LE OPINIONI

IL COMMENTO Ammalati d’infodemia

L’Organizzazione Mondiale della Sanità prima ancora che lanciare l’allarme “Pandemia” aveva attirato l’attenzione dei Paesi sull’Infodemia, che è una degenerazione dell’informazione sull’epidemia, in altre parole il diffondersi di fake news sull’epidemia, che disorientano e sconcertano l’opinione pubblica mondiale, mandandola in un doppio panico: della pandemia vera e propria e della diffusione di colossali bufale su di essa. Ciò stante, dopo anni che continuo ad esprimere la mia opinione su Il Golfo, credo sia arrivato il momento di fare una pacata ma seria riflessione comune con quei pochi lettori della carta stampata che resistono al “fascino indiscreto” dei social. Che senso ha, oggi, fare l’opinionista su carta stampata, in pieno imperversare di opinioni in rete, azzardate, su ogni aspetto dello scibile umano, a prescindere dalle conoscenze effettive che ciascun soggetto ha? Non c’è il rischio concreto di rimanere confusi e “affogati” nel mare magnum di tanti improvvisatori? Sì che c’è! Allora quali sono le armi, non tanto di chi esprime un’opinione sensata e documentata, ma da parte dei soggetti passivi che queste opinioni leggono, rischiando di restare più confusi di prima e storditi da miriadi di opinioni contrastanti? Prima regola: una cosa è è l’opinione espressa su carta stampata o in televisione, altro l’opinione espressa sui social. Perché sui social , chi scrive è incontrollato, risponde solo a se stesso e non viene filtrato da nessuno. Al contrario, chi scrive su giornali cartacei o trasmette la propria opinione attraverso una tv, è comunque filtrato da un responsabile, da un direttore, da un conduttore, da un coordinatore. Secondo: un giornale o una televisione rispondono a leggi, regolamenti e ad autorità garanti: Agcom e Corecom ovvero l’Autorità nazionale per la Garanzia nella Comunicazione e il Comitato Regionale per le Comunicazioni. Ed è con grande soddisfazione che abbiamo appreso, all’inizio della settimana, la decisione dell’Ordine dei giornalisti campano e del Corecom, in collaborazione con Agcom e Polizia Postale di emettere un Report settimanale su web, social, carta stampata e televisioni, per stigmatizzare le fake news. Inutile dire che ,in questi giorni, sono particolarmente odiose, le fake news sull’epidemia di Covid 19. Non ci riferiamo tanto alle innumerevoli invenzioni ironiche, alle barzellette che, tutto sommato, possono in parte contribuire a sdrammatizzare l’atmosfera cupa ed ansiogena che si diffonde sempre più. A patto, naturalmente, che non si scada nella banalizzazione del male. Ci riferiamo, piuttosto, all’inveterata tendenza alla dietrologia, al complottismo, alle presunte rivelazioni di retroscena sottaciuti dalle pubbliche autorità. Notizie, si sussurra, attinte da fonti scientifiche attendibili e alternative (ma mai rese note per nome e cognome) secondo le quali la situazione sarebbe molto più grave di quanto le autorità di coordinamento nazionale ci dicano. Cito, a volo d’uccello, alcune panzane diffuse durante la settimana: il paziente bresciano, nell’Hotel di Forio, risultato positivo al Coronavirus e trasferito al Cotugno non sarebbe stato infetto dal virus cinese bensì da legionella; S.Gennaro avrebbe steso la mano per proteggere Napoli dal virus, come fece nel 1631 per fermare la lava del Vesuvio; un elicottero avrebbe sparso dall’alto, su Capri, il disinfettante e altri florilegi simili.

A proposito di opinioni, ecco la mia opinione in merito: l’Italia è il Paese che, in questa emergenza pandemica, sta usando più trasparenza di qualsiasi altro paese. Non ci stanno nascondendo nulla, anzi! Ben venga, dunque, la pubblica denuncia dell’Ordine dei giornalisti campano. Per capire quanto male possono arrecare le fake news sulla situazione sanitaria, riferiamo che, secondo il Report Digital 2020, ogni italiano trascorre sui social mediamente circa 2 ore al giorno; che sono circa 35 milioni gli utenti attivi dei social, che l’81% di essi contribuisce ad alimentare i messaggi che vengono diffusi e che – di contro – il 52% di essi è seriamente preoccupato per le fake news ( in pratica un navigatore su due). Si incomincia, pertanto, a registrare un meccanismo di difesa, con la limitazione del raggio d’azione nelle conversazioni on line, precludendola a soggetti non ritenuti affidabili. C’è di più, da registrare in positivo, ovvero un certo ritorno all’apprezzamento della competenza nell’informazione, la richiesta di maggiore “ solidità” scientifico-professionale che renda la società meno “liquida” di quanto ce l’abbia descritta Zygmunt Bauman. Un recente sondaggio di SWG, riportata da Il Foglio, ci dice che, per gli italiani, le fonti informative più attendibili sono la Protezione Civile (78% di credibilità), il Ministero della Salute (76%), le reti televisive (56%), i quotidiani (47%) e, buoni ultimi, i social media (con un misero 16%). Non è ancora la svolta ma un ripensamento sì! Insomma, incomincia ad appannarsi l’altra faccia della medaglia della globalizzazione e della democratizzazione dei mezzi di informazione: la faccia nella quale tutti si sentono autorizzati a discettare di tutti.

