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Anteprima ‘A casa tutti bene’, naufragio familiare sotto il cielo di Ischia

Gianluca Castagna | – Un anniversario per farli incontrare, una tempesta per farli sbranare. In trappola sotto i cieli minacciosi di un’isola ammaliante che ha sempre sedotto i cineasti d’ogni latitudine e che Gabriele Muccino, per il suo ultimo film “A casa tutti bene”, ha declinato in campo di battaglia di una famiglia disfunzionale, allargata, irriducibilmente infelice. Ma anche come studio di posa, set in tenuta di perenne combattimento dove anche il cast delle grandi occasioni (quasi un omaggio alla storia del cinema italiano, dalla Sandrocchia di Fellini alla Sandrelli di Germi, dal clan Tognazzi alla diva televisiva Michelini) è stato costretto a convivere per due mesi e mezzo.
Dentro e fuori dal soffocante copione, nelle battute amare gridate tra le mura di Villa Gancia a Forio o all’aria aperta tra le malie del Castello, nei furiosi litigi di scena o nell’allegria, cameratesca e dolente, delle prime giornate d’autunno.
In balia di albe e tramonti (quasi) sempre di fuoco.

Ischia come Hollywood. Lo ha detto più o meno chiaramente il regista de “L’ultimo bacio” alla presentazione (affollatissima) per la stampa avvenuta venerdì scorso a Roma (il film uscirà nelle sale il prossimo 14 febbraio) con il cast schierato al gran completo (mancava solo la Milo e Gianfelice Imparato che fa il prete). «Ischia è stata una location meravigliosa» ha sottolineato Muccino, «ve lo può confermare il direttore della fotografia Shane Hurlbut con cui ho lavorato anche in America. Mi diceva sempre che la temperatura colore dei panorami ischitani era più calda di quella di Los Angeles. Abbiamo iniziato a girare a nemmeno due mesi dal terremoto che ha colpito l’isola, eppure tutto ha funzionato a dovere, gli ischitani sono persone eccezionali che ci hanno accolto in maniera impeccabile. Vivere negli Usa – ha continuato il filmaker – è stato faticoso, quasi un esilio, il mio, con tutte le controindicazioni del vivere lontani dal proprio Paese. Ora sono tornato a vivere in Italia, i film li girerò dove sarà possibile ambientarli: Ischia, Roma, Buenos Aires, Singapore, non fa differenza, la grammatica è la stessa».
Segnati dall’esperienza immersiva anche gli attori: «Con i colleghi – ha dichiarato Carolina Crescentini – è nata un’amicizia forte, ci sentiamo tutti i giorni, ci chiamiamo “gli ischiantati”. Non è stato facile lasciare il posto dove avevamo vissuto insieme per quasi tre mesi»

Da dove nasce “A casa tutti bene”, questa storia tempestosa dal titolo ironico e amaro? «Attraverso una famiglia sgangherata ho voluto raccontare la complessità dell’animo umano e delle relazioni, perché, quando si allarga, la famiglia diventa villaggio globale e le sue dinamiche sono le stesse. Racconto anche di porte che si chiudono e si aprono, della ricerca della felicità tra pathos, emotività e spasmo febbrile. La famiglia è il nostro luogo di partenza, di fuga e di ritorno. Una burrasca dove si ritrovano tutti i miei personaggi».
Gli ospiti del festino si riversano dunque sull’isola d’Ischia (mai nominata) e sulla grande casa che guarda l’orizzonte infinito di Forio. All’apparenza uniti, i consanguinei nascondono conflitti tra loro e soprattutto con i rispettivi partner, conflitti che diventano esplosivi quando la convivenza si prolunga inaspettatamente per una tempesta che impedisce ai traghetti di partire. La macchina da presa di Muccino segue ora l’uno ora l’altro personaggio per presentarceli nella loro fisicità e nel loro carattere, nelle altezze a cui mirano e nelle voragini in cui precipitano. E infatti un titolo così rassicurante, “A casa tutti bene”, non può che nascondere uno schiaffo, una resa dei conti, un duello (quasi) al sangue come ogni western familiare ci insegna. La rappresentazione ad alta temperatura di tanti piccoli psicodrammi consumati (e fin troppo urlati) nel buen retiro isolano dei due capostipiti, prevede la puntualissima esumazione di tutti gli scheletri che per anni erano stati accuratamente conservati nell’armadio.

