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Antimo Puca, l’ufficiale stakanovista

Di Francesco Ferrandino

ISCHIA. Trentasette anni di lavoro, senza mai andare in ferie: «Non c’era chi potesse sostituirmi, e non me la sentivo di chiedere qualche giorno di riposo sapendo di lasciare l’ufficio senza personale».  Antimo Puca, 65 anni, è ufficiale giudiziario presso la sezione ischitana del Tribunale dal 1979, quando essa era ancora la locale “pretura”, e il magistrato che vi operava era Mario Parente, il giudice recentemente scomparso a cui Puca era umanamente legatissimo, come ha dimostrato  anche nella nostra chiacchierata.

Un mestiere non facile, scomodo, il suo.

«Mio nonno è stato il primo ufficiale giudiziario dell’isola d’Ischia, si chiamava Antimo, come me. Anche mio padre faceva questo mestiere: la sedia che occupo in questo momento è proprio la stessa che usava lui.  A casa nostra, in famiglia, abbiamo spesso sofferto le implicazioni del lavoro di mio padre, che all’epoca non aveva collaboratori e quindi era continuamente impegnato, persino il sabato e la domenica. Non andava mai in ferie: io e mia madre desideravamo averlo insieme a noi, per andare al mare o trascorrere una giornata spensierata, ma non era possibile. Era un’Italia diversa, quella del cosiddetto “boom economico”. La gente acquistava i primi beni di consumo, grazie alle cambiali. Mio padre girava l’intera isola in bicicletta, a volte mi portava con sé. Ricordo che un giorno misi i piedi tra i raggi della ruota, e cademmo entrambi, per fortuna senza danni. Dopo alcuni anni comprò un’automobile, cosa rarissima a quei tempi, ma lo fece per far fronte alle esigenze di lavoro, non certo perché amasse spostarsi in auto… Era un vero stakanovista. Da lui ho ereditato la completa dedizione al lavoro».

Quindi Lei è ha intrapreso questa carriera per “vocazione” familiare?

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«No, affatto. Da giovane non avevo mai pensato di fare lo stesso lavoro di mio padre. Mi laureai in giurisprudenza e cominciai a lavorare a Napoli presso lo studio dell’avvocato Mario Tuccillo (padre di Luigi, noto penalista, ndr), e avevo anche fondate prospettive per una carriera nell’ambito universitario. Nel frattempo però mio padre mi spinse a inoltrare la domanda per  partecipare al concorso per ufficiale giudiziario, che andai a sostenere senza però sperare in un esito positivo, anche perché eravamo decine di migliaia di candidati. Fra l’altro ero sempre indaffarato al Tribunale di Napoli, dove mi piaceva svolgere l’attività forense per lo studio presso cui collaboravo, quindi sostenni le prove scritte del concorso, ma poi non ci pensai più. L’arrivo della notizia che avevo superato tali prove con esito favorevole fu un evento totalmente inaspettato. Ero laureato da poco, fresco di studi, quindi superai brillantemente anche l’esame orale. Ma fu proprio in quel momento che feci un errore strategico…».

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