Allora, mi si consenta di richiamare l’attenzione sui libri di un saggio e brillante scrittore e docente italiano (anzi lombardo, nato a Como, milanese di adozione, morto nel 2003) Giuseppe Pontiggia, detto “Peppo”. Pontiggia era figlio di un funzionario di banca, bibliofilo (da qui la passione di Giuseppe per i libri). Egli stesso, per necessità, aveva cominciato col lavoro in banca. Si diede poi alla letteratura, risultando pluripremiato per molti suoi libri. E di questi libri ne prendiamo uno che ci risulta utile a decrittare il moderno e pernicioso fenomeno delle “opinioni fasulle”. Nel saggio “L’isola volante” (Arnoldo Mondadori Editore-1996) c’è un capitolo dal titolo eloquente: “Delirio e declino delle opinioni”. Ve ne stralcio alcuni illuminanti passi: “Il problema non è di comunicare un’opinione, ma di averla. Non di dire ciò che si pensa, ma di pensare. Evento sempre più raro, con i tempi che corrono… Il caleidoscopio delle opinioni, che dovrebbe ampliare l’orizzonte dello spettatore, finisce in realtà per restringerlo. Ne deduce che non esistono fatti, ma interpretazioni. E siccome le interpretazioni si contraddicono e si elidono a vicenda, teme – o spera – che non esista che il vuoto”. E al vuoto ci siamo arrivati! Quando Pontiggia scrisse queste parole non c’era ancora il tam tam dei social, ma si intuiva che s’andava incontro alla morte della conversazione. E bene fece lo scrittore a richiamare, nel suo saggio, il grande Leopardi poeta, saggista e filosofo che nel “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani” aveva scritto che la conversazione ormai la si può trovare solo “ ne’ caffè e ridotti pubblici, piuttosto che appresso i privati, appo i quali propriamente non si conversa, ma si giuoca, o si danza, o si canta, o si suona, o si passeggia, essendo sconosciute in Italia le vere conversazioni private che s’usano altrove”.

Grande Leopardi e molto saggio Pontiggia! Quanto agli italiani, non possiamo non rimarcare che, tra le gravi conseguenze della diffusione rapida del virus, c’è da registrare anche una faglia che si è creata tra anziani e giovani, tra “ prudenza” ed “azzardo”, tra chi si “ferma” e chi continua ad essere “mobile”. Già gli anziani venivano accusati, dalle giovani generazioni di aver lor rubato il futuro (con l’insostenibile debito pubblico e la distruzione dei beni della Terra). Ora i giovani rivendicano autonomia e libertà di usi e costumi, in un fatalismo che forse ci fa capire meglio anche i loro atteggiamenti di fronte a problemi come l’alcolismo, la droga, la morte per incidenti stradali. Ha detto, in proposito, Paolo Curatoli, neuropsichiatra infantile dell’Università di Tor Vergata, che questa difficoltà degli adolescenti di percepire ed adeguarsi alla situazione di emergenza ha una precisa motivazione biologica: a quell’età non sono del tutto mature le aree frontali che servono ad elaborare e pianificare le azioni; azioni che – pertanto – tendono ad essere “temerarie”. Teniamolo presente, prima di bollare gli adolescenti con giudizi inappellabili e prima di invocare contro di loro il pugno di ferro. E’ stato più saggio chiudere tutti i locali e i luoghi d’incontro a loro abituali. Facciamo loro capire, con affetto, che il virus non colpisce solo gli anziani ma anche giovani (perfino giovani atleti del calcio come Rugani e Gabbiadini) e, purtroppo, bambini ( fortunatamente in maniera – sembra – meno grave). Quanto agli italiani, essi confermano. Con l’uso distorto dei social, e con l’infodemia, di avere smarrito il gusto della conversazione e del confronto di opinioni vere. E risulta, così, sempre più difficile, nelle condizioni date, fare l’opinionista della carta stampata.

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