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Stalking, Angela Sposato torna in carcere

ISCHIA. Angela Sposato dovrà tornare in carcere. Lo ha stabilito il giudice monocratico della sezione ischitana del Tribunale, dottor Alberto Capuano, su richiesta della Procura di Napoli, richiesta motivata da alcuni recenti episodi di evasione dagli arresti domiciliari. In distinte occasioni le forze dell’ordine hanno infatti identificato la giovane al di fuori delle mura domestiche, violando così le prescrizioni del giudice. Continua dunque l’altalena dei provvedimenti nei riguardi della ragazza, accusata di atti persecutori nei confronti dell’ex fidanzato. Come alcuni ricorderanno, a fine aprile il magistrato aveva emesso un provvedimento di attenuazione della misura restrittiva, in quanto ritenne affievolite le esigenze cautelari che a suo tempo indussero a disporre la custodia in carcere. Il giudice aveva stabilito la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, che la ragazza avrebbe dovuto trascorrere presso l’abitazione della madre. Proprio la mancata osservanza di tale limite è costata il ritorno in carcere alla Sposato, che dovrà dunque far ritorno alla Casa circondariale di Pozzuoli. Tuttavia il regime carcerario in passato ha provocato non poche sofferenze alla ragazza, che nell’udienza di tre mesi fa rese dichiarazioni spontanee chiedendo al giudice di poter abbandonare la struttura penitenziaria. Non si esclude dunque che la difesa, sostenuta dall’avvocato Musella, possa chiedere nell’immediato futuro un’ennesima mitigazione della misura. Intanto, il processo di merito continuerà a luglio. Come si ricorderà, lo scorso dicembre ebbe inizio il giudizio immediato nei confronti della ragazza  accusata di molteplici episodi di atti persecutori verso l’ex fidanzato. Atti dai quali si sono originati diversi procedimenti giudiziari.  A ottobre l’imputata, già costretta da alcune ore ai domiciliari per l’ennesima accusa di stalking, era stata nuovamente arrestata dalla Polizia. Gli uomini del vicequestore Mannelli intervennero per presunti maltrattamenti della giovane nei confronti della madre, a cui si aggiunsero episodi di violenza nei confronti degli agenti di Polizia. Alla Sposato sono rivolti diversi capi d’imputazione: resistenza a pubblico ufficiale perché, come si legge nel decreto di giudizio immediato, ella «usava violenza e minaccia – consistite nel proferire all’indirizzo dell’assistente capo di Polizia Massimo Gravina e dell’agente scelto Alessandro Ciccarone le seguenti parole: “Che volete, sono in casa mia, voi siete dei pezzi di merda, mi state rovinando la vita”, nonché nel colpire i pubblici ufficiali con calci e schiaffi, facendo cadere al suolo l’agente scelto Ciccarone – per opporsi ai medesimi, mentre questi stavano compiendo un atto del loro ufficio, a seguito della segnalazione dell’aggressione» della ragazza ai danni della madre. Inoltre, la Sposato risponde di lesioni aggravate, perché «al fine di commettere il reato di resistenza a pubblico ufficiale, cagionava all’agente Ciccarone, lesioni personali giudicate guaribili in tre giorni». Il terzo capo d’accusa è quello di maltrattamenti contro familiari e conviventi, perché «sottoponendo la madre a continue violenze fisiche e morali, e, segnatamente, malmenandola (anche colpendola alla testa con un bicchiere di vetro e attingendola alla mano destra con un paio di forbici), minacciandola di morte e ingiuriandola – maltrattava la medesima persona offesa». Collegata a questa è anche l’ultima accusa, quella di lesioni aggravate nei confronti della madre stessa.

Francesco Ferrandino

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