d’Ischia”. Siamo a confine tra Lacco Ameno e Forio, in un angolo davvero suggestivo a 250 metri sul mare. Finocchi, broccoli di Natale, melanzane, le ultime del periodo, friarielli, cavoli e tanto altro, frutto della fatica di un appena trentenne che ha deciso che la sua passione per la terra poteva diventare un vero e proprio lavoro. «Sono sempre stato appassionato alla terra – ci racconta Gennaro, 33 anni e tante idee miste a forza lavoro – la mia famiglia ha sempre avuto terreni e sin da piccoli abbiamo cominciato facendo la vendemmia. Ho iniziato con la viticoltura estirpando un impianto vecchio e impiantandone uno nuovo, poi però, quando ho capito che la viticoltura era una cosa poco redditizia, che producevamo  vino solo per consumo familiare e che quelle viti toglievano lo spazio per coltivare ortaggi, ho deciso di togliere tutte le viti e dedicarmi agli ortaggi. Solo che poi, mi sono reso conto che il prodotto era eccessivo per un  fabbisogno familiare e, non avendo lavoro, ho iniziato a pensare di trasformarlo da passione a lavoro.  Quello di Gennaro è un grande esempio di chi, dinanzi alle difficoltà, si è rimboccato le maniche, «immaginavo a cosa sarei andato incontro, tra difficoltà e guadagno, che è davvero minimo. Di terra, adesso,  non ci vivo».  I sacrifici  sono tanti, coltivare la terra è uno stile di vita  i cui ritmi sono dettati dalla natura, dal clima e dal sole, da quando  sorge fin quando tramonta. A dare una mano a Gennaro c’è sua sorella Anna che, laureata in economia e commercio, non soddisfatta in pieno della vita d’ufficio che stava per intraprendere, da maggio, ha deciso di lavorare la terra rinunciando a un lavoretto estivo, «la mia idea – ci spiega Gennaro -non è di rimanere così ma di creare un consorzio con altri giovani interessati alla terra. So che ce ne sono tanti e, avendo tutti piccoli appezzamenti di terra, potremmo creare un consorzio producendo ognuno una cosa ed  entrare così  in un circuito di vendita più elevato». A rifornirsi da Gennaro e Anna sono, per adesso, una decina di famiglie e un paio di ristoranti ma le idee da mettere in pratica sono davvero tante e tutte ottime, «a Ischia l’orticoltura è un settore nuovo, abbiamo abbandonato la terra per fare turismo termale piuttosto che agricolo ma le cose da poter fare sono tante. I negozi che vendono gli odori di Ischia, ad esempio, la maggior parte delle volte arrivano da fuori mentre, invece, abbiamo le possibilità di vendere davvero un prodotto ischitano. Stessa cosa con le marmellate di fichi d’India. Bisogna solo organizzarsi, le potenzialità sono tantissime qui sull’isola ed è questo che ci dà la forza. Per fare tutto questo, poi, non guasterebbe una mano da parte delle Amministrazioni». Sono dieci anni che Gennaro si impegna per la viticoltura, da tre, invece, si è buttato a capofitto nel mondo degli ortaggi. Il primo anno, un amico ha iniziato con lui quest’avventura ma poi, non vedendo subito i risultati in termini economici ha abbandonato, «l’unica difficoltà che ho – ci dice ancora Gennaro –  è di trovare persone che realmente si impegnino in questo progetto ma li , la preoccupazione  di non avere un guadagno, quando non c’è una forte passione ci può stare. Non è facile convincere qualcuno che la terra può dare tanto». Da tre anni per Gennaro è un aggiornamento continuo sulle tecniche da utilizzare. Nonostante un corso sull’utilizzo dei fitofarmaci obbligatorio per un titolare di azienda agricola, i suoi terreni non vengono trattati con prodotti chimici, «faccio tutto naturalmente. Non amo la certificazione biologica ma cerco di riprodurre i semi di alcuni ortaggi, come la cipolla o i pomodori, e non uso prodotti sistemici chimici o di sintesi,  solo zolfo e rame di contatto, come si usava una volta. Inoltre  creo dei macerati di  ortica, e stiamo sperimentando quello di peperoncino, li uso  contro gli afidi». Buona parte del terreno è lavorato con la zappa a mano e se si pensa che un kg di pomodori viene venduto a un euro, non si tiene conto nemmeno un po’ della fatica e dei sacrifici di chi lavora quella terra. La vicinanza del mare, e ce lo dicono anche i nostri nonni,  aiuta alla coltivazione di certi ortaggi come peperoni, melanzane e broccoli che Gennaro concima in maniera tutta naturale. Nella parte alta del terreno quasi cinquanta galline e un gallo beato scorrazzano libere per il pollaio producendo uova fresche tutti i giorni destinate alla vendita perché Gennaro è quasi del tutto vegano. «La mia giornata inizia alle 7 del mattino, do da mangiare alle galline, pulisco il pollaio e lavoro al terreno, innaffiando o concimando. I giorni pari raccogliamo i prodotti e quelli dispari coltiviamo ed entro le due del pomeriggio consegniamo a chi si rifornisce da noi». Il lavoro di Gennaro e Anna è davvero da lodare, il loro è un impegno quotidiano  che con passione e forza portano avanti speranzosi per il futuro, «c’è un ritorno alle origini, è vero, – ci dice Anna – ma questo non significa  far quello che facevano i nostri nonni per filo e per segno. Bisogna tornare alle tradizioni ma anche tener conto che le cose, oggi,  si possono sapere e fare in un certo modo». Mentre siamo lì, un gruppo di studentesse dell’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo, provenienti da ogni parte del mondo,  accompagnate da Silvia D’Ambra, responsabile Slow Food di Ischia e Procida, gira  nell’orto accompagnato da Gennaro che spiega loro tecniche di coltivazione e specialità dell’isola d’Ischia.  Ciò che noi viviamo quotidianamente, diventa così, senza saperlo oggetto di studi e materia d’esame e forse il problema di noi ischitani è che siamo poco abituati a sorprenderci del tesoro che abbiamo in custodia.

 

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