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Assunzioni e liquidazioni, la Galano esce “immacolata”

Pubblicate dal gup Linda D’Ancona le motivazioni della sentenza di non luogo a procedere nei confronti della dirigente del Comune di Lacco Ameno, assolta con la formula più ampia dai capi di imputazione: premiata in toto la linea difensiva degli avvocati Bruno Molinaro e Giovan Battista Vignola

Accuse cadute nel vuoto e linea difensiva premiata nella sua totalità. E’ quanto si evince dalle motivazioni della sentenza che il gup Linda D’Ancona ha pronunciato nei confronti di Lucrezia Galano, Sergio Trani, Giovanni Castagna e Francesco Ciampi. La Galano, che era difesa dagli avvocati Bruno Molinaro e Giovan Battista Vignola, esce di fatto “immacolata” dal procedimento penale per ognuno dei capi che gli veniva contestati. In primis, alla dirigente del Comune di Lacco Ameno veniva contestato l’abuso d’ufficio perché “quale responsabile del settore Affari Generali del Comune di Lacco Ameno, nello svolgimento delle sue funzioni in violazione di specifiche condotte espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalla quale non residuino margini discrezionalità, intenzionalmente procurava un ingiusto vantaggio patrimoniale a terzi”. Nello specifico, nel mirino della pubblica accusa c’erano due determine con le quali Lucrezia Galano disponeva la trasformazione del contratto di lavoro da part time a full time per Domenico Barbieri e Maria Gloria. Ebbene, su questo specifico punto il gup è stato categorico nel ritenere che “superando le questioni relative alla valenza obbligatoria delle disposizioni dei contratti collettivi nazionali in materia di pubblico impiego privatizzato, si osserva che i contratti collettivi, disciplinanti il rapporto di lavoro nel pubblico impiego privatizzato, non sono fonti normative ma di tipo negoziale, ragion per cui manca nel caso di specie la norma imperativa che sarebbe stata violata”.

Nel mirino della pubblica accusa c’erano due determine con le quali Lucrezia Galano disponeva la trasformazione del contratto di lavoro da part time a full time per Domenico Barbieri e Maria Gloria ma anche la liquidazione di alcune spese per contenziosi svolti dinanzi alla Corte dei Conti

La dirigente era poi accusata anche di peculato per aver liquidato una serie di spese legali agli avvocati Sergio Trani, Antonio Trani e Giuseppe Di Meglio per una serie di giudizi svoltisi dinanzi alla Corte dei Conti. Anche stavolta, però, l’assoluzione arriva senza dubbio alcuno al punto che la dott.ssa Linda D’Ancona scrive testualmente nella sua sentenza: “Prendendo ora in esame le imputazioni sub B) e C) si osserva che l’imputazione è errata nella sua formulazione: ma anche nell’ipotesi in cui il pubblico ministero avesse modificato l’imputazione non si potrebbe giungere a diversa conclusione. Il reato di cui all’art. 314 cp punisce il pubblico ufficiale che, avendo per ragione del suo ufficioc il possesso di denaro o altra cosa mobile, se ne appropria.

Nel caso di specie, la Galano non si è appropriata del denaro, ma lo ha liquidato in favore di Sergio Trani (capo B) e Giuseppe Castagna (capo C). Non ricorre quindi l’ipotesi di peculato; inoltre è stata abrogata la fattispecie di peculato per distrazione, che ricorreva quando le risorse pubbliche venivano destinate dal pubblico ufficiale a finalità diverse da quelle specificatamente previste. Peraltro, la documentazione giustificativa della liquidazione è stata prodotta in giudizio e non vi è alcuna ragione per ritenere che sia falsa. Né può ipotizzarsi che la condotta della Galano sia illecita sotto altro profilo”. Non solo, relativamente alle somme che un legale avrebbe chiesto di liquidare a se stesso il gup rimarca che le normative prevedono che “l’avvocato possa esercitare l’incarico professionale anche in proprio favore e nel caso in esame non difende soltanto se stesso ma indirettamente anche l’amministrazione per la quale ha svolto l’attività che è sub iudice (nel caso di specie le attività degli amministratori locali erano oggetto di procedimento contabile. Non risulta che ciò sia vietato, e comunque sarebbe stato necessario indicare quali norme cogenti vietavano di liquidare le somme indicate nelle imputazioni. Ma non è tutto, la D’Ancora sottolinea anche che “è il presupposto di base a non essere dimostrato né dimostrabile: si assume che Trani Sergio e Castagna Giuseppe non abbiano ricevuto gli importi di cui ai capi B) e C) senza alcuna documentazione a supporto mentre sono state prodotte le memorie inviate alla Procura presso la Corte dei Conti: inoltre, non si comprende come l’eventuale mancanza di protocollo e data possa sostanziare una violazione di legge tale da poter configurare in via residuale il reato di abuso d’ufficio, posto che non è configurabile il peculato e il peculato per distrazione è abrogato. Deve quindi dichiararsi non luogo a procedere perché i fatti di cui ai capi B) e C) non sussistono”.

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