Costato 7 milioni e mezzo di euro (a produrre è Marco Belardi con la Lotus e Leone Film Group insieme a Rai Cinema e 3 Marys Entertainment) “A casa tutti bene” ha segnato per Muccino la fine di ogni rimpianto per l’avventura americana (quattro film), ora felice, ora frustrante. «Voglio dimostrare che si possono fare ottimi film anche con budget più ristretti rispetto a quelli americani. Negli Usa ho fatto produzioni da 50-55 milioni di dollari, soldi con cui ovviamente è più facile ottenere grandi stelle del cinema ed effettuare alcune scelte. Anche qui in Italia, però, abbiamo attori eccezionali, come dimostrano i miei compagni di viaggio».
Sono proprio gli attori del film a raccontare ai giornalisti i loro personaggi sull’orlo di una crisi di nervi, (quasi) tutti nevrotici e incazzati, con un labirinto di scelte davanti, dove la direzione che si prende è sempre quella più sbagliata. Senza che nessuna canzone suonata al piano, o urlata a squarciagola dalla brigata familiare nei momenti di tregua, possa davvero ricomporre i cocci di tante anime ferite a morte.
Stefania Sandrelli è Alba, la capofamiglia. «È una madre attenta e amorevole, contenta quando vede tutti felici, in apprensione quando soffrono o litigano malamente. La famiglia presuppone rapporti preziosi, elevati al cubo: l’amore per un figlio, un fratello, un padre e una madre non lo provi per nessuno. Più si cresce, più ci se ne rende conto. E allora si dovrebbe essere un po’ più attenti». Quello della Sandrelli è forse uno dei pochi personaggi pacificati e “positivi” di questo affresco familiare che abbraccia tre generazioni. Il capofamiglia, marito di Alba e ristoratore di successo, è interpretato da Ivano Marescotti. «Pietro è un brav’uomo, con qualche segreto inconfessabile. Ama la famiglia ma non sopporta i casini, le urla, la mancanza di amore. Ecco perché a un certo punto vorrebbe vederli sparire tutti».

Compresi i figlioli, Carlo (Pierfrancesco Favino), Paolo (Stefano Accorsi), Sara (Sabrina Impacciatore). Tre fratelli che schivano la semplicità, sempre pronti a incasinarsi la vita e rinfacciarsi vicendevolmente qualcosa.
«Carlo – spiega Favino – cerca di tenere le cose tutte assieme con grande fatica: ha avuto due mogli, l’ultima morbosamente gelosa, e si sente in trappola. Conosco tanti Carlo, c’è una parte di me che è Carlo». Suo fratello, interpretato da Accorsi (che torna a lavorare con Muccino dopo “L’ultimo bacio” e “Baciami ancora”) è un po’ la pecora nera insieme al cugino scapestrato e inaffidabile. Scrittore on the road (arriva da un giro in bicicletta in Patagonia), figliol prodigo e figlio preferito da mammà, con una separazione difficile alle spalle e un figlio che trascura, ritrova a Ischia una lontana cugina (sposata male) da sempre innamorata di lui. «E’ il fratello che è fuggito, il traditore» dichiara Accorsi. «Resta, al di là delle dichiarazioni indirette o dei proclami ostentati, la convinzione della famiglia che colui che si è allontanato e non vagheggia il ritorno, non sia nel giusto. La sua è una scelta radicale e rischiosa, ma con fede e ostinazione continua a credere nell’amore e nel futuro malgrado, attorno, tutto stia per andare a pezzi. Ritrovare Gabriele è stato bello e semplice, nonostante fosse un set complesso».
E Sara? «Una donna che si occupa degli altri per non occuparsi di sé» rivela Sabrina Impacciatore, «considera la famiglia come un punto d’arrivo da mantenere a ogni costo, anche a quello di non ascoltare i suoi bisogni profondi. Cerca sempre una soluzione; quando viene tradita dal marito con una giovane donna a Parigi, si prende del tempo per tentare di risolvere la situazione. Per me Gabriele Muccino è uno degli incontri più importanti della mia vita, e non solo perché mi ha fatto esordire con “L’ultimo bacio”. Ha realizzato questo film in uno stato di ebbrezza creativa che ci ha contagiato tutti. Oltre a impersonare un personaggio, ho anche collaborato alla stesura dei dialoghi per rendere più femminile la sceneggiatura. Per me “A casa tutti bene” è un film viscerale e di pancia da cui non puoi proteggerti. Può piacere o non piacere, ma non ti vuole mai manipolare, è pieno di onestà e di purezza. Quando lo abbiamo visto finito, piangevamo tutti.»

