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Ambulanza-taxi, spunta la verità: un passaggio all’infermiera

DALLA REDAZIONE

ISCHIA. Avrebbero utilizzato l’ambulanza per trasportare al porto una collega infermiera. Questa, secondo le indiscrezioni che trapelano in queste ore, la spiegazione che Antonio D’Amore avrebbe ricevuto da Ischia in merito all’ambulanza utilizzata come taxi dagli operatori del 118.

La storia è di qualche giorno fa, quando siamo entrati in possesso di una sequenza fotografica che immortalava una scena che definire surreale appare riduttivo: un’ambulanza del 118, di quelle utili per la rianimazione, accosta nel parcheggio del lungomare di Casamicciola e fa scendere due persone in borghese, un uomo e una donna, con tanto di bagagli. I due poi si incamminano verso il porto, dove da lì a poco avrebbero preso una nave in direzione Napoli.

D’Amore, come abbiamo raccontato nei giorni successivi, è andato su tutte le furie ed ha chiesto chiarimenti ai responsabili del nosocomio lacchese. La relazione, la prima, sarebbe arrivata già venerdì sulla scrivania del direttore generale dell’Als. Ma farebbe buchi da tutte le parti. E D’Amore, giurano le persone a lui vicine, è quanto mai motivato ad andare fino in fondo.

La prima osservazione del direttore dell’Asl è anche la più semplice: dalla foto si evince in maniera inconfutabile che le persone ad essere accompagnate sono due. Quindi, anche ammesso che una delle due fosse un’infermiera del Rizzoli che aveva appena finito il turno, non si spiega la presenza dell’uomo che le accompagna. Ancora: il borsone, che secondo la relazione sarebbe stato utilizzato per trasportare la divisa da lavoro e le protezioni dell’infermiera, appare decisamente sovradimensionato rispetto al presunto utilizzo e come se non bastasse si intravede una busta che di certo non poteva contenere effetti personali.

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Sono questi i due punti che non convincono D’Amore, che in queste ore ha ordinato un supplemento d’indagine per capire fino a che punto la storia possa reggere.

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Intanto, dal Rizzoli provano a smorzare la polemica. «Si tratta di un errore commesso in buona fede» provano a giustificare alcuni degli operatori del 118. Ma non esiste buona fede di fronte all’utilizzo privatistico di un bene pubblico, a maggior ragione quando la funzione di quel bene è salvare vite, non trasportare colleghi.

Intanto, sarebbero già stati individuati i responsabili. Si tratterebbe di due paramedici di una società del napoletano che ha ottenuto il servizio in concessione. Lo staff di D’Amore conferma la determinazione del direttore dell’Asl nel punire i colpevoli in maniera esemplare, soprattutto per lanciare un messaggio a tutto il distretto sanitario sotto il suo controllo, ma l’obiettivo è quello di procedere con la dovuta prudenza ed effettuare tutte le verifiche necessarie prima di emanare il provvedimento disciplinare.

Sulla vicenda, D’Amore si è trincerato dietro il silenzio più assoluto. Non vuole essere condizionato nella decisione da fattori esterni, ma conferma che «l’attenzione sulla questione resta alta».

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