CULTURA & SOCIETA'

Angelo Rizzoli e il suo svampito detrattore

DI PASQUALE BALESTRIERE

Angelo Rizzoli non era un missionario né un santo. Era un imprenditore, un uomo d’affari, ma illuminato. Uno di quelli che capiva che i suoi affari sull’isola sarebbero andati bene se fosse migliorato il tenore di vita dei suoi dipendenti e degli abitanti di questo scoglio.

Dico questo perché qualche giorno fa mi sono imbattuto su FB in un post quasi demenziale di un Pinco Pallino, notoriamente ignorante e presuntuoso, che elencava i motivi per cui non osannava Rizzoli. Ora, per carità, ognuno è libero di avere le proprie opinioni e di esternarle. Ma c’è anche un’etica che impone di rispettare la verità quando si scrive o si parla in pubblico; perché una menzogna o una falsità si moltiplica quasi sempre per il numero di persone che leggono o ascoltano, specialmente in quest’epoca in cui trionfa l’analfabetismo di ritorno e la quasi totale assenza di spirito critico. Chi ha insegnato per una vita queste cose le sa bene.

Ma veniamo al punto. Pinco Pallino (ormai mi dà noia pure farne il nome) nel suo sproloquio cita “il piano Calza Bin” (che poi sarebbe il piano dell’arch. Alberto Calza Bini), per affermare che Rizzoli l’aveva violato nel costruire il Regina Isabella. Ora, visto che il piano Calza Bini, pur approvato, non è stato mai applicato ed ognuno, negli anni Cinquanta, ha costruito senza che di quel piano si tenesse conto da parte degli organismi addetti (Sovrintendenza e Comuni), non si capisce perché avrebbe dovuto farlo Rizzoli; il quale, peraltro ha realizzato il Regina Isabella dove già c’era lo stabile delle Terme di Santa Restituta. Ma Pinco Pallino ipotizza, con una certa malignità, scambi di favori e cenni d’intesa tra il Comune di Lacco Ameno e l’imprenditore. Frutto di un “do ut des” sarebbe, secondo il nostro sparaballe, la costruzione dell’Ospedale di Lacco Ameno, finanziato interamente da Rizzoli che volle intitolarlo alla moglie Anna. Invece, come testimonia Vera Malcovati in un CD fatto produrre dal Centro Studi Isola d’Ischia per celebrare il dott. Piero Malcovati, grande benefattore della nostra isola, fu proprio quest’ultimo a convincere Rizzoli perché costruisse l’ospedale; proprio il dott. Piero che era stato colui che aveva convinto Rizzoli a venire a investire a Ischia.

Imperterrito Pinco Pallino continua affermando che un suo amico che aveva lavorato al Regina Isabella non si era visti riconosciuti interamente i contributi relativi ai suoi periodi lavorativi. Mi permetto fortemente di dubitare della cosa, sia perché, dopo aver chiesto ad alcuni ex lavoratori del Regina Isabella, non ho avuto alcuna conferma di questa frode, sia perché Angelo Rizzoli, vero mecenate, era molto al di sopra di grettezze o imbrogli di bassa lega, sia perché non ho alcuna fiducia nelle capacità di lettura e di comprensione testuale di chi è abituato a stravolgere tutto.

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Ma non è finita. Secondo Pinco Pallino, Rizzoli avrebbe cambiato la coreografia della danza di spade e pure i costumi. Altra balla colossale! Quando parla di cambio della coreografia, Pinco allude al fatto che, nella ‘Ndrezzata, la predica, che una volta veniva fatta alla fine, era stata spostata all’inizio della danza. Ma stia tranquillo Pallino, che però non legge, non studia e non sa documentarsi e perciò IGNORA: non fu Rizzoli a “consigliare” quest’operazione, ma l’avv. Giovanni Di Meglio, allora sindaco di Barano (cfr. Giacomo Deuringer, La ‘Ndrezzata, 1962. pag. 13). E, quanto ai costumi, furono disegnati dalla Malcovati con qualche leggera modifica rispetto ai precedenti e pagati dal solito Rizzoli. Va notato che i costumi, nel corso del tempo, sono sempre cambiati per forma, tipo di stoffa e colore. E non hanno alcun significato reale nell’economia della danza se non quello di distinguere le “femmine” dai “maschi”. Ma poi a me viene da ridere pensando: Guarda chi si scaglia contro i cambiamenti! Proprio chi ha tradito la nostra danza, inserendo novità che offendono la tradizione e che, se possono essere capite e giustificate (e anche apprezzate) in un contesto ludico di piccoli danzatori, non sono assolutamente tollerabili nell’esecuzione “classica” della danza.

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Credete che sia finita? Nient’affatto! Quando il nostro sparaballe parte in quarta non è facile fermarlo. Ecco l’ultima scemenza: Rizzoli avrebbe eliminata la tonnara di Lacco Ameno! Ma non l’ha letto da alcuna parte. Gliel’hanno detto addirittura! Ma si può essere più sprovveduti e incapaci? Leggi, Pinco Pallino, leggi, se ne sei capace! Giuseppe Silvestri, La tonnara di Lacco Ameno, 2003: ma questa volta non ti segnalo la pagina e, se vuoi controbattere, devi leggere tutto il libro. Apprenderai, se sei in grado, che ci furono vari fattori a determinare la fine della tonnara (1960): tra i principali, la morte dell’ultimo “raìs”o “arraise” Domenico Intartaglia, procidano ; la demotivazione del concessionario Vincenzo De Luca, che lamentava scarso pescato, canone esoso e concorrenza sleale di tonnarelle volanti e cianciole; l’introduzione di altre tecniche di pesca del tonno, ecc. Insomma fu l’improduttività della tonnara a determinarne la fine, dopo oltre duecento anni di vita.

“Prima di dare a Cesare quel ch’è di Cesare mi documento” ha scritto l’ineffabile Pinco Pallino. ”E certo” rispondo. “Abbiamo visto come”.

Studia, Pinco, studia, se ne sei capace. Ma soprattutto sii serio!!!

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