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Barano e la mission del turismo alternativo

BARANO. Recentemente abbiamo pubblicato il punto di vista di Corrado Visone, nome conosciuto nel mondo artistico teatrale isolano, direttore artistico del premio Aenaria sul Comune di Barano, e sulla sua politica. Visone ha infatti  azzardato questo paragone tra il Molise e il territorio baranese, affidando alla propria pagina di facebook una lunga riflessione sul Comune “montano”. “Barano- ha scritto Visone- non esiste. Questo piccolo Molise dell’isola di Ischia, questo paese senza piazza. Oltre i Pilastri c’è una terra di mezzo, una periferia abitata, un dormitorio nascosto dalla nebbia. Unico Comune dell’isola ad aggiungere al proprio nome l’appellativo“d’Ischia!, per sentirsi parte, per acquistare definizione. Barano d’Ischia, come a dire la razza, a chi si appartiene. Paese indistinto, ché si preferisce provenire da Testaccio, da Buonopane, da Fiaiano. Agglomerati sparsi, delimitati da vigne e parracine. Chiese e nuvole, panchine umide. Nessuno si ferma a Barano. Non c’è un corso, non ci sono negozi, non c’è un vero motivo: la vita si distende altrove. I turisti sbagliano accento, e se ci vanno, è solo per caso. Non ci sono parchi giochi, neanche un’altalena, campetti di calcio lasciati a marcire. Paese che si consegna a un’eterna senescenza. Ci vorrebbe che piovesse l’acqua di Nitrodi, che fa bene ai reni, alla pelle, alla gastrite. Magari piovesse acqua di Nitrodi, e bagnasse la piazza di Piedimonte, restituisse vita al cemento di Piazza San Rocco, o riparasse le buche per strada. Basterebbe unire quegli eroi che da Barano non sono fuggiti e continuano caparbiamente a fare cultura, imprenditoria, a proporre idee e soluzioni. Barano è terra fertile, è terra utile. Che a volte non è necessario mirare al centro, ma a lato, alla periferia. Superare il confine, attraversarlo senza fermarsi, lasciarsi avvolgere dal rumore di fondo, dall’armonia di Barano. Un ritmo dettato dai piedi nudi e dal battito di bastoni, danza primitiva e ancestrale. Prendere il sole che prende la montagna sulla lunghissima spiaggia meridionale. Guardare i cavalli correre a Fiaiano e salire fino a Buceto. La natura, le foglie, le spine, i ruscelli abitano qui. Non c’è speranza per l’isola se non si salva Barano, se non assume un’identità precisa, se non apre una biblioteca, se non se ne va a dormire, distratta e ubriaca dal suo vino inebriante, che è acqua e sangue di questa terra. Barano non esiste, eppure è ancora viva”.

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