LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Dal fasto del Medioevo isolano all’impero nefasto. Il salto è breve»

Mentre anche l’Isis “invita” i suoi militanti ad abbandonare l’Europa a causa del coronavirus, a noi tocca restare in Italia. Se questo consiglio per richiamare i terroristi del Califfato senza attacchi violenti sia una fortuna o una sfortuna per noi che restiamo e dobbiamo fare i conti con noi stessi e con il virus, è una riflessione non da poco. L’isola d’Ischia è distante da possibili focolai che potrebbero svilupparsi in terraferma.

Per paradosso allo stesso tempo sarebbe una specie di oasi nel deserto confuso – sociale, istituzionale, politico e sanitario – che si sta materializzando in Italia. Se non fosse per alcuni comportamenti indisciplinati, irrispettosi degli obblighi e della privacy delle persone, beninteso. Magari perché c’è chi vuol concedersi una giornata in spiaggia o una passeggiata all’aria aperta. Come hanno fatto i due ragazzi tornati dalla Lombardia, posti in isolamento dall’ASL, “scappati” qualche giorno fa per regalarsi una camminata sotto le stelle di Sant’Angelo. Scovati dai Carabinieri, sono stati denunciati per diffusione colposa di epidemia. Una menzione a parte, stavolta da veri campioni dell’idiozia made in Ischia, merita chi ha diffuso, per primo e a seguire gli altri che vi hanno contribuito, i dati del ragazzo di Barano e della sua famiglia.

Tornato da una vacanza, risultato positivo al Covid-19, si è poi auto denunciato e messo in isolamento volontario. Ci mancava solo la caccia alle streghe e all’untore nei confronti del giovane, frutto di comportamenti del peggiore Medioevo che, a quanto pare, non ci ha per niente abbandonato. Pure se andiamo in giro con lo smartphone o con auto di ultima generazione, al posto di comunicare con piccioni viaggiatori e percorrere strade sterrate con carri trainati da asini. Radici amare, conficcate nel terreno di un’isola che non è cresciuta e non ha la minima intenzione di farlo. Neppure pensa di darsi una mossa, di sfruttare l’occasione fornita dall’emergenza in cui ci troviamo, tutti, indistintamente, per tentare di impostare un nuovo rapporto col mondo, più costruttivo, solidale, e migliorare. Insieme, e ognuno per se.

Neppure si può dire di averle viste tutte. Se altre idiozie si palesassero nei prossimi giorni, non potremmo che sorridere dolorosamente di fronte alla consapevolezza che la diffusione del virus nella classifica delle emergenze passa necessariamente al secondo posto. Perché il primo sarebbe occupato da quel moto cronico e patologico che è la scemità umana. Perciò, nemmeno si può affermare di aver esaurito gli argomenti di discussione. Certi marciumi mostrano quanto siamo rimasti allo stato primitivo, incolto, e lontani dall’evoluzione sociale. Uno status che trae sostentamento da una mentalità che mostra quanto sia sfilacciata la collettività isolana. E per la verità, lo abbiamo visto, lo è. Anche in tempi normali. Egoismo e ignoranza non dovrebbero essere più tollerati. Esistono alcune eccezioni, certo, ma sono ancora poche le persone che si oppongono al quadro di desolazione fatto di passioni e furori incontrollati che andrebbero corretti, modellati, canalizzati.

Per evitare volgari teatrini e acquisire dal desiderio propulsivo di crescita, dopo aver abbandonato la fase adolescenziale, quella dignità la cui assenza rischia di bloccarci lo sviluppo. Ed è nelle crisi – dal latino crisis, dal greco krisis, ossia “decisione, scelta” – che vanno individuati i momenti per separare una maniera di essere nocivi, pericolosi per se e per gli altri, con altri tendenti al progresso. In caso contrario non avremo fatto altro che subire l’emergenza – di un fenomeno globale non facilmente gestibile – e replicare gli stessi errori. Il ventaglio di sbagli è ampio. Li abbiamo commessi nel tempo e solo adesso forse ne stiamo prendendo coscienza. Il turismo parcellizzato in sparuti tempi dell’anno, il low cost, l’indifferenza di massa verso la sanità e il poco interesse per il suo stato malconcio, le condizioni dell’ospedale che non ci consente di affrontare imprevisti nel caso accadessero. E ancora, la politica locale che produce azioni scomposte e non è capace di trovare risposte adeguate al mondo che, non solo è cambiato, ma, rimarrà in perenne mutamento per molto tempo. Impareremo qualcosa da tutto questo? Lasceremo l’informe forma di vita e sistema che ci siamo creati a nostra immagine e somiglianza per dirigerci verso una fornace di pensieri e attività per costruire un nuovo modello per l’isola?

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