CRONACA

Asilo conteso, il Tar “benedice” il ricorso della Diocesi

I giudici della V Sezione accolgono il ricorso presentato dal vescovo Pietro Lagnese e dal sacerdote don Luigi Ballirano: il plesso della Sentinella, oggetto di un lungo contenzioso, resta così nella disponibilità della Curia. Per i giudici non c’erano i presupposti per la requisizione

Arriva la sentenza da parte del Tar Campania di un braccio di ferro che ha fatto a lungo discutere riportando alla memoria anche le battaglie tra don Camillo e Peppone raccontate in celebri film di successo. La Quinta Sezione – nell’ambito di quello che era il contenzioso in atto tra Comune di Casamicciola e Diocesi di Ischia relativamente all’asilo conteso della Sentinella, ha condannato l’ente del Capricho, dichiarandolo soccombente, al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di lite liquidate in mille euro. A proporre ricorso, come si ricorderà, erano stati il vescovo Pietro Lagnese e don Gino Ballirano (entrambi difesi dall’avvocato Bruno Molinaro) con l’intervento ad adiuvandum dell’associazione “I.sole d’amore onlus” (i cui legali rappresentanti erano assistiti dall’avvocato Miriam Petrone) contro il Comune di Casamicciola nella persona del sindaco pro tempore. L’obiettivo dei ricorrenti era quello di ottenere l’annullamento dell’ormai nota ordinanza di requisizione firmata il 28 novembre 2017, con il Comune che dopo il terremoto intendeva ottenere l’immobile per poterlo adibire a plesso scolastico vista la carenza di strutture a seguito del sisma.

Articolate sono le motivazioni con cui i giudici amministrativi sostengono la tesi della parte ricorrente. In particolare si legge che le risultanze processuali “consentono di affermare la fondatezza del gravame, assumendo portata decisiva ed assorbente il secondo mezzo di impugnazione con cui è stato censurato il gravato provvedimento sotto il profilo sia del difetto dei presupposti di legge, sia dell’eccesso di potere, in ragione della lacunosità della esposta motivazione e dell’espletata istruttoria. In particolare, nella fattispecie non è dato rinvenire la sussistenza dei requisiti necessari per giustificare l’emanazione da parte del Sindaco del provvedimento di requisizione dell’indicato bene immobile con violazione del diritto di proprietà. Il ricorso al provvedimento straordinario della requisizione, previsto dalla L. n. 2248/1865, può essere adottato dal Sindaco per fronteggiare delle situazioni di urgente e grave necessità pubblica, a condizione che le caratteristiche di queste ultime rendano impossibile il tempestivo intervento dell’autorità Prefettizia”. Insomma, secondo il Tar non esistevano i presupposti perché il primo cittadino si sostituisse all’ufficio territoriale di governo. Un concetto che viene successivamente ribadito in un ulteriore passaggio: “Orbene, nella fattispecie in esame – si legge nella sentenza – il Sindaco ha dovuto affrontare il problema derivante dalla necessità di reperire immobili da adibire ad edifici scolastici a causa della condizione di inagibilità in cui versavano quelli preesistenti determinata dall’evento sismico che aveva attinto il territorio comunale nell’agosto dell’anno 2017. Tuttavia, il provvedimento in questione è stato adottato non solo allorquando era decorso un notevole lasso di tempo dal verificarsi dell’evento sismico, precisamente dopo tre mesi dal sisma e dopo due mesi dall’inizio dell’anno scolastico, ovverosia in presenza di un’oramai stabilizzata condizione di penuria e deficienze strutturali degli edifici scolastici, ma anche senza aver previamente verificato, mediante i necessari accertamenti, l’idoneità dell’immobile requisito ad essere adibito ad edificio scolastico”.

E non è tutto perché i giudici del Tar spiegano anche che “lo straripamento dai rigorosi limiti fissati dalla norma – che prevedono e disciplinano il potere di requisizione – emerge con evidenza ove si consideri che la civica amministrazione, con la motivazione corredante l’impugnato provvedimento, non ha affatto chiarito che, nonostante l’avvenuta stabilizzazione della delineatasi situazione emergenziale, ricorresse l’impossibilità di impiegare gli ordinari strumenti esistenti per affrontare l’insorta problematica, e quindi che l’adottata ordinanza rappresentasse l’unica soluzione possibile al momento della sua emissione. Di conseguenza, l’atto impugnato si pone in palese contrasto con i principi elaborati in materia dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui i provvedimenti di requisizione di beni privati per grave necessità pubblica possono essere adottati dal Sindaco soltanto allorquando siano presenti eccezionali motivi di assoluta necessità e urgenza tali da non consentire l’intervento del Prefetto”. Che evidentemente secondo i giudici nel caso di specie proprio non si configuravano.

C’è poi anche un altro aspetto: “Quanto, infine, al rilevato difetto di istruttoria – riporta la sentenza – appare sul punto dirimente l’esito della condotta verificazione (vedi relazione depositata in data 30.6.2020), avendo il nominato esperto accertato che il manufatto, nonostante apparisse in buono stato di conservazione, ‘con riferimento al corpo delle aule, nella parte posteriore, mostrava segni e fessurazioni riconducibili al sisma 2017, concentrati prevalentemente sui punti di congiunzione tra le murature e la struttura intelaiata. Tale aspetto imponeva la necessità di qualificare la natura degli interventi di bonifica con riferimento alle murature (intonaci armati, reti, rinforzi, ecc.) con attenzione ai solai e alle fondazioni e qualora necessario alla struttura intelaiata’. A causa del rilevato quadro fessurativo, l’individuazione dei lavori necessari per scongiurare o attenuare il rischio sismico avrebbe dovuto indurre la civica amministrazione, prima di disporre la requisizione, ad espletare adeguate indagini nonché una corretta valutazione della sicurezza che rappresentasse lo stato dell’edificio, essendo le medesime indispensabili per destinare l’immobile all’indicato uso. È ben noto che l’adozione di un’ordinanza di requisizione presuppone una congrua motivazione ed una esaustiva istruttoria, tale da suffragare sia l’effettiva sussistenza della situazione non tipizzata dalla legge di pericolo effettivo, sia l’idoneità delle misure indicate nel provvedimento a porvi rimedio, in guisa tale che sia giustificata la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente. Per contro, nell’odierna fattispecie l’ordinanza è stata emanata per fronteggiare una situazione oramai acclarata e nota all’Amministrazione, senza alcuna prova né della necessità assoluta di porre in essere un intervento non rinviabile, né dell’idoneità dell’immobile requisito a contribuire a fronteggiare la rilevata carenza di edifici scolastici dichiarati agibili successivamente all’evento sismico”.

Quanto basta, dunque, per tirare le somme: “In definitiva, la fondatezza dell’assorbente motivo esaminato, ai fini della soccombenza virtuale, induce a porre le spese di giudizio, compresi gli oneri dell’espletata verificazione liquidati come in dispositivo, tenuto conto della natura e del contenuto della prestazione commessa al nominato ausiliario del giudice, a carico del resistente Comune. Può, viceversa, disporsi l’integrale compensazione con riguardo alle restanti parti del giudizio, in considerazione rispettivamente della definizione in rito del giudizio con riguardo all’amministrazione statale e della mera attività adesiva alla impostazione censoria dei ricorrenti compiuta dall’associazione interveniente”. Il Comune di Casamicciola, che era rappresentato dall’avvocato Ferdinando Scotto, dovrà decidere adesso se ricorrere al Consiglio di Stato per provare a far valere le proprie ragioni.

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