Ascom news n. 48
Le indagini fiscali sbarcano anche su Facebook: l’utente del social network più diffuso al mondo dovrà guardarsi le spalle dall’Agenzia delle Entrate anche quando scrive un post o pubblica una foto sul proprio profilo. Un’immagine di troppo che lo vede ritratto durante una vacanza in un’isola tropicale o mentre è alla guida della decapottabile formalmente intestata alla madre, potrebbero costargli caro.
La nuova circolare emessa ieri dall’Agenzia delle Entrate (e di cui abbiamo parlato in “Evasione fiscale: nuova strategia dell’Agenzia delle Entrate”) cambia notevolmente l’approccio del fisco nelle indagini [1]. Non più solo controlli mirati alle banche dati tradizionali della pubblica amministrazione (anagrafe tributaria e dei conti correnti su tutti), ma a qualsiasi informazione comunque reperibile.
È lo stesso direttore dell’Agenzia ad ammetterlo, sulle pagine di ItaliaOggi: «Alle notizie ritraibili dalle banche dati si aggiungono quelle che pervengono da altre fonti, ivi incluse fonti aperte, per cui lo scenario informativo è ampio e variegato». In altre parole, occhi del fisco per la prima volta ufficialmente puntati su Facebook, Twitter, Instagram e tutti i canali di reperimento di informazioni come siti e giornali. «Se, con ogni probabilità, nella pratica gli 007 fiscali sono attenti anche a questi dettagli, con queste righe ora non hanno più scuse e i social diventano una fonte primaria di analisi per il contrasto all’evasione».
Ed allora, se gli occhi del funzionario di turno si soffermeranno su una foto postata qualche settimana prima da un resort di lusso, bisognerà anche chiarire con quali soldi è stata acquistata la vacanza, specie se non vi è tracciabilità della movimentazione bancaria. Del resto, si sa che auto e viaggi sono sempre stati uno dei campanellini d’allarme (insieme all’acquisto di immobili) di eventuali evasioni fiscali.
In ogni caso, al contribuente verrà sempre data la possibilità di fornire spiegazioni in anticipo. La circolare, infatti, valorizza ancor di più l’importanza del cosiddetto contraddittorio preventivo: il soggetto “attenzionato” dal fisco dovrà essere chiamato presso l’ufficio per dare giustificazione delle spese sostenute, prima di divenire oggetto del provvedimento di accertamento fiscale. Anche perché – si legge ancora nel documento pubblicato dall’Agenzia – il ricorso alle presunzioni favorevoli al fisco dovrà essere utilizzato con le dovute accortezze.
L’Agenzia precisa che occorre garantire l’effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento. Il contraddittorio assume “nodale e strategica centralità per la compliance e, come tale, dovrà essere considerato un momento significativamente importante del procedimento e non un mero adempimento formale”. Il confronto preventivo con il contribuente, infatti, da un lato rende la pretesa tributaria più credibile e sostenibile, dall’altro scongiura l’effettuazione di recuperi non adeguatamente supportati e motivati. Tali prescrizioni sono state previste non solo per gli accertamenti delle imposte dirette, ma anche per le rettifiche ai fini del registro ed altre imposte indirette.
Accertamenti bancari
Dall’altro lato, la circolare sembra ridurre l’ambito di operatività delle indagini finanziarie sui conti correnti, che potranno essere avviate solo dopo un’attenta analisi del “rischio evasione”. In buona sostanza, si potrà accedere al deposito bancario solo se siano già emerse “significative anomalie” sulla dichiarazione dei redditi e quando è già in corso un’attività istruttoria d’ufficio. Questo significa che il controllo dei conti correnti non potrà essere effettuato con funzioni esplorative.
Viene così suggerito agli uffici di evitare “assolutamente” ricostruzioni induttive, soprattutto se di ammontare particolarmente rilevante, effettuate senza valutare in modo attento e preciso la coerenza del risultato ottenuto con il profilo del contribuente e con l’attività dallo stesso svolta.