CRONACA

Nuovi autovelox, è polemica infinita

Non si placano le discussioni sulle misure adottate per la sicurezza stradale, e il Comitato “La strada del buonsenso” interviene nuovamente in risposta alle critiche

Continuano a far discutere le misure adottate contro gli eccessi di velocità sulle strade isolane. Spunti polemici ormai quotidiani non mancano, relativamente all’installazione di alcuni autovelox tra Lacco Ameno e Ischia, che secondo alcune opinioni non bastano a fronteggiare la sostanza del problema e anzi servirebbero soltanto alle amministrazioni a rifuggire dalle reali responsabilità. E anche stavolta il Comitato “La strada del buonsenso” ha diramato una nota in risposta a tali argomentazioni: «È vero, le problematiche descritte esistono ed è altrettanto vero che sono in pochi a volersi prendere le responsabilità o ad avere il coraggio di intervenire. È la pura realtà. Sotto gli occhi di tutti. Ciò che è stato evidenziato è la situazione attuale in cui versano le nostre strade. Se è vero quanto sopra, è però altrettanto vero che a una larga parte dei Cittadini isolani non piacciono le regole. O meglio, piacciono esclusivamente se a rispettarle debbono essere gli altri.

«Lamentarsi adesso appare solo uno sterile chiacchierare frutto di chi elogia e vive l’impunità non volendo incorrere in sanzioni quando non rispetta le regole. In altre parole è la testimonianza che prima di adesso i limiti di velocità già esistenti non si sono mai rispettati»

Il tanto agognato “cambiamento culturale”, di cui sempre più spesso parliamo e ci riempiamo la bocca, lo chiediamo agli altri, alle autorità, alle istituzioni che “debbono” essere onnipresenti e reprimere, ma noi la nostra piccola parte non siamo disposti a farla. Non saranno gli autovelox, come già innumerevoli volte abbiamo ripetuto, a risolvere tutti i problemi sulle nostre strade. Questo lo sappiamo.

Ma sicuramente bisogna concordare sul fatto che se installati è perché quelle strade rientrano tristemente tra le più elevate statistiche mortali. Ribadiamo poi ancora una volta che i limiti sono sempre esistiti. Perciò questo lamentarsi adesso appare solo uno sterile chiacchierare frutto di chi elogia e vive l’impunità non volendo incorrere in sanzioni quando non rispetta le regole. In altre parole è la testimonianza che prima di adesso i limiti di velocità già esistenti non si sono mai rispettati. La psicosi del guardare sempre il contachilometri per non rischiare di sforare, è la testimonianza del fatto che culturalmente non ci siamo mai preoccupati prima a quanto andavano.

«Siamo disposti ad accettare le regole finché queste stesse regole non toccano noi. Quando capiremo che ognuno di noi deve fare la propria parte e allora forse potremmo incominciare ad avere una visione più ampia in merito ad aspetti che si identificano nella civiltà, rispetto, educazione ed esempio verso chi verrà dopo di noi»

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Abbiamo più volte percorso questi tratti di strada. Nel complesso quei limiti ci appaiono nel complesso congrui se confrontati con la conformazione delle strade interessate e le intersezioni ivi esistenti. Ma la nostra opinione naturalmente non conta nulla se a riguardo gli ingegneri della sicurezza stradale hanno stabilito quei limiti ed hanno preso le relative decisioni. Se poi la fretta, l’ansia ed il perenne ritardo che ci accompagnano quotidianamente, continuano a gestire i ritmi delle nostre vite, beh, allora i limiti giusti non ci saranno a nessuna velocità. Diamoci un po’ di tempo e come a tutte le cose ci abitueremo. Ischia centro è zona 30. Lo sappiamo vero? Chi li rispetta questi limiti? Chi se ne lamenta? Nessuno. Riserviamo le reazioni e le proteste a quando arriverà qualche sanzione o a quando verrà installato un autovelox. La metropoli di Parigi centro da più di due anni è zona 30. Non ci risulta che ci siano state sommosse popolari o comitati di insorti. Il nostro umile pensiero è sempre lo stesso. Siamo disposti ad accettare le regole finché queste stesse regole non toccano noi. Siamo disposti al cambiamento, ma ciò non deve intaccare la nostra libertà personale. Quando capiremo che ognuno di noi deve fare la propria parte e allora forse potremmo incominciare ad avere una visione più ampia in merito ad aspetti che si identificano nella civiltà, rispetto, educazione ed esempio verso chi verrà dopo di noi. P.S.: È proprio vero che chi non vive un dolore sulla propria pelle (e possiamo assicurare che sull’isola si trovano in questa condizione migliaia di persone viventi) a fatica capirà ciò che si prova realmente. E non a chiacchiere».

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