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Serrara, la sagra delle fregnacce in vista delle elezioni

Un pezzo apparso su un foglio di informazione assistita, riportava talune discettazioni “UDI&ODI” sul futuro prossimo di Serrara Fontana alle prese con il rinnovo del consiglio comunale.

Mi son divertito nel vedere le immagini a corredo della notizia, riprendenti i volti, ammuffiti, degli aspiranti al seggio municipale alle prese con fave e pancetta. Sempre le stesse persone, sconfitte delle urne e dalla storia che, in un recente passato, pur di ritagliarsi un ruolo nel caravanserraglio politico, s’erano incantucciati in quello di cortigiano/cantastorie e, ancora oggi, si ripropongono pur se impegnati in profondi massaggi prostatici. Si son ritrovati, tra fave pancetta e vino, a discettare del futuro del paese.  Buon vino, ha scritto il cronista che, evidentemente, l’aveva assaggiato con particolare soddisfazione. In tal gaudenzia etilica, gli aspiranti alla novella trombatura elettorale, hanno parlato di “trasparenza amministrativa”, di “accesso agli atti”, di “privilegi personali non più consentibili” con la stessa scioltezza del tracanno per poi chiosare in un roboante finale: “è ora che il venticello della trasparenza, dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e della legalità aleggi nuovamente su Serrara Fontana”. Una sintesi stupenda, direi commovente, se non fosse che a dirlo erano “gli allattatori” dello sfascio di oggi che, solo qualche anno fa, in preda ad orgasmo poetico, così descrivevano gli attuali amministratori: “Generoso, mite, senza pretese, la guida migliore per il nostro paese. In un momento di gran confusione precisa ed opportuna la decisione” – “Lo sguardo migliore che sa volare lontano, di questo ha ora bisogno Serrara Fontana”. Concludendo “ posa nell’angolo la vanga e il badile il posto libero è in prima fila, quello migliore vicino al tino col piatto caldo e un buon bicchier di vino”. Mi è sembrato che quel “buon bicchier di vino” di allora, augurante grande fortuna politica a Cesare Mattera, fosse della stessa gradazione di quello di oggi mentre si confezionava l’informazione giornalistica. Devo aggiungere che dalle informazioni rese, al di là della pancetta e delle fave, quelle che più mi hanno intrigato, riguardano i temi della “trasparenza amministrativa”, di “accesso agli atti” e del contrasto ai “privilegi personali a chicchessia” che gli aspiranti vorrebbero rendere concreti nell’anelante tempo di amministratore pubblico.  Tematiche per le quali, se candidato sindaco per gli sfidanti carusiani sarà confermata la signora Tilde Trofa, bisogna sperare che abbia fatto un buon corso di aggiornamento visto i pregressi di quando, ella, conduceva il “vapore del paese”. Dico questo in quanto ogni volta che leggo o sento di soggetti che vogliono “fare il bene del paese”, un dispettoso “munaciello” mi si presenta davanti e con ghigno malefico, mi mette sotto il naso qualche scartoffia impolverata, tratta dalle mie esperienze politiche in quel comune, quando la signora e i suoi cortigiani, gestiva il potere. E, mentre leggevo di “trasparenza amministrativa e accesso agli atti”, quello (il munaciello), mi ha steso davanti, oltre centinaia di fogli (domande, chiarimenti, insistenze ed altro) prodotti quale capogruppo di minoranza, per poter avere accesso agli atti di giunta, del consiglio o degli appalti per poterli esaminare, visto che l’ordine impartito ai funzionari era quello di osteggiare ogni mia azione. Non vi aggiungo le traversie patite, per ottenere quelli della commissione edilizia. E mentre leggevo dei non “privilegi personali a chicchessia” eccolo, sempre lui (il munaciello), mi ha sventolato in faccia una denunzia con relativo procedimento per la signora perché, dopo una serie di accertamenti e di inutili inviti, si rifiutava di far rimuovere un manufatto dalla piazzetta di S.Angelo, posto lì da un parente del sindaco per vendere. E poi un altro che otteneva, sempre su suolo demaniale, un’autorizzazione edilizia per fare delle fosse settiche; e un altro, sempre imparentato al bottone, che occupava centinaia di metri quadri, sempre di suolo pubblico e non per far beneficienza. Sono stato costretto a gridare al munaciello provocatore di andarsene perché mi faceva soffrire. Mi ha rimbeccato “così la smetti di sollazzarti per quella Tilde dall’ugola iervolinata”. Avete capito? Anche il “munaciello” è in allerta, spaventato dall’ugola. Non c’è scampo, quindi, per gli sfidanti e, purtroppo, nemmeno per  il paese che è totalmente annichilito e senza più forze reattive. Anche se, mi corre l’obbligo di rilevare che il sindaco uscente, nonostante i tanti malpancisti, improvvisati e supponenti che ha avuto attorno, ha fatto alcune cose egregie. Poche (sicuramente), ma buone. Per tutte: ha recuperato alla collettività il porto di S.Angelo e l’eremo di S.Nicola. Deve far un ulteriore passo in avanti perché entrambi i patrimoni rispondano ad una seria gestione imprenditoriale, con operatori del posto, non avendo il comune capacità e possibilità imprenditoriali. Deve poi decidersi a mettere becco, per un riordino del sistema: tributario; di affidamento e riscossione dei suoli pubblici; delle concessioni demaniali; negli atti di affidamento del parcheggio municipale; sugli sversamenti a piano 13 e nella depurazione delle acque. Deve convincersi che questo sarà il suo secondo, ed ultimo, transito nel potere per il quale riceverà la riconoscenza di pochi. Per cui, nel tentativo (non difficile oggi) di lasciare un ricordo meno negativo dei predecessori, innesti la marcia senza voltarsi. Si contorni, da subito, di una giunta di persone capaci, e vada avanti ricordando, ogni giorno, che la legalità è un boccone duro da masticare ma che fa dormire tranquilli e che il suo popolo, oltre ad essere “con le budella da fuori” è stufo della pancetta, delle fave, delle pizzette e dei loro mentori.

 

 

 

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