Alla famiglia Curci l’intitolazione di una delle stanze del Museo del mare

di Isabella Puca

Ischia – “Il tre febbraio 1934, Michele Curci, i suoi tre figli e il pescatore Gaetano Esposito furono sorpresi all’improvviso da una terribile bufera da nord – est. I cinque non fecero più ritorno. Michele Curci anni 49, Vincenzo anni 24, Salvatore anni 21 e Mario anni 18. Il 4 febbraio 1978, a distanza di 44 anni, il mare chiamò a sé altri due figli di Michele Curci scatenando un’identica bufera che non lasciò scampo ai due fratelli. I loro corpi non furono mai restituiti. Luigi anni 51 e Francesco anni 47”. E’ questo il testo della targa posta all’interno del Museo del Mare di Ischia Ponte dove, domenica scorsa, tutta la popolazione si è riunita per intitolarne una sala alla Famiglia Curci. A leggerlo, tra ricordo e commozione, i più piccoli della famiglia che tante volte questa storia l’avranno ascoltata dai loro genitori.  Alle cerimonia, infatti, erano presenti i familiari, commossi e onorati di ricevere questo riconoscimento. «Per noi Curci, quest’iniziativa è davvero importante. I figli dei dispersi in mare non hanno mai pianto un corpo, nel cimitero non abbiamo nessuno da piangere. Dopo 40 anni che sono morti i nostri papà ci sentiamo meno dimenticati. Siamo rimasti sorpresi all’inizio per il tanto tempo passato, ma poi abbiamo colto l’aspetto positivo dell’iniziativa perché qualcuno ha finalmente ricordato».Così Michele Curci, nipote che porta lo stesso nome di Michele Curci che nel lontano 1943 perse la vita in mare insieme a tre dei suoi figli. Assente Salvatore Lauro, presidente onorario del museo che ha voluto salutare i presenti mandando un messaggio, “da parte mia un plauso all’ iniziativa del direttivo del Museo Etnografico di Ischia di intitolare alla Famiglia Curci una sala dello storico palazzo dell’ Orologio di Ischia Ponte – sede del museo – a perenne ricordo di Michele Curci – che una mattina del 1934 uscito in mare per pescare in compagnia dei suoi tre figli non fece più ritorno a casa vittima dell’ improvviso precipitare delle condizioni meteo marine – ed ancora di Luigi e Francesco – figli di Michele – a cui nel 1978 toccò in sorte analogo destino. Morti azzurre  sono le morti di questi lavoratori del mare che nel mare hanno perso la vita mentre esercitavano il proprio lavoro. La sicurezza è l’ impegno cardine di quanti operano nel settore marittimo. Il ricordo deve diventare azione concreta perché simili tragedie non si ripetano. Tutti insieme dobbiamo spingere affinchè il lavoro in mare si viva riducendo al minimo i rischi, dobbiamo favorire la ricerca di sicurezza – con il supporto della tecnologia dobbiamo adottare ogni mezzo utile a garantire la vita di quanti a mare lavorano. E’ attuando ogni forma possibile di vigilanza sulla sicurezza, che si tutela il diritto alla vita degli uomini di mare. E’ responsabilità della società civile e della politica mettere in atto quelle condizioni che generano sicurezza sociale e una cultura del lavoro rispettosa della persona e del mare, capace cioè di sapere quali sono i limiti da non forzare – le persone che lavorano in mare – non devono sentirsi spinte oltre i propri limiti, mettendosi in condizioni di rischio, per il proprio lavoro e per sostenere le proprie famiglie.” A portare un saluto anche Caterina Iacono in rappresentanza dell’ Area marina Protetta Regno di Nettuno che ha portato i saluti del direttore Antonino Miccio assente per le condizioni meteo marine, «siamo convinti che questo museo sia uno scrigno delle nostre tradizioni, un tesoro che va preservato e valorizzato al pari del mare che ci circonda». Alla cerimonia era presente anche una rappresentanza dell’istituto nautico che ha portato i saluti della preside Di Guida, vicina all’ente e all’iniziativa. Tra gli applausi la lettura del testo della targa da parte dei più piccoli della famiglia, che avranno modo così di ricordare e di tramandare, a loro volta, la triste storia dei propri nonni.

 

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