Amianto rimosso senza autorizzazione, arriva l’assoluzione
DI FRANCESCO FERRANDINOISCHIA
. Assolto per la “particolare tenuità” del fatto. Con questo responso si è chiuso il processo a carico di Salvatore De Prisco, amministratore della B.a.i. srl, ditta dedita alle attività di bonifica dell’amianto. De Prisco era accusato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata, reato contemplato dall’articolo 256 del Decreto Legislativo 152/2006 in relazione all’articolo 212 quinto comma, perché come recitava il decreto di citazione a giudizio, “nella qualità di amministratore della società Bai Srl, per le attività di bonifica di beni contenenti amianto, effettuava la raccolta e bonifica dei suddetti rifiuti, senza la prescritta iscrizione della società all’Albo Gestori Ambientali, a seguito di provvedimento di cancellazione, emesso con protocollo 4282/2014 del 19 marzo 2014 avente decorrenza dall’11 marzo”. I fatti contestati avvennero a Ischia, in via Fasolara, tra il 23 e il 27 gennaio 2015, per un intervento di bonifica per conto di un committente privato. Le indagini erano scattate quando la ditta in questione aveva inviato all’Asl di Caserta i piani di lavoro per la dismissione di materiali contenenti amianto, sebbene la stessa impresa risultasse cancellata dall’Albo nazionale Gestori Ambientali, requisito indispensabile per effettuale tale attività. La circostanza spinse il Settore ecologia della Provincia di Caserta a chiedere il controllo della società. Questa e altre successive richieste indussero il Nucleo operativo della Polizia ambientale di Salerno a condurre accertamenti durati oltre un anno, vista la difficoltà a individuare materialmente la sede della società e il suo titolare. Accertamenti dai quali emersero in particolare due circostanze. La prima era appunto la cancellazione della ditta dall’Albo gestori ambientali, la seconda era che la Bai aveva effettuato numerose operazioni di rimozione dell’amianto dopo tale cancellazione. Le operazioni d’indagine si allargavano fino a ricomprendere richieste alle varie Asl locali dove aveva operato la ditta per avere la certezza dei periodi temporali esatti in cui le attività di rimozione e messa in sicurezza dei manufatti contenenti amianto erano state effettivamente eseguite. La carenza della necessaria iscrizione all’Albo citato faceva scattare l’ipotesi di reato poc’anzi illustrata, mentre il rinvio a giudizio venne decretato un anno e mezzo fa. Un dibattimento che, al netto dei rinvii iniziali, è stato molto rapido: la prima udienza effettiva si svolse lo scorso aprile. Dopo la costituzione delle parti e le rispettive richieste istruttorie, il difensore dell’imputato, l’avvocato Gianluca Maria Migliaccio, condusse il controesame nei confronti dell’agente Bruno Caiano, dopo che le parti avevano dato l’assenso all’acquisizione delle sue annotazioni d’indagine. Deposizione da cui emerse che la polizia ricostruì le circostanze tramite l’Albo gestori ambientali, senza prendere diretta visione della documentazione delle Asl che pervenne all’Albo. Rinunciando all’escussione di ogni altro teste, l’udienza di ieri è risultato quella conclusiva. Il pubblico ministero ha sinteticamente chiesto il riconoscimento della penale responsabilità invocando una condanna a un anno e due mesi di reclusione e una provvisionale di diecimila euro. L’avvocato Migliaccio ha invece chiesto in via principale l’assoluzione perché il fatto non sussiste, proprio in quanto la polizia provinciale non aveva effettuato verifiche in ordine alla correttezza di quanto comunicatole e, in subordine, l’assoluzione ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale, visto che l’attività di rimozione, se ritenuta provata, era relativa a soli quattro giorni e comunque il materiale è stato smaltito, come testimoniato dalla documentazione della ditta “Ecologia Panella Costanza”. Questa seconda prospettazione difensiva è stata accolta dal giudice Capuano, che ha dunque mandato asso