CRONACA

Ambientalismo per salvare il salvabile dell’isola d’Ischia?

di Antonio Buono*

A mio parere, per essere ambientalisti sarebbe necessario avere un minimo di conoscenza e competenze in merito al territorio ed alle sue problematiche. Ciò premesso, appare evidente che ad imitare il canto del gallo nei pollai della nostra isola, siano bravi in tanti. Eh si, l’unione fa la forza e… tutte le galline stanno ad ascoltare. Ciò non toglie però, che al di là della metafora che “calza a pennello”,appare ovvio che per sostenere “canti e canzoni”di un certo livello al fine di “salvare il salvabile sull’isola d’Ischia,semmai priorità vi fosse, sarebbe necessario cominciare dal mare, in modo tale da consentire ai nostri turisti un bagno piacevole e giammai contaminato da agenti patogeni grazie a scarichi abusivi in quello che viene definito Parco marino, meglio ancora, “area marina protetta”… eh già, un termine capace di rassicurare chiunque intenda rallegrarsi nelle trasparenze di un mare denso di liquami, laddove gli scarichi delle lavatrici fanno bella mostra di un quadro bianco e schiumoso intorno all’ intera isola. Sarà una moda che non passa mai, sarà perché fa trendy, sarà perché si vuol lasciare un ricordo di ciò che si è fatto di buono per la nostra isola ma, non ci si inventa ambientalisti dalla sera alla mattina… dov’erano questi paladini della natura quando i pini, le palme e soprattutto quei castagni che hanno seminato morte e distruzione, sono stati attaccati da parassiti mortali, dov’erano nascosti questi cosiddetti “green men” allorquando sarebbe stato fondamentale dare il proprio contributo di “conoscenza e competenza” in materie ambientali?

E viene quindi da chiedersi: perché oggi questa gente difatti incompetente,è quotidianamente alla ricerca di un nulla osta per un Parco che non servirebbe a nessuno tranne che a fare ulteriori danni grazie a divieti ed inqualificabili forme di innovazioni territoriali? Il vero ambientalista è chi la natura la vive in modo diretto ed è quindi in grado di capire dove, come e quando agire per salvaguardare “ciò’ che resterebbe da salvare”, una figura capace di mettere in chiaro le problematiche in essere onde evitare quei rischi grazie ai quali il degrado territoriale , (spesso per ragioni climatiche) potrebbe scatenare catastrofi immani, dolori e lacrime infinite come già più volte accaduto dalle nostre parti. Restando seduti dietro ad una scrivania giusto per fare programmi e proclami dettati dall’incompetenza, soprattutto in relazione all’ambiente, non si fa altro che lasciare quei luoghi nel totale abbandono, laddove la stessa incuria, verrebbe ad essere un prologo per disastri e disgrazie annunciati, di quelle che lasciano segni indelebili negli occhi e nelle memorie, di quelle che mai nessuno avrebbe voluto vivere. E infine, attraverso l’arroganza irrispettosa di programmi e progetti che lasciano il tempo che trovano, non si può e non si deve pretendere di togliere le radici storiche, quelle rurali, a gente che vive da sempre in una terra laddove le tradizioni, la storia, la cultura, la passione e…tanta umiltà, è stata capace di dare forza e speranza a quel sapere che altri “non sanno” perché “non sono” e…mai potranno essere!

*Cacciatore a vita

Socio fondatore A.C.C.E.L

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