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Le ore di paura vissute dagli ischitani a Bruxelles

di Isabella Puca

ISCHIA – «Siamo tutti vivi, noi stiamo bene». É stata questa la dichiarazione rilasciata a caldo da Annalisa Pilato restauratrice per l’Istituto Europeo del restauro del professor Teodoro Auricchio che, da anni, ha sede sul Castello Aragonese. L’isola d’Ischia, ieri mattina, ha vissuto attimi di tensione nel sapere che molti tra gli ischitani si trovavano nel cuore dell’Europa, in quella città colpita da un nuovo attentato. Nel mirino, prima l’aeroporto, poi la metropolitana: decine i morti, oltre 200 i feriti. Due le esplosioni allo scalo aeroporto di Zaventem, alle 8 del mattino, che hanno ucciso almeno 14 persone. Ad agire sarebbe stato almeno un kamikaze. Un’ora dopo un’altra bomba è esplosa in centro, alla fermata del metrò Maelbeek, vicino alle istituzioni europee: qui i morti sono almeno 20. Qualcuno era lì di passaggio, qualche altro ha scelto Bruxelles come propria città e attualmente ci vive e lavora lontano dai propri affetti ischitani. Un attimo dopo che i media hanno diffuso la notizia si è subito scatenato il tam tam per cercare di sapere lo stato di salute degli ischitani. “Christian ha confermato  di stare bene durante le esplosioni di Bruxelles”, è così che apprendiamo, grazie a Facebook, che uno dei nostri amici ischitani, per fortuna, è lontano da quell’inferno. Qualche altro riusciamo a rintracciarlo, come il nipote dello scultore Giovanni De Angelis che lì a Bruxelles gestisce una galleria d’arte. Per fortuna, anche lui, è lontano dai luoghi dell’attentato. É stata una fortunata coincidenza a coinvolgere, invece, l’equipe del professor Teodoro Auricchio, che ogni mattina, per recarsi al museo, usufruisce proprio di quella linea della metropolitana, la stessa che è stata scenario di un secondo attentato. «Dovevamo portare delle attrezzature al museo, ma il professor Auricchio ha insistito per prendere la macchina. Mentre eravamo nel traffico abbiamo sentito più sirene del solito  e poi, una volta arrivati, ci hanno comunicato i primi fatti. Ora siamo chiusi dentro al museo che però è stato chiuso al pubblico per sicurezza». É questo quanto ci ha dichiarato questa mattina  Eleonora, un’altra restauratrice dell’Istituto Europeo del Restauro; sono in otto a far parte della squadra che, da Ischia, è partita alla volta di Bruxelles, per il restauro dei sarcofagi, lo scorso ottobre lì al Musées Royaux d’Art et d’Histoire di Bruxelles. Dopo che la sala partenze internazionali dello scalo Zavatem è stata completamente devastata da un kamikaze, altri ordigni sono stati fatti scoppiare tra le stazioni di Scuhman e Maelbeek. Erano le 9:15 di ieri mattina. «Le due fermate di metropolitana dove è avvenuto lo scoppio – ci dice ancora Eleonora – sono abbastanza vicine dal museo, le prendiamo al mattino per andare a lavoro. Siamo in attesa di capire dalla direzione il da farsi». Nel frattempo, siamo riusciti a contattare anche un’altra giovane ischitana che da due anni lavora a Bruxelles in un’agenzia situata proprio nella zona del Parlamento Europeo, a pochi passi dal luogo del secondo attentato. «Stamattina stavo per uscire di casa per recarmi a lavoro, ma all’improvviso ho ricevuto una serie di messaggi da parte di amici, che mi chiedevano se stessi bene. Ho subito pensato ad un attentato. Ho controllato il sito di “Le Soir”, un giornale belga, e ho appreso la brutta notizia. L’aeroporto è distante, ma la stazione di Maelbeek no. All’ora dello scoppio io non ero in ufficio, dopo quei messaggi non sono più uscita di casa».  Mentre parliamo, in città il livello di allerta è altissimo; la circolazione di metro, bus e tram è stata interrotta; i bambini sono bloccati nelle loro scuole così come quelli che lavorano in Commissione e al Parlamento. «Ho ricevuto una mail da parte del mio capo in cui invitava me e i miei colleghi a restare a casa.  La  settimana scorsa hanno arrestato Salah Abdeslam (uno degli attentatori di Parigi n.d.r.) mi aspettavo qualche vendetta. Se ho paura? Sì, ma onestamente provo più rabbia che paura. Perché? Perché siamo paralizzati, perché come al solito muoiono tanti innocenti, perché è assurdo uccidere in nome di Dio.  Quando ci fu l’allarme a novembre io uscii di casa già il secondo giorno. Ora, non so dove andremo a finire».

 

 

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