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Atti sessuali su minore, Coda finisce a Poggioreale

Diventa definitiva la condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione per il 40enne ischitano che fu raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare a seguito di un’indagine condotta dai carabinieri di Ischia: i fatti contestati avvennero tra le fine del 2019 e l’inizio del 2020

Una vicenda processuale su cui era calato definitivamente il sipario con una condanna divenuta definitiva e – di conseguenza – le porte del carcere che si aprono per un ischitano che sconterà a Poggioreale la pena che gli è stata inflitta dalla giustizia italiana per reati di una certa gravità quali prostituzione minorile ed atti sessuali con minorenne. I carabinieri della Compagnia di Ischia, guidati dal capitano Tiziano Laganà, hanno infatti emesso un ordine di carcerazione ai danni del 40enne ischitano Simone Coda, che è stato condannato alla pena definitiva di quattro anni e sei mesi di reclusione oltre che alle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni ed all’interdizione perpetua dall’esercizio di tutela e curatela e da incarichi, uffici e servizi presso scuole ed istituti di formazione pubblici e privati, oltre al pagamento di 11.000 euro di multa. I militari lo hanno condotto in caserma per gli adempimenti di rito prima di trasferirlo presso la casa circondariale partenopea. Le indagini che portarono all’arresto che di fatto ha poi dato il via all’iter giudiziario conclusosi con la condanna passata in giudicato vennero condotte dal Nucleo Operativo dei carabinieri di Ischia che avevano ricostruito in maniera dettagliata ed accurata una serie di episodi accaduti in danno di un minore di 14 anni nell’arco temporale compreso tra la fine dell’anno 2019 e l’inizio del 2020.

Gli investigatori accertarono che il Coda avrebbe indotto a compiere atti sessuali un minore di anni 14, fatti che avvennero nella pineta degli Atleti di Ischia. La denuncia fu sporta dalla madre della vittima che aveva visionato il suo smartphone. In primo grado era stato assolto invece un secondo soggetto

Nella medesima attività investigativa era rimasto inizialmente coinvolto anche un secondo soggetto, ossia il 54enne Giacomo Busiello, inizialmente parimenti raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari ma che in sede processuale era di fatto si era “chiamato fuori”. In primo grado, infatti, la sentenza aveva avuto risultati ben diversi per i due imputati: Simone Coda era stato condannato a quattro anni e sei mesi – pena confermata anche nei successivi gradi di giudizio – mentre Busiello era stato assolto da ogni accusa. La vicenda che originò il processo venne alla luce nei primi mesi del 2020, quando i due vennero accusati di concorso nei reati di prostituzione minorile e atti sessuali con minorenne, commessi nei confronti di un minore di 14 anni originario di Ischia. Secondo le indagini i due avrebbero indotto il minore a prostituirsi e a compiere atti sessuali in cambio di piccole somme di denaro. I fatti in questione risalgono alla parte finale del 2019 e culminarono nell’emissione di due provvedimenti restrittivi dopo un’attività d’indagine abbastanza celere, condotta dal Nucleo operativo e radiomobile della compagnia Carabinieri di Ischia e coordinata dalla IV sezione fasce deboli della Procura della Repubblica di Napoli, che permise di ricostruire l’intera vicenda. Le indagini si avvalsero di intercettazioni telefoniche e ambientali, perquisizioni, sequestri e consulenze tecniche.

Gli incontri avvennero nella Pineta degli Atleti a Ischia, dove secondo l’accusa i due si sarebbero appartati col minorenne, al quale venivano elargite piccole somme di denaro. L’attività investigativa scattò in seguito alla denuncia della madre della vittima, proprio a dicembre. La donna aveva intuito che c’era qualcosa che non andava nei comportamenti del figlio: le anomalie l’avevano poi spinta a controllare il contenuto dello smartphone del ragazzo. Alcuni messaggi confermarono i timori della madre. Durante le indagini si giunse anche ad eseguire alcune perquisizioni a carico dei due indagati, operazioni che portarono al sequestro dei loro cellulari. Tali sequestri, con l’ausilio di consulenze tecniche, fornirono ai militari ulteriori elementi di prova. In particolare, nello smartphone di Coda, fu rinvenuto un ingente quantitativo di materiale pedopornografico, quantificare in circa trenta video e ben seicento immagini, alcune delle quali inviate dalla stessa vittima. Entrambi furono rinviati a giudizio per il “reato di cui all’art.110, 600 bis comma 1 n.1 del codice penale perché in concorso tra loro, inducevano il minore a prostituirsi, e nello specifico a compiere con loro atti sessuali dietro un compenso che variava dai 10 ai 30 euro”, e “del reato di cui all’art.110, 609 quater, c.1 n.1 perché, in concorso tra loro, compivano atti sessuali col minore allorquando questi non aveva ancora compiuto quattordici anni”. Inoltre, il solo Coda era accusato “del reato di cui all’art. 600 ter, c.1 n.1, del codice penale perché utilizzando il minore di anni diciotto, e nello specifico inducendo quest’ultimo a fotografare i propri organi genitali ed a inviarli tramite messaggi, realizzava esibizioni pornografiche”, e del reato di cui all’art. 600 quater c.2, del codice penale perché consapevolmente si procurava e deteneva una ingente quantità di materiale pedopornografico, e nello specifico n.33 video e n.600 immagini riproducenti atti sessuali compiuti da minori”.

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