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Nel gioco al massacro un ruolo non trascurabile è quello di Ginevra (Carolina Crescentini), seconda moglie di Carlo che lo accusa di trascurarla e – sentendosi una seconda scelta – ha rapporti irrisolti con la figlia di primo letto Luna (Elisa Visari), e la prima moglie di Carlo Elettra (Valeria Solarino), una donna che, dopo il divorzio, non si è mai rifatta una vita. «Il mio è forse il personaggio più borderline» confessa la Crescentini. “Ginevra è una donna che sta tentando di difendere il suo ruolo all’interno di questa famiglia, dalla quale ha bisogno di essere accettata e stimata, ma usa modi sbagliati, s’infuria e sbrana. Nelle sue esplosioni così violente, è un personaggio molto distante da me: ma io ho ragionato a lungo su cosa l’avesse fatta diventare così paranoica, gelosa e ossessiva».
Alla compagnia si aggiungono Sandra Milo, ovvero zia Maria, con i suoi due figli: Massimo Ghini, malato di Alzheimer e accudito con sentimenti ambivalenti dalla moglie Claudia Gerini, devastata dalla solitudine e da quello che sta per accadere; Gianmarco Tognazzi, fratello minore, spiantato e burino che aspetta un figlio dall’agguerrita estetista Giulia Michelini e cerca in tutti i modi di farsi assumere al ristorante di famiglia da dove fu cacciato a suo tempo per qualche casino. Un ruolo che sembra quasi un omaggio all’indimenticabile guitto Bagini interpretato da suo padre Ugo in “Io la conoscevo bene” di Antonio Pietrangeli.

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“A casa tutti bene” si conferma tour de force tipicamente mucciniano elevato all’ennesima potenza. Gli scenari ischitani (alcuni dei quali spacciati per la terraferma) più che distendere la narrazione, offrono il fianco a violente contrapposizioni di materia lavica ancora incandescente: del profluvio verbale di un dramma che non nasconde rancore, rimpianto, amarezza, il narratore non ci risparmia nulla. Corse e rincorse, urla e risate, stacchi e controcampi estenuanti, tensioni isteriche e sesso arrabbiato. Tende che svolazzano al vento impetuoso e letti che accolgono l’innocenza provvisoria dei più giovani, forse felici (a modo loro) solo perché è ancora breve il cammino nella vita. La dolcezza dell’autunno ischitano (fotografato benissimo) non ha mitigato l’ipertrofia di Muccino. A fine proiezione, giornalisti perplessi di fronte a tanto clamore e fauvismo dei sentimenti. Il verdetto finale spetta però al pubblico a partire dal prossimo San Valentino, quando “A casa tutti bene” arriverà nei cinema italiani. Nel frattempo, la brigata degli “ischiantati” è attesa nel Mausoleo della canzone di Mamma Rai. Favino presenta Sanremo e i compari lo raggiungeranno sul palco dell’Ariston a dargli manforte e promuovere il film.

